Anthem potrebbe essere figo e divertente, ma non è tutto così semplice
Credo risalga al febbraio 2015, il mio primo raid su Destiny. ‘La fine di Crota’, il raid della prima espansione, L’oscurità dal profondo; forse non il più bello, ma senza dubbio quello più carico di ricordi, dato che si tradusse in un’esperienza lunga, per me inedita e in cui la cooperazione con altri giocatori contava realmente. Una cooperazione, tuttavia, e qui stava la vera novità, non più relegata a meccaniche di gioco per certi versi statiche, come nei classici MMORPG, ma dinamica e aperta a un pubblico più largo, che permetteva di affacciarsi a quelle persone, e anche a quegli amici solitamente più restii ai tradizionali giochi di ruolo; insomma, una cooperazione per natura realmente di massa, la cui immersività andava inoltre ad ampliarsi dalla marcata componente shooting del titolo. Quel raid fu una vera epifania, per me: questa era l’esperienza cooperativa che ho inconsapevolmente sempre cercato, e come me tanti. È soprattutto per questo che ho sempre guardato ad Anthem con grande interesse: prometteva di offrire un’esperienza PvE per certi versi simile, ma diversa.
Anthem è infatti associabile più a Borderlands che a Destiny, per una struttura gioco che è dunque più simile a un cooperativo ambientato in un open world, che a un classico MMO. Inoltre, e soprattutto, Anthem prometteva ai giocatori di offrire quello che Destiny non aveva mai potuto fare: garantire una reale componente ruolistica accanto a quella da shooting. Nell’idea, insomma, Anthem è qualcosa che andrebbe ad arricchire l’offerta videoludica, più che andare a togliere pubblico ad altri titoli. Purtroppo, anche a distanza di quasi un mese dall’effettiva uscita, bisogna già mettere le mani avanti, e tenere in conto che potrebbe non essere così.
Provando la VIP Demo, Anthem non dà affatto la sensazione di un gioco brutto, tutt’altro. Le idee ci sono, anzi: volare è splendido, specie con quell’orizzonte di gioco che si apre quando sei in aria, dando l’impressione di poter arrivare ovunque a bordo del proprio strale, la caratteristica armatura di Anthem; la componente GdR c’è e le combinazioni sono fin da subito tante e complementari con le varie classi, tutte ben diversificate; il mondo di gioco è vivo, stratificato e ricco di dettagli di trama, che spesso sono anticamera di missioni segrete, nelle quali inoltrarsi una volta terminata la campagna principali; ci si perde le ore, nelle personalizzazioni, sia estetiche che di building in senso ruolisticamente stretto. Anthem, sulla carta, funziona, questo deve essere chiaro. Il problema è che accanto tutti questi aspetti, che sono certamente positivi, ce ne stanno altri che sono decisamente più traballanti. E altri che proprio non funzionano.
E non è solo una questione di server: il lag, e il difficile accesso ai server, possono anche essere passabili, al momento; fanno alzare la guardia, ma si possono mettere in conto, non essendo ancora avvenuta l’effettiva pubblicazione del gioco. A preoccupare sono la miriade di limature che andrebbero fatte, quei piccoli o medi problemi che, tutti insieme, creano un ingorgo che intasa e va a compromettere l’intera esperienza di gioco. Le fasi subacquee, ad esempio, confusionarie e fin troppo claustrofobiche; oppure l’area social, Fort Tarsis, costrittiva nel suo obbligarti a quella prima persona, che finisce per risultare nauseabonda nella sua combinazione fra lentezza nei comandi, vicoli stretti e vistosi cali di frame-rate, oltre a un’abbondante dose di pop-in (ho provato il gioco su PlayStation 4); o ancora un sistema di respawn che fa acqua da tutte le parti, e le cui problematiche vengono poi amplificate dalla costrittività del matchmaking, che spesso ti obbliga a giocare con sconosciuti, che spesso se ne possono anche infischiare delle tue sorti, lasciandoti all’abbandono anche per decine di minuti, prima di accorrere in tuo aiuto.
Non solo piccoli problemi, però, ma anche grossi dubbi. Su tutti, quello sul fronte della narrazione: BioWare, sviluppatore di Anthem, può vantare un pedigree di tutto rispetto, con intrecci notevoli anche nei suoi giochi più recenti e meno riusciti. Una componente, tra l’altro, che si è rivelata spesso essere il vero tallone d’Achille in produzioni del genere, con una diluizione nell’incedere dell’intreccio anche in quei giochi che, sulla carta, promettevano invece di mettere la trama al centro del villaggio. Eppure, le prime tre missioni presenti in Anthem non lasciano presagire grossi progressi su questo fronte, con delle quest legate fra loro da scene di dialogo per nulla incisive, e che sembrano avere come unico scopo quello di fornirti il motivo per andare a sconfiggere il nemico di turno.
Il 22 febbraio, data per la quale è fissata l’uscita di Anthem, è forse troppo vicino per poter pensare che anche solo la metà di questi difetti possa essere affinata. La speranza, a questo punto, è che quanto di buono Anthem può offrire, che chiaramente c’è, risulti ludicamente quasi in eccedenza; se l’ultima fatica di BioWare riuscisse insomma a offrire un’esperienza di cooperativa online, peraltro vero cuore del gioco, realmente coinvolgente, e nella quale le sue peculiarità ruolistiche riescano a brillare come promesso, potrebbe sopperire alle mancanze di Anthem, in attesa che lo stesso studio di sviluppo ci metta una pezza nei prossimi mesi. Electronic Arts, nonostante le brutta nomea che si porta dietro, ha dimostrato con Star Wars: Battlefront II la volontà di tutelare i propri investimenti sul medio periodo, anche a fronte di una finestra di lancio più o meno disastrosa; questo per dire che, purtroppo, con Anthem bisogna già mettere le mani avanti.