The Walking Dead: A New Frontier - Above the Law avrebbe anche cose da dire, ma non sa come dirle bene
E ci risiamo. Quando segui una serie mano a mano, da un episodio all’altro, è inevitabile incappare in alti e bassi e patirli decisamente più che con un approccio a maratona, che ti permette di volare oltre molto più rapidamente e facilmente. Quando segui una serie da poche puntate, però, hai sempre la malcelata speranza che siano riusciti a tirarne fuori una roba qualitativamente costante dall’inizio alla fine. Oddio, in pieno 2017, magari, sarebbe il caso di abbandonare ogni speranza al riguardo. Voglio dire, se la prima stagione del The Walking Dead televisivo, ferma ad appena sei puntate, aveva quegli alti e bassi clamorosi, se con Sherlock riescono ogni volta a tirar fuori (almeno) una puntata brutta forte su tre, se quasi tutte le serie di Telltale non ce la fanno a tirar fuori cinque capitoli tutti davvero riusciti, che cavolo ti vuoi aspettare dalla terza “annata” del loro The Walking Dead? No, niente di diverso, è ovvio. Però, che ci dobbiamo fare, uno ci spera. In fondo, i primi due episodi, pur coi loro limiti, mi avevano convinto con una certa decisione (e mi avevano pure accontentato sulla faccenda dei salvataggi!). E invece, eccomi subito qui a scrivere di un terzo episodio che pure ha i suoi spunti, ma mamma mia se è moscio.
Above the Law propone situazioni che non sono certo particolarmente fresche o innovative nel genere zombesco, ma quantomeno le piazza sul tavolo in una maniera potenzialmente interessante. Javier e compagni si ritrovano alle prese con una comunità molto ben organizzata, dai numerosi aspetti positivi e negativi, che devono provare a “scardinare” conquistandone la fiducia. Nulla di nuovo, si diceva, ma il modo in cui il luogo è strutturato, con un gruppo di governanti dalle opinioni diverse e la necessità di navigare fra le rispettive direzioni politiche, si presta a spunti e interpretazioni interessanti. E lo fa soprattutto in relazione alla maniera in cui The Walking Dead continua a fare l’unica cosa che le serie Telltale, anche nei loro momenti peggiori, sanno fare bene: darti l’impressione, concreta o meno, di stare definendo il carattere, le convinzioni, le decisioni e i rapporti interpersonali del protagonista tramite le tue scelte.
Il problema è che, al di là di qualche momento riuscito e di quei passaggi da shock improvviso modello “crudeltà sui bambini” che, piacciano o meno, fanno sempre il loro effetto, il tutto si sviluppa in maniera abbastanza lineare e prevedibile. L’altro problema consiste nella discreta pochezza del cast: un gioco così incentrato non solo sulla narrazione, ma anche e soprattutto sui rapporti fra i personaggi e sul modo in cui te li lascia gestire, non può permettersi un gruppo di protagonisti poco convincente, deve anzi dare il massimo proprio in quella direzione. È per questo che la prima serie funzionava così bene ed è anche per questo che la seconda, per quanto a fatica, portava almeno in parte a casa il risultato. Qui, invece, marchiamo male.
Il protagonista, tutto sommato, fa il suo dovere. Non che Javier sia chissà quale personaggio, ma è sufficientemente sviluppato e soprattutto propone situazioni interessanti con cui confrontarsi. Attorno a lui, però, c’è il vuoto cosmico, con personaggi davvero mal caratterizzati e che, manco a farlo apposta, sono onestamente bruttarelli anche sul piano visivo, quasi a rispecchiare fuori quel che (non) hanno dentro. L’unico con addosso un vago accenno di ciccia è David, fratello di Javier, ma vive più che altro di luce riflessa. E non è un caso se Clementine, nonostante i suoi flashback tragici, tanto nei fatti che raccontano quanto nel modo impacciato in cui lo fanno, riporta luce e interesse nell’episodio ogni volta che appare. Le sequenze senza di lei si trascinano spesso stancamente, appoggiandosi su personaggi poco interessanti, che rischiano oltretutto di rendere vuote le scelte, anche intriganti, messe a disposizione del giocatore. Appena lei torna in scena, tutto riprende vita, vuoi perché è il personaggio più coinvolgente, vuoi perché – è ovvio ed è nella natura della narrazione seriale – quel coinvolgimento è figlio dell’averla seguita e amata nelle due serie precedenti.
È significativo, in questo senso, il fatto che, tolte un paio di conversazioni molto azzeccate, i momenti forse più riusciti dell’episodio siano quelli d’azione, in cui ci si ritrova ad affrontare avversari vivi e meno vivi a colpi di mazze e quant’altro. Certo, è la solita festa del quick time event, storicamente non proprio il motivo per cui si gioca alle produzioni Telltale, ma fa anche un po’ da cartina tornasole. Negli episodi migliori delle loro serie, questi passaggi oscillano fra la gradita distrazione momentanea e il fastidioso intervallo tra una bella svolta narrativa e l’altra. Quando invece ti rendi conto che i momenti action sono forse i più riusciti dell’episodio, beh, c’è qualcosa che non va. Poi, per carità, The Walk Dead: A New Frontier: Above the Law non è un disastro, ha i suoi passaggi intriganti e ti fa comunque venire una certa voglia di andare avanti, ma mi chiedo quanto questa sia figlia del voler continuare a seguire le vicende di Clem. Voglio dire, se cambi personaggio principale, racconti una storia nuova e poi alla fin fine l’unico vero motivo d’interesse è costituito dalla vecchia protagonista, forse, c’è qualcosa che non funziona.
Ho ricevuto un season pass per Steam da Telltale Games al lancio della serie e mi sono giocato il terzo episodio nel giro di un paio d’ore. Il gioco è disponibile su circa centododici piattaforme e per le versioni PS4 e Xbox One esiste una sorta di versione fisica, che nella sostanza è una scatola contenente un codice per il download. Se ci tenete ad averla sullo scaffale e la comprate da Amazon passando per i link qua sotto, ci fate avere una piccola percentuale di quello che spendete senza sovrapprezzi per noi. Potete farlo su Amazon Italia cliccando qui e su Amazon UK cliccando qua.