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Elea non l’ho proprio digerito

Elea non l’ho proprio digerito

Ieri notte ho dormito malissimo. Avevo caldo, mi agitavo nel letto e non facevo che riavermi da sogni assurdi.

In uno di questi ero finito chissà come in una brutta copia dell’Overlook Hotel, solo che - diversamente da quello di Shining - non si trovava tra le Montagne Rocciose del Colorado, ma nel bel mezzo di un bosco e vicino a un fiume.

Sulle prime, pareva uno dei miei classici incubi a tema Twin Peaks, anche per il fatto che c’erano spiriti neutrali che andavano e venivano e altri spiriti più tetri che minacciavano di comparire da un momento all’altro. In tutto questo, io pure come un fantasma vagavo tra i corridoi della struttura senza soluzione di continuità, ché spazio e tempo si erano belli che incasinati da mo’. Galleggiavo in soggettiva, come in assenza di gravità, e di tanto in tanto i colori degli ambienti si incasinavano e uscivano dai bordi.

Fortunatamente, proprio quando ‘sti maledetti spiriti malvagi stavano per arrivare a farmi il culo, è partito l’airbag. L’incubo si è ammorbidito fino a dissolversi, lasciando spazio a un pacifico svelamento: in effetti, non ero all’Overlook Hotel, bensì sul set di un film ispirato all’universo di David Lynch, OK, ma diretto da Robert Redford e ambientato nei dintorni di Missoula, nel Montana. Toh, la versione noir di In mezzo scorre il fiume.

A quel punto mi sono svegliato, completamente ribollito e madido di sudore. Mentre infilavo la porta del cesso per incipriarmi il naso, ho provato a fare mente locale sulla cena della sera prima: “Avrò mica mangiato la peperonata?”. Sì, perché di solito, questo genere di viaggi nasce da lì. Vado pazzo per la peperonata, ma proprio non la digerisco; pare dipenda dalla pelle dei peperoni, più che dai peperoni stessi, ma vai te a sapere.

Resta che di peperonata la sera prima non ne avevo mangiata. In effetti, però, sul tardi avevo giocato a Elea – Episode 1, un polpettone fantascientifico bulgaro, imbottito di droga, che evidentemente mi è rimasto sullo stomaco.

Opera prima dello studio Kyodai, con sede a Sofia, ed edito da SOEDESCO, Elea è un interactive drama wannabe in soggettiva di stampo sci-fi, alla Tacoma, strutturato per episodi e ambientato nel solito futuro prossimo con le spalle al muro. Nell’anno 2039, a causa di una pandemia che ha trasformato i bambini nati sulla Terra in bestie rabbiose (sic.), l’umanità si trova a mollo in quella che è la più grossa crisi demografica della Storia. L’unica soluzione a portata sembrerebbe la colonizzazione di Solace, un pianeta simile alla Terra in direzione del quale, qualche anno prima, i capi del mondo hanno spedito la gigantesca nave spaziale Pilgrimage.

Ovviamente, della Pilgrimage si sono perse completamente le tracce, e qui entriamo in scena noi, o meglio, lei: la scienziata eponima Elea Catherine Jones, membro della squadra di soccorso spedita a rintracciare la Pilgrimage, nonché moglie del dottor Ethan, che occupava una posizione di rilievo nell'equipe scientifica della nave, pure lui dato per disperso

Comparso in early access su Steam lo scorso aprile e disponibile in forma compiuta già da qualche giorno, Elea, a naso, mi era parso un titolo promettente, anche se magari non originalissimo. Stando al blog ufficiale del progetto, i ragazzi di Kyodai si sarebbero ispirati ad autori come Stanislaw Lem, Arthur C. Clarke and Frank Herber. Tuttavia, muovendo i primi passi negli ambienti di gioco è facile notare anche una fitta rete di riferimenti al 2001: Odissea nello spazio di Kubrick, o alla fantascienza di Ridley Scott.

Corridoio fantascienzo standard.

Proseguendo, l’avventura si immerge in una narrazione sempre più simbolica e metafisica, che rimanda soprattutto al Tarkovskij di Solaris e Stalker. Attraverso la sovrapposizione di passato e presente, Elea si lancia nell’esplorazione di tematiche complesse quali concepimento, nascita e maternità, o il rapporto tra esseri viventi e intelligenze artificiali. Per mescolare ulteriormente le carte tra realtà e ricordi, la regia ricorre a delle soluzioni visive sparate e psichedeliche che, OK, saranno pure l’ennesima versione povera del finale di Odissea nello Spazio; ma insomma, ne ho viste di peggiori.

Anzi, per quanto la roba da sballoni sia stata probabilmente la causa della mia nottataccia, nella sua sfrontatezza, mi è parsa pure la cosa migliore di tutto il gioco, o perlomeno la più simpatica

Per il resto, ahimè, Elea firma assegni che non può riscuotere. Tolti i trip di cui sopra, gli ambienti “leggibili” sono decenti ma poco ispirati, sia a livello scenografico che di level design, con soluzioni che non escono minimamente dai cliché di genere, file di corridoi sempre uguali e una gestione delle luci criminale.

Sul piano delle meccaniche, di contro, il titolo sviluppato da Kyodai pare una vecchia avventura grafica uscita male, più che un moderno interactive drama. Gli enigmi sono pretestuosi e sciatti, non offrono nessuna resistenza sensibile né servono la narrazione. Anzi, paiono messi lì giusto per allungare l’esperienza, e già il fatto che il gioco parta col classico generatore da avviare la dice lunga.

La roba da sballoni.

Se poi frulliamo il tutto con un sistema di navigazione atroce, un’interfaccia che riesce a essere scomoda nonostante le quattro caselle di cui è composta e una serie di bug che mi hanno costretto a riavviare il gioco tre volte, davvero non so cosa dire. No, anzi, una cosa da dire ancora ce l’avrei: per quale diavolo di motivo la protagonista si muove al rallentatore e si impiccia negli arredi di scena, come se fosse a mollo nelle sabbie mobili? Giuro che non sono riuscito a spiegarmelo in nessun modo.

Peccato. Peccato, perché tutto sommato qualche idea in Elea c’è, soprattutto a livello estetico, e di contro, a livello narrativo, tutte le parti dall’interazione ridotta (se non assente) godono di un montaggio abbastanza efficace. Poi, OK, la storia è piuttosto confusa nell’esposizione, ma quello - per come la vedo io - dipende un po’ dalla vocazione generale del progetto, oltre che dalla sua natura episodica.

Insomma, non so se Kyodai deciderà o avrà modo di dare gli sperati seguiti alle avventure di Elea, ma sicuramente, per farle proseguire a me, dovrà mettersi di buzzo buono per correggere tutti i problemi dell’esperienza di gioco e per integrare meglio meccaniche e narrazione.

Ho giocato a Elea – Episode 1 su Xbox One X grazie a un codice per il download fornito dagli sviluppatori e me lo sono sciroppato nel giro di tre ore. Il gioco è disponibile dallo scorso 6 settembre su PC e su Xbox One. Come ho accennato, rappresenta il primo capitolo di un racconto più ampio: staremo a vedere. Intanto, segnalo che, tra le lingue selezionabili, l’Italiano è assente (come nei pezzi che scrivo).

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