Baccano! è già tutto nel titolo
Io me lo immagino, il signor Ryoogo Narita, come un entusiasta ma serio professionista. Uno che scrive di getto ma si documenta, che quando pensa alla sua serie di light novel che lo consacrerà al successo, non fida solo sulla sua capacità di gestire azione corale e ritmo forsennato, ma vuole le cosucce tutte al loro posto. Sono sicuro che a un certo punto abbia chiamato un amico italiano residente in Giappone (ormai il Giappone è pieno di italiani) e gli abbia chiesto quale termine gergale fosse sinonimo di “confusione”. La prima risposta, “casino”, non lo convince: “Casino”, per i giapponesi, è un vecchio franchise di minimarket, oppure un nome da sale pachinko. L’amico italiano ci ripensa e gli suggerisce “Baccano!”.
Perfetto.
Il signor Narita ha il titolo, si documenta sugli USA della Grande Depressione, dei gangster irlandesi e dei camorristi italiani, dei politici corrotti e dei giornalisti astuti. Raccoglie materiale e si prepara per benino.
E poi chiama uno dei protagonisti Jacuzzi Splot.
Baccano! non può essere definito meglio di così. In una cornice perfetta, definita al millimetro con squadra e goniometro, si agita una completa, totale, ordinatissima e ferrea anarchia e l’anime, prodotto da Aniplex nel 2007 e disponibile in Italia sia a stampe Dynit che in streaming digitale su VVVVid, pur adattandone solo una parte, ne è perfetta trasposizione.
Descrivere tutto quello che lo rende un anime quasi unico nel suo genere è piuttosto complicato.
Partiamo innanzitutto dal fatto che Baccano! è probabilmente l’unico anime che io conosca, tolti forse gli episodi più deliranti di Lamù diretti da Mamoru Oshii, a tentare (e riuscire) “un Pierrot le Fou” (o dicendola più commercialmente “un Pulp Fiction”): gli eventi, in Baccano!, non sono in ordine cronologico. E non del tipo “l’arco narrativo tale è antecedente a quello talaltro che però abbiamo visto prima”, che quello lo fa anche Bakemonogatari, ma proprio gli eventi dello stesso arco narrativo sono rimescolati, impastati, ritagliati e stesi come tagliatelle ad asciugare. Vicine, vicine, a volte appiccicate.
Così non solo gli eventi si susseguono in un ordine che lo spettatore deve ricostruire (e, no, non è che le indicazioni sull’anno aiutino più di tanto), ma uno stesso evento lo possiamo vedere ripetuto due, tre, quattro volte, solo perché in quell’evento si incrociano due o più protagonisti, ognuno proveniente dalla “sua” storia.
Protagonisti al plurale, perché Baccano! è una storia corale e non stupisce certo sapere che l’altra light novel di gran successo del signor Narita, anch’essa tradotta in animazione guarda caso dallo stesso regista, Takahiro Omori, sia Durarara!! nota ai fan proprio per la spettacolare capacità di spostare il focus in agilità tra i vari personaggi. E qua dovrei anche aprire una parentesi su quanto, a ben pensarci, anche Durarara!!, con le sue bande giovanili, i suoi giovani gangster lupi sciolti e i suoi “buttafuori” non esattamente regolamentari, avrebbe calzato a pennello alla Cover Story di questo mese, ma non ci ho pensato per tempo.
Non divaghiamo!
Coralità, si diceva. Penso che non sia esagerato dire che Baccano! ha quasi più protagonisti che comprimari o comparse. Sorpresi? Beh, ancora più sorprendente è scoprire che i protagonisti più interessanti siano quelli che all’inizio sembrano macchiette o puri artifici di trama. Abilmente, la regia, la narrazione e la sceneggiatura ci fanno conoscere prima i protagonisti che stanno “a terra”: i camorristi Firo e Maiza (e, vi faccio una grazia non ricordandovi i loro cognomi) o i fratelli Gandor. Carismatici, simpatici, sicuri di sé.
Gli strani e in alcuni casi inquietanti passeggeri del treno di lusso Flying Pussyfoot (non guardate me, vi ripeto che i nomi non li ho inventati io) non hanno lo stesso appeal immediato. Dopotutto, ci viene presentato un trio di teppisti guidati da un insopportabile piangina, uno psicopatico odioso che abusa e maltratta una timida e succube ragazza, una silente stragnocca che si accompagna ad una setta di comparse nerovestite e un ragazzino inquietante. Gli unici a spiccare, e del resto li abbiamo visti in compagnia degli aitanti malavitosi, sono due meravigliosi, ingenui, puri e convinti, DEFICIENTI.
Poi regia, narrazione e sceneggiatura ti fanno il trucco della tovaglia e non solo tutti i piatti, le posate e i bicchieri restano al loro posto, ma ti accorgi che stavi cenando su un tavolo montato al contrario: il piano era a terra e le gambe all’aria. I personaggi con cui hai familiarizzato, i mafiosi carismatici, diventano spettatori o protagonisti di quello che capisci essere un flashback a tal punto arioso che arriva fino a due secoli di distanza nel passato, mentre l’azione, tesa, serrata, inquietante è tutta sul Flying Pussyfoot (eddai), dove i personaggi rivelano di essere diversi da quello che ti aspettavi.
Diversi e molto di più di quello che ti aspettavi, con picchi di badasseria quasi tossici. Senza perdere coerenza. Lo psicopatico si fa rispettare per la dedizione e capacità fanatica che investe nella sua psicopatia, la vittima maltrattata si fa rispettare per la convinzione con cui desidera essere vittima, Jacuzzi è un frignone con due palle cubiche, la stragnocca è praticamente Terminator e Isaac e Mirya… no, vabbé, loro sono solo proprio degli ingenui, puri e convinti, DEFICIENTI.
Ma meravigliosi.
E inarrestabili.
Insomma, praticamente, tutti i protagonisti sul treno fanno a gara di inarrestabilità con il Rail Tracer: il mostro delle ferrovie che, una volta evocato, svuota un treno passeggero dopo passeggero, lasciando solo laghi di sangue, carcasse martoriate e budella.
… ve lo avevo citato, il Rail Tracer, vero?
Perchè Baccano! non si accontenta di mettere in tredici puntate una dozzina di personaggi uno più carismatico dell’altro, ma si diverte a variare da gangster movie di redenzione, a commedia malavitosa, a giallo della stanza chiusa, a thriller satanista claustrofobico, fino allo splatter con mostro invincibile e gente che muore malissimo.
Cambia il tempo, cambia il ritmo, cambia il protagonista sotto i riflettori e cambia persino il tema. Come un’improvvisazione jazz eseguita da professionisti in stato di grazia.
Il paragone calza a pennello: se arriviamo a valutare i singoli componenti di Baccano!, dobbiamo ammettere che ci troviamo di fronte a lavori professionali ma privi di particolari guizzi. La regia è estremamente “funzionale”, il character design azzeccato ma non estroso, l’animazione fluida e di buon livello, ma in alcune sequenze si colgono inserti “subappaltati” a qualche studio di cottimisti. La colonna sonora, ovviamente ispirata agli anni dei Cotton Club, con una divertentissima opening e una romantica ending, sottolinea ma non spicca. Il doppiaggio originale vanta il solito cast di serie A (produce Aniplex, ovvero Sony Entertainment, dopotutto) ma senza stare a rubare la scena.
Quello che però ne risulta, grazie all’arrangiamento, è di gran lunga superiore alla somma delle parti.
Alle tredici puntate dell’arco narrativo principale, ne seguono poi tre che fanno da secondo arco narrativo e una sorta di recap. Se vogliamo, è un’altro guizzo di anarchia, visto che la tredicesima puntata ha tutti i crismi di un finale, con persino un salto temporale a settant’anni dopo.
Purtroppo, se devo dirla tutta, si tratta di tre puntate mosce se paragonate con cosa li precede, come un bis chiamato a gran voce da un pubblico pretenzioso, che i jazzisti eseguono di puro mestiere, ma più per dovere che per divertimento.
Ma non è un motivo sufficiente, e non penso in realtà esista nessun motivo, per non guardarsi questa serie.
Questo articolo fa parte della Cover Story dedicata a The Irishman e al crimine, che potete trovare riassunta a questo indirizzo.