Balle spaziali è sopravvalutato ma comunque divertente
Questo non è un articolo, è una rappresaglia!
Qualche mese fa, delle brutte persone hanno contestato l’oggettiva bellezza e l’inclito umorismo di Dracula, morto e contento nella Battaglia Cinematografica dei Vampiri. Io sono persona superiore a tali piccolezze e con signorilità ho accettato la superiorità, solo numerica, della plebe… meditando di vendicarmene e dimostrare che, insomma, non è che Mel Brooks non fosse altalenante già prima di conoscere Ezio Greggio.
Chiaramente andare a fare le pulci a Frankenstein Junior sarebbe un po’ stato come andare a fare le pulci a Notre Dame o San Pietro (la chiesa, non il santo), ma magari un successo minore avrebbe potuto essere un bersaglio più approcciabile.
Spaceball, noto dalle nostre parti come Balle spaziali faceva esattamente al caso mio, nei miei ricordi.
Peccato che i miei ricordi fossero sbagliati: pur con qualche tempo morto e un gruppo di interpreti di qualità altalenante, fare le pulci a balle spaziali è oggettivamente difficile.
Da una parte c’è un Rick Moranis, ispirato come non mai, parodiava in maniera così becera, grossolana, intellettualmente disonesta un’icona della cultura pop quale è Darth Vader da essere pura e geniale iconoclastia. Dall’altra la quantità di trovate, di perculate, di giochi di parole e di rotture della quarta, quinta e persino sesta parete è tale da essere ancora oggi, A.D. 2023 una fucina di meme e di citazioni da mandare a memoria.
Farei davvero una magra figura a ripetere gli scambi di battute memorabili o a elencare le citazioni parodiate convincendo che si tratti di facile umorismo e battutine sceme (nonostante il fatto che “Barf” o “Rutto” in italiano sia, oggettivamente, un po’ a livello di “cacca pupù”).
Non mi porterebbe troppo lontano nemmeno insistere su fatto che Mel Brooks, dopo aver fatto un lavoro filologicamente eccelso per le sue due parodie gotiche, qui si siedeva sugli allori di una imitazione pedestre e low budget dell’effettistica fantascientifica, visto che con due sole scene (“Velocità Smodata” o “Jammed”) mi ribalta comunque dalla sedia.
E manco posso aggrapparmi al fatto che la localizzazione italiana, con cui molti di noi hanno familiarità, ne diminuisse il divertimento non riuscendo a rendere tutti i giochi di parole.
Cioè: inevitabilmente succedeva, ma eravamo ancora all’epoca d’oro dell’adattamento, quando seri professionisti ci provavano in ogni modo a far ridere il pubblico italiano negli stessi momenti in cui il pubblico anglofono aveva riso. Se Frankenstein Junior aveva l’immortale “Lupo ululì, castello ululà!”, Balle Spaziali aveva il Colonnello Nunziatella.
In originale, Rick Moranis dal basso del suo metro e sessantotto, intimidiva il metro e ottantacinque del bravissimo George Wyner con la frase “What’s the matter Kernel Sandurz? Chicken?!”, una battuta che negli iuessei avrebbe capito chiunque ma che in Italia, al tempo ancora ignara dell’esistenza della KFC e soprattutto della sua mascotte il Colonnello Sanders (Kernel Sanders, appunto), non poteva davvero capire nessuno. Cambiare il nome di un personaggio solo per poter rendere dopo minuti e minuti di film almeno l’ombra dell’insinuazione involuta dell’originale: al giorno d’oggi qualcuno dovrebbe prendere appunti (ogni riferimento a Gualtieri Cannarsi presenti e passati è assolutamente incidentale).
E quindi, niente, fare le pulci a Balle spaziali alla fine è davvero difficile: ha i suoi tempi morti, Daphne Zuniga mi fa venir voglia di strapparmi le vene dai polsi ogni volta che tenta di fare dell’umorismo, Bill Pullman, John Candy e lo stesso Mel Brooks sono a mio parere meno in bolla di quanto i fan del film sostengano, ma poi Moranis e Wyner guardano in macchina ed io mi scasso dalle risate.
Come con Dracula Morto e contento (“Mai che si arrende! Lui mai che si arrende…”).
Questo articolo fa parte della Cover Story dedicata allo spazio, che trovate riassunta a questo indirizzo.