I (nostri) migliori anni del videogioco: 1981, gorilla e insettoidi volanti
Otto anni. Nel 1981 avevo otto anni, la stessa età di mio figlio nel momento in cui scrivo ora. Per una curiosa coincidenza, proprio qualche giorno fa lo guardavo giocare a Galaga su NES Mini. Il gioco Namco, nella sua incarnazione coin-op, guarda caso, è proprio del 1981 e in un momento di corto circuito generazionale e temporale mi sono ritrovato con la memoria in piedi su un panchetto nel bar vicino al negozio di mio padre, l'unico posto a cui avevo accesso dove c'erano dei videogiochi, intento a combattere gli insettoni alieni schivando colpi e iniziando a capire il motivo per cui era necessario ricordarsi gli schemi di movimento delle navicelle nemiche per poter sopravvivere il più a lungo possibile.
Credo che il jinlge iniziale di Galaga, quello che si sente quando inizia la partita, sia uno di quei comandi sonori subliminali che mi fanno viaggiare nel tempo meglio di una DeLorean, flusso catalizzatore incluso.
Parlando dei primi anni Ottanta, relativamente ai videogiochi, è ovvio che si sprechino alcuni aggettivi come “capolavoro” o “seminale”, d'altronde erano gli anni in cui il videogioco usciva dalle università, dove i veri nerd usavano i peggio macchinari per inventarsi un metodo di interazione inusuale, e arrivava alla massa, al mondo, diventando fenomeno popolare.
Il 1981 è stato un anno sicuramente pieno zeppo di titoli che ancora oggi sono ben piantati nella testa dei videogiocatori “anziani” come il sottoscritto e grazie ad iniziative come NES Mini, o in generale al retrogaming, fanno anche parte della vita delle nuove generazioni, che vanno a vedere film come Pixels e si divertono a vedere Donkey Kong pur se di fianco c’è Adam Sandler.
Ma veniamo al dunque, di che titoli stiamo parlando? Due li ho già citati poco sopra, Galaga e Donkey Kong. Il primo, per me, è il responsabile del mio amore per gli sparatutto verticali. Certo, Space Invaders e Galaxians l’hanno preceduto, ma Galaga era il mio gioco preferito nella sala giochi al mare, con la possibilità di “liberare” la navicella catturata e usare così il doppio sparo, i livelli bonus per alzare il punteggio seguendo i pattern di arrivo dei nemici e una grafica così scintillante che rendeva il gioco di cue era seguito, per l'appunto Galaxians, obsoleto ad un solo anno di distanza.
Altro giocone ancora oggi super famoso (la cui fama faccio fatica ad immaginare possa calare nel prossimo futuro) è appunto Donkey Kong, primo titolo Nintendo a conquistare il mondo, primo titolo in cui è presente Mario, qui noto come Jumpman, primo titolo famoso ad avere rogne di copyright per l’evidente somiglianza con King Kong, situazione che negli anni è stata poi risolta con la vittoria di Nintendo. La storia di Donkey Kong, della sua genesi, del fatto che doveva essere un gioco su Popeye e poi è arrivata l’idea di un gorilla gigante e un tizio che salta e va a salvare la sua bella, è veramente avvincente e consiglio di dare un occhio al libro La storia di Mario. 1981-1991: l'ascesa di una icona, tra mito e realtà che racconta la nascita di Donkey Kong e tutti i problemi che Nintendo e un giovanissimo Miyamoto hanno dovuto affrontare
Ma il 1981, come detto, ha visto la nascita di molti giochi che definire seminali è un eufemismo. Prendiamo per esempio Defender. Prima di Defender non esisteva lo scrolling orizzontale, men che meno negli sparatutto, e con l’arrivo del titolo Willliams, la nostra navicella poteva andare sia a sinistra che a destra, in una sorta di livello “ciambella” che mille anni dopo avrebbe trovato un ottimo esponente in Resogun di Housemarque. Sempre di shoot 'em up a scrolling orizzontale parliamo se pensiamo ad un altro titolone del’ottantuno, ovvero Scramble, gioco anche questo che ha rubato dalle mie tasche tantissime monetine e che ci vedeva al comando di una navicella che, oltre a dover evitare nemici, proiettili e razzi che partivano dalla superficie, doveva anche distruggere dei depositi di carburante per poter “fare il pieno” e non precipitare una volta a secco. I livelli erano solo sei, ma i santi che piovevano giù dal paradiso erano sicuramente di più (anche se a quell'età, probabilmente, l’imprecazione più volgare che potevo concepire era “accidenti”)
Ma mentre al cinema arrivava un tizio armato di frusta e cappello alla ricerca dell’Arca dell’Alleanza, nelle sale giochi mondiali sbarcava un titolo psichedelico, strambissimo, che faceva uso di grafica vettoriale: il gioco era niente meno che Tempest e il suo creatore David Theurer. Spero non sia necessario spiegare qui che tipo di gioco fosse Tempest, ma una delle sue peculiarità, oltre al gameplay decisamente fuori dagli schemi, era il fatto che sul cabinato non era presente un comune joystick ma una manopola che, venendo ruotata, muoveva il nostro mezzo (ho sempre pensato fosse una specie di ragno) sul bordo della struttura tridimensionale su cui ci si doveva spostare. L’uso di questa manopola regalava una precisione al millimetro sulla direzionalità del mezzo e quindi permetteva al giocatore di schivare i proiettili nemici, o i nemici stessi, in maniera molto veloce e dinamica.
Rivedere tutto di colpo un anno come il 1981, per me, è un'esercizio, oltre che di memoria, di emozioni vere, perché a tantissimi titoli dell'epoca sono legato a doppia mandata: posso tranquillamente dire che hanno la stessa importanza di un gran film o di un ottimo libro che hanno segnato la mia crescita. Uno di questi è Turbo, probabilmente il primo gioco di corse su ho poggiato le mie manine: grazie ad un vero volante, un anno prima di Pole Position, mi permetteva di sentirmi un vero pilota di una monoposto, con quella grafica colorata e le altre auto che sfrecciavano vicino alla mia. Sì, Turbo era di SEGA e di sicuro, nei momenti, in cui cercavo di non andarmi a schiantare con le altre macchinine a schermo, mai avrei immaginato che da li in poi avrei speso un godziliardo di soldi nei racing game della casa di Sonic. Ecco che di nuovo viaggio nel tempo, tra Turbo, Out Run, Sega Rally e via, fino a Scud Race e oltre.
Vabè, torniamo a noi, torniamo nell'ottantuno. Frogger, mamma mia, ci sarà qualcuno al mondo che non ha mai giocato a Frogger? Che non ha tentato di far attraversare la strada al quel povero ranocchio e poi, dopo la centesima morte, iniziava a buttarlo di proposito sotto le auto o in mezzo al fiume?
Quanto questi giochi hanno influenzano gli anni successivi è facile capirlo da piccole cose, come sentire un ragazzino che vedendo per la prima volta Crossy Road se ne esce con un "Eh ma l'hanno copiato da Frogger".
In questo viaggio in un mondo a 8-bit che per fortuna non si è estinto ma anzi oggi trova forse più vigore che mai, non posso non citare un nome famoso, anzi famosissimo, che però è giunto a noi sotto forma di rivisitazione tridimensionale, dove i contatti con l'originale sono davvero limitati, ovvero Castle Wolfenstein. L'originale titolo di Muse Software era una specie di action adventure con elementi stealth, anche se ovviamente stiamo parlando di un titolo originariamente sviluppato per Apple II, dove l'impianto grafico sembrava addirittura arcaico già in quegli anni. Avendo negli occhi e nelle vene la stirpe di giochi che si fregiano del nome Wolfenstein certo fa un po' tenerezza vedere le povere schermate dell'originale Castle Wolfenstein, ma è anche vero che, senza quella scintilla nel lontano '81, chissà come sarebbero ora gli FPS.
Oltre a vedere la pubblicazione di Killers dei mitici Iron Maiden, il 1981 ha visto uscire sul mercato pietre miliari come Zork II, secondo capitolo della mitica trilogia di Infocom, o giochi rimasti nel cuore di molti, come Lady Bug, o solo nel mio, come Gorf.
Pensandoci oggi, ringrazio il fatto che esista la possibilità di rigiocare a quei grandi titoli, ma anche quei giochi che erano solo un idea mal realizzata, tramite emulatori, NES mini, retroconsole e chi più ne ha più ne metta, perché sarebbe stato veramente un peccato se quelle sensazioni fossero rimaste nelle memorie di chi c'era, senza avere la possibilità di farle provare alle generazioni più giovani.
Il 1981 riassunto in maniera arbitraria e incompleta: Castle Wolfenstein, Defender, Donkey Kong, Frogger, Galaga, Space Dungeon, Tempest.
Questo articolo fa parte della Cover Story "I (nostri) migliori anni del videogioco", che trovate riepilogata a questo indirizzo.