Gatchaman Crowds è il superamento dei supereroi
La maggior parte delle cose della vita arriva inaspettata. (Hajime Ichinose)
Da spettatore ossessivo compulsivo di AMV, spesso mi concedevo da mezz’ora a un’ora di “binge-watching” ad intervalli regolari. Così, ormai più di un’anno fa inciampai in questo video.
Rimasi abbastanza affascinato da questa serie dai colori vividi e dal mischione decisamente anomalo di personaggi, che parevano arrivare da anime diversi, si vestivano di esoscheletri provenienti dai sogni sereni di un designer pop e, combattendo un’orda di orrendi neonati partoriti da un televisore fecondato da Polifemo, si assembravano in QUELLA formazione.
Dai… quella formazione! È impossibile che stiate leggendo gli articoli di questo mese e non l’abbiate riconosciuta. Vabbeh, per i distratti irrecuperabili: minuto 2.22 e successivi.
L’anime che si permetteva una così spudorata citazione di QUELLA formazione si chiamava Gatchaman Crowds ed era l’ennesimo remake della più conosciuta squadra di eroi concepita dalla Tatsunoko Production, l’unica casa di produzione anime che si era data il mandato di creare Supereroi.
Il contrasto era stridente, la citazione sfacciata, i colori pop, più di metà dei personaggi “queer” mentre la restante parte pareva ricadere nella commedia action più banale… c’era una sola cosa che avrei dovuto fare!
…
Ovviamente non lo feci. Mi distrassi, pensai ad altro e lasciai scemare l’interesse fino a pochi giorni fa, quando TuTubo mi ha riproposto il video, me lo sono riguardato, ho pensato che a breve avrei avuto un po’ di tempo da passare in viaggio e mi sono procurato la prima stagione. Così, dodici puntate dopo, mi ritrovo con buona parte delle mie convinzioni sul supereroismo e sul modo giusto di affrontare la vita messe in crisi da una ochetta giuliva con il feticismo per le agende.
Cominciamo quindi dal mero nozionismo: Gatchaman Crowds è una serie uscita nel 2013 per opera di Tatsunoko e parla di una “Squadra G” in un Giappone alternativo (la Tatsunoko, da vera casa supereroistica, ha sempre lasciato trapelare che tutti i suoi supereroi possono essere parte di una stessa realtà ma separati su universi paralleli e simili), selezionata e guidata tramite profezie dall’alieno JJ. e composta dal volenteroso ed integerrimo Sugane Tachibana, dal veterano Joe Hibiki, da O.D., un alieno umanoide dagli atteggiamenti queer, da Miya Utsutsu, una ragazzina silenziosa e apatica, e da Paiman, un alieno con l’aspetto di un piccolo panda che viene considerato il leader della squadra.
Per quello che sembra un incomprensibile capriccio di JJ, alla squadra si unisce Hajime Ichinose, un’energica studentessa con la passione per la cartoleria e il fai da te e la tendenza a dire e fare la prima cosa che le passa in mente. Questa sua attitudine sconvolgerà la routine guerriera della Squadra G fin dal primo momento, portandoli a realizzare che ciò che combattevano non era realmente un nemico e, contemporaneamente, ad incrociare le loro strade con Berg Katze, un alieno maligno con i poteri di un Gatchaman di enorme forza, intenzionato a causare la distruzione del pianeta, e Rui Ninomiya, un giovane genio dell’ingegneria sociale che, con un potere Gatchaman donatogli da Berg, ha creato l’intelligenza artificiale Presidente X, il Social Network di enorme successo GALAX e un’elite di Galaxer (utenti di GALAX) dotati del sistema CROWDS, in grado di materializzare la loro energia mentale sotto forma di giganti antropomorfi. L’obiettivo che si pone, con lo pseudonimo di LOAD, è di guidare una rivoluzione pacifica che “aggiorni” il mondo.
E questo è più o meno quanto, da qui in poi sono solo riflessioni che potrebbero spoilerare quanto accade nella prima stagione, ma non posso semplicemente farne a meno, visto che ciò che Gatchaman Crowds ha fatto è stato prendere i concetti di base della serie “madre” e del supereroismo in generale e, semplicemente, smembrarli.
Non mi stupirebbe, infatti, scoprire che i cultori della serie originale lo detestino. La serie originale era, nel mio ricordo, “impregnata di sofferenza”: non solo i combattimenti erano particolarmente sanguinosi, ma spesso i personaggi erano tormentati da spettri del passato e dal peso delle decisioni future. La gente moriva, i protagonisti si ferivano e portavano le loro cicatrici. Tutto era cupo, fin nei colori.
Hajime (il cui nome è omofono di “inizio”), fin dall’inizio, sovverte qualsiasi principio dei Gatchaman. Parla un giapponese vezzoso che in un qualsiasi altro anime sarebbe stato assegnato ad una comprimaria “carinosa”, su cui far convergere fanservice e sberleffi; gesticola continuamente, ponendo indice e medio nel segno della “v” orizzontale, che i giapponesi associano al segno della “pace”; indossa una vistosa armatura rosa che pare ricamata; usa eleganti forbici come arma.
Ma sopratutto, la psicologia è tutta sbagliata: più che “fare la cosa giusta”, a lei interessa “capire perché si faccia quella sbagliata”; al primo scontro con gli incomprensibili alieni frattali MESS “perde tempo” a giocare con i suoi superpoteri e a cercare di entrare in contatto con il “mostro nemico”. Riuscendoci.
Da lì in po,i tutto va semplicemente precipitando e sembra che si confermi la convinzione di LOAD che “i supereroi sono inutili”: non c’è un nemico reale e le istituzioni appaiono semplicemente incapaci di stare al passo con la nuova società, incredibilmente dinamica e reattiva, animata da GALAX.
Finchè il Katze non ci mette lo zampino.
Bastano pochi tocchi per togliere a Rui il controllo di GALAX e titillare l’ambizione dei più aggressivi tra i CROWDS, innescando una degenerazione violenta. I Gatchaman sono impotenti, a loro è proibito attaccare gli umani, Berg Katze è semplicemente invincibile, JJ non dà loro nessuna indicazione.
In tutto questo, Hajime cosa fa?
Presenta i Gatchaman sui social lanciando una strategia di Public Relations, se ne va in giro dialogando con un Berg Katze invisibile, parla con Sugane, cammina, parla con Joe, pensa, parla con O.D., passeggia, parla con Paiman, sbuffa, parla con Utsutsu, piega origami, parla con Rui. Non combatte una singola volta.
Una ragazzina dotata di superpoteri che parla, non combatte.
Ha le idee chiare ma nessuna di queste è finalizzata ad una “vittoria”, quello che le interessa è capire cosa stia succedendo e come migliorare le cose. Le cose capitano e lei ci si adatta e reagisce. In alcuni momenti, semplicemente, dichiara che non ha nessuna idea di come risolvere la situazione, e allora tocca a qualcun’altro avere un’idea. Qualcuno che, dopo aver parlato con lei, si trova a non pensare più secondo convenzioni: chi commette un errore potrebbe non farlo per cattiveria; chi segue le regole potrebbe stare facendo la cosa sbagliata; combattere per la giustizia non rende meno stupido usare la forza contro la forza; la gerarchia non è una cosa da rispettare ma una cosa da “far funzionare”; chi fa le cose divertendosi è più difficile da fermare di chi le fa per dovere.
Seguendo Hajime, le “comode verità” non si ribaltano, si semplificano e si completano: i supereroi non salvano il mondo ma allo stesso tempo non sono inutili, perché possono fare qualcosa che altri non possono fare, come i pompieri, la polizia, gli impiegati del catasto, i politici (sì, i politici); chi scappa di fronte a qualcosa che non vuole affrontare non deve fermarsi ma deve correre ancora più forte, per trovare il tempo di pensare a cosa vuole fare; gli uomini gioiscono delle disgrazie altrui, ma non lo fanno a ogni ora del giorno.
Certo, il primo rimprovero che si può fare è che è “tutto troppo facile”. Ma non è forse sempre così, per i fumetti di supereroi? Non è “troppo facile” contenere una potenza difensiva e offensiva superiore a quella di una divisione corazzata nell’armatura di Iron Man? Non è “troppo facile” giustificare la capacità combattiva di Capitan America con un siero della superforza e uno scudo indistruttibile? Come definiremmo la vita di un abitante del pianeta Krypton sulla Terra, se non “troppo facile”?
Certo, lo è: è una serie animata, dopo tutto, mica un documentario.
Quindi, abbiamo una serie animata che, con personaggi non troppo profondi, che potremmo descrivere con un termine (la svampita, il samurai, il veterano, lo sbruffone, l’apatica, il gay, il genio), ribalta i canoni ma, come detto, non strappa le proprie radici: se ne nutre.
Science Ninja Gatchaman si focalizzava sull’uso sbagliato della tecnologia, di cui i Galactors erano colpevoli ma non sempre artefici. Il Social Network GALAX e i suoi CROWDS, metafora evidente dei Social Justice Warriors, sono una riflessione contemporanea sulla stessa linea, portata avanti senza assolvere né condannare. Piuttosto, vengono messi sotto giudizio gli utenti. Berg Katze è adamantino nel chiarire che lui non farà assolutamente nulla di distruttivo, ci penseranno gli umani. Così vediamo coloro che prendono troppo sul serio le cose causare solo danni e, al contrario, vediamo coloro che hanno preso fin dal principio GALAX come un gioco risolvere la situazione. Difficile non pensare a uno sberleffo rivolto a coloro che usano uno strumento, inizialmente pensato per mostrare ai parenti le foto del tuo gatto, per urlare al mondo la loro convinzione che le idee di un pelato, un baffone o un baffetto o qualche altra figura abbastanza ridicola e morta da tempo, li salveranno da una vita mediocre di cui sono, in buona parte, responsabili.
Altresì, proprio innescando questi discorsi e mettendo prima in crisi e poi riposizionando diverse figure di “autorità”, Gatchaman Crowds e Hajime ridanno lustro e merito alla figura del Supereroe, il cui primo compito non è mai stato “salvare il mondo” ma proporre un valore positivo facile da capire e da portare, se si ha il coraggio, nel proprio cuore a fianco di tutte le cose negative.
Ho visto Gatchaman Crowds in lingua giapponese sottotitolato in inglese, come da cofanetto Blue Ray UK reperibile su Amazon. La seconda stagione, Gatchaman Crowds Insight, che non ho ancora visto, è al momento reperibile al pubblico occidentale su CrunchyRoll.
Questo articolo è un’aggiunta postuma alla Cover Story dedicata agli Avengers, che potete trovare riassunta a questo indirizzo.