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NBA 2K19 è bravo, e stavolta si è anche impegnato

NBA 2K19 è bravo, e stavolta si è anche impegnato

Ho un vago ricordo che ogni tanto appare in un angolino del cervello ogni volta che avvio NBA 2K19. Non “vago” perché chissà quanto lontano nel tempo, il timestamp dice che si tratta di eventi accaduti ad aprile o giù di lì, ma vago abbastanza da non essere proprio sicuro sicuro che siano effettivamente accaduti. 

Stavo guardando un video su YouTube, o forse era un articolo su un sito americano, o forse ho solo letto un paio di tweet, o forse, come dicevo, non è successo nulla di tutto ciò e quello che ho in testa è solo un desiderio che è stato lì abbastanza a lungo da glitchare nella memoria.

C’era Mike Wang, conosciuto nella community come Beluba e nel mondo professionale come “gameplay director” della serie NBA 2K, che parlava di come stessero studiando il modo per unire gli aspetti migliori di varie iterazioni del gioco in un unico capitolo. Insomma, una di quelle cose a cui chiunque non sia nato ieri risponderebbe con “Seeehhh, magari!”.

La presenza della D-League (la “sottolega” della NBA in cui giocatori ancora non completamente pronti al grande salto si fanno le ossa) nella modalità carriera di NBA 2K10 è stata apprezzata da tanti. La storyline della carriera in 2K15 e 2K17 portava a vivere qua e là stralci della vita di tutti i giorni di un cestista NBA. La struttura della storyline di NBA 2K16, invece, si concentrava su come il personaggio del giocatore fosse arrivato nella lega (al netto di alcuni aspetti in cui la mano di Spike Lee si notava troppo, rendendola piuttosto kitsch). Il MyPark organizzato in una grande piazza di NBA 2K14 era sicuramente più funzionale del “Quartiere” di 2K18, che pure aveva i suoi lati positivi.

Il nuovo Neighborhood, palesemente ispirato a Piazza Nazionale di Napoli.

La costanza con cui si segnavano i tiri aperti in NBA 2K14 invitava i giocatori a cercare l’uomo smarcato, piuttosto che premere quadrato senza mai accendere il cervello e sperare in un “verde”, ma pure il concetto da cui è nato lo shot meter può avere senso in un videogioco di oggi. Le schiacciate in virata di NBA 2K13 erano entusiasmanti, seppur un po’ overpowered. La difesa di 2K16. Il gioco in post di 2K15. Il controllo palla di 2K18. Gli archetipi di NBA 2K18 e il “grand badge” di 2K17 erano idee interessanti, per quanto eseguite male.

Che ci crediate o no (io ancora stento a crederci e ho già messo insieme un numero vergognoso di ore di gioco), è esattamente questa la base su cui è nato NBA 2K19, nonché il motivo per cui quest’anno ho preferito recensire il gioco a caldo, invece di aspettare qualche settimana e una mezza dozzina di patch. Perché, nonostante la disillusione dovuta alla vergognosa annata passata, ogni singola notizia, ogni singola indiscrezione, ogni singolo annuncio, tweet, trailer che ha accompagnato le settimane precedenti all’uscita diceva la cosa giusta e rendeva difficile tenere basse le aspettative.

Sia chiaro: come tutti i giochi annuali, ha ancora qualcosa da mettere a posto, ogni tanto crasha, alcune modalità funzionano solo a tratti, ma NBA 2K19 out of the box è davvero un gran gioco.

Dalla Cina con furore, la nuova modalità MyCareer

Era da quando la porzione pre-NBA della modalità carriera era solo una partitella di valutazione con gli altri rookie, passando per la pacchiana storia di Frequency Vibrations firmata Spike Lee, e soprattutto ignorando l’assurda e inutile storyline di NBA 2K18, che aspettavo un MyCareer così.

Quest’anno partiamo dal campionato cinese, circondati da allenatori, compagni e commentatori televisivi (bel tocco da parte del dev team) che parlano una lingua incomprensibile, perché il nostro personaggio ha deciso di tentare la strada del draft NBA al momento sbagliato, gli è andata male e si è trovato costretto a ricostruirsi una credibilità nel mondo del basket.

NBA 2K19: Il preludio, giocabile gratuitamente su PlayStation 4 e Xbox One

Le nostre prestazioni in Cina (quasi sicuramente ottime, perché questa porzione del gioco è ad un livello di difficoltà accessibile anche a vostra nonna) ci permetteranno di fare un passo verso il Nirvana della NBA, facendoci guadagnare una chiamata da una squadra della lega di sviluppo, e le nostre prestazioni nel cuore dell’Indiana determineranno quante e quali franchigie NBA saranno interessate ad assicurarsi i servizi della nostra controparte virtuale. Il tutto, finalmente, condito da cutscene ben scritte e ben recitate, con nuovi (e vecchi, ma non faccio spoiler) compagni e antagonisti e senza una improbabile linea comica, nel caso questo sia qualcosa che cercate in un videogioco. In alternativa, le cutscene sono skippabili, cosa che potrebbe non risultare così degna di nota ai più, ma chi ha giocato ad NBA 2K18 mi capirà.

Tranquilli, è uno screenshot di NBA 2K18. B-Fresh non è più tra noi, ed è un evento da celebrare.

Una volta nella NBA, la storyline passa in secondo piano, limitandosi a cutscene “di servizio” con sponsor e leggende del basket, senza però raggiungere i livelli di fastidio del passato. Quel che conta è ciò che facciamo in campo e nel Neighbourhood.

Già, il Neighbourhood, la grande novità di NBA 2K18, che aveva esaltato tanti al momento dell’annuncio, per poi riportare tutti sulla terra quando si è capito che sarebbe stata solo un elaboratissimo menu, in cui selezionare un’opzione richiedeva 2km di jogging.

Più varietà, più colori, più eventi e minigiochi nel Neighbourhood di 2K19.

2K ha promesso di non cadere nuovamente nelle brutte abitudini che hanno reso noioso il precedente capitolo. In NBA 2K19, si può giocare al parco in ambientazione diurna o notturna, i campi non indurranno più alla depressione col loro grigio spento per tutto l’anno ma cambieranno regolarmente, sono stati introdotti gli obiettivi giornalieri e migliori ricompense per i livelli più alti (parliamo anche di NBA 2K20 gratuito per chi raggiungerà 99 in tempi relativamente brevi), oltre a nuove modalità per passare il tempo, come le gabbie Under Armour poco velatamente ispirate allo Slamball o il Dodgeball con cui prendersi a pallonate in giro per il quartiere… perché qualche mese fa scherzavo col Bellotta riguardo alla possibilità di inserire una modalità Battle Royale anche in un videogioco sportivo, ma l’hanno fatto veramente.

Non saranno certo queste le novità che determineranno il successo o meno di NBA 2K19, ma sono certamente apprezzate. Ma la novità che farà sicuramente contenti tutti è la minore dipendenza dalle microtransazioni, affiancata da un aumento delle quantità e dei modi per ottenere VC in game, senza dover necessariamente vendere un rene. Anche perché è l’unico rimasto, visto che l’altro l’abbiamo venduto l’anno scorso.

Il Re del Dodgeball si bulla davanti ai suoi sudditi (ho vinto il primo Dodgeball sul server EU e non vincerò mai più, ovviamente).

MyTeam a modo mio

Il risveglio della modalità MyTeam è stato il primo segnale del risveglio di 2K. Quando l’azienda californiana ha visto scendere vertiginosamente i suoi utenti giornalieri, complice l’esplosione di Fortnite, qualcuno deve essersi reso conto che abbandonare un gioco a sé stesso non è una buona idea, al giorno d’oggi. Verso la fine del ciclo di 2K18, tanti nuovi contenuti hanno iniziato a fare capolino, anche se solo sotto forma di nuove carte, viste le limitazioni del gioco.

Il trailer MyTeam di NBA 2K19. Però potevano degnarsi di tradurre le scritte, eh.

NBA 2K19 continua a percorrere questa strada, introducendo o reintroducendo motivi per avviare l’applicazione sulla nostra console giorno dopo giorno.


È stata esaudita la richiesta della community di reinserire una modalità 3 contro 3, più veloce ed arcade e meno stressante per chi punta a giocare tanto per allargare la propria collezione di carte senza dover vendere un rene, perché, come dicevo sopra, uno ce n’è rimasto. Sono state promesse più sfide e più frequenti e le modalità standard sono sempre lì. Ci saluta la modalità Draft, a cui l’anno scorso giocavano in tre, e per quanto i primi due potessero apprezzarla, il terzo se ne stava lì in un angolino ad annoiarsi senza un avversario.

Ci sarebbe anche un torneo single-player con 250.000$ di premio, ma anche stavolta ai videogiocatori italiani non è permesso partecipare, e inizio a pensare che il processo burocratico richiesto dall’Agenzia Dogane e Monopoli dello Stato per questo tipo di iniziative c’entri qualcosa.

La migliore modalità a cui nessuno gioca

Non è vero che nessuno gioca al MyLeague (e ve lo dico subito, parlo di MyLeague e MyGM insieme perché sono due modalità molto simili, con qualche cutscene di differenza), c’è un’intera sotto-community di persone che si sparano stagioni su stagioni, chi per riportare una nobile decaduta ai fasti di un tempo, chi controllando direttamente tutte e 30 le franchigie come una specie di Commissioner virtuale, chi creando campionati di fantasia.

Per quanto quella che un tempo chiamavamo modalità “Associazione” abbia assunto un ruolo secondario da quando il gioco online ha preso il sopravvento, queste modalità sono sempre state il campo in cui la serie NBA 2K era un passo avanti a tutti, alzando anno dopo anno l’asticella per tutti i videogiochi sportivi, FIFA compreso.

MyLeague era già la modalità stagione più completa, profonda e coinvolgente di tutto il panorama dei videogiochi sportivi, anche nella travagliata annata passata. Dalla giocabilità regolabile e completamente personalizzabile, alla gestione completa di ogni aspetto di una franchigia NBA, alla possibilità di cambiare le regole della pallacanestro esattamente con lo stesso processo utilizzato nella vita reale, c’erano abbastanza opzioni da avviare un attimo una lega, così tanto per provare, e rendersi conto che “domani” esce il nuovo capitolo della serie 2K e ci siamo distratti un anno intero.

Mancava solo una cosa: che tutto ciò fosse disponibile anche online.

Ora lo è, devo dire altro?

“Don’t play videogames, play basketball”

Una delle cose che apprezzo di più del team di sviluppo di NBA 2K è il fatto che diversi membri vengano dalla community. Solo qualche anno fa erano utenti come me e poi hanno mostrato di avere le competenze necessarie per diventare sviluppatori del gioco.

Uno di loro, conosciuto come Da_Czar, il “Presidente della Sim Nation”, è di gran lunga il mio preferito. Non so se per la sua somiglianza con lo Zio Phil di freshprinceiana memoria, per la risata o semplicemente perché so che tra i dev c’è uno che vede il gioco esattamente come lo vedo io. Fatto sta che alla fine dei suoi video, che ogni tanto ancora spuntano su YouTube, è solito salutare con quel motto che adoro: “Non giocate ai videogiochi, giocate a basket”.

Di solito, la partita “demo” è fatta con le squadre finaliste della stagione precedente, ma avete presente quanto sono tristi i Cavs senza LeBron?

NBA 2K ha (sempre avuto) una profondità di gameplay ed I.A. impressionante, ed è un peccato vederlo svilito dai caproni che prendono il controller in mano in cerca di quel paio di difetti da sfruttare Ogni Maledetta Azione. In un gioco complicato e allo stesso tempo semplice come la pallacanestro, lo skill gap dovrebbe trovare il suo fulcro più nella testa del giocatore che nei suoi pollici. Non che l’effettiva abilità con gli stick non debba importare, ma non può essere l’unica discriminante. Allen Iverson era estremamente veloce ed abile nel controllo di palla, ma non diventi MVP in NBA quando sei alto 1,80, se non hai qualcosa di speciale in mezzo alle orecchie. Jordan era Jordan, ma non segni 20 punti a partita a 40 anni, se non capisci il gioco su un piano superiore rispetto a tutti gli altri. E Larry Bird… ragazzi, Larry Bird aveva il fisico del mio salumiere.

Prima che mi perda in un’infinita lista di esempi (l’ossessività di Kobe, la memoria eidetica di LeBron, la dedizione di Tim Duncan… ), vengo al punto: il gioco a cui ho giocato in questi primi giorni è esattamente quello. Collegate il cervello ai pollici e avrete successo in NBA 2K19. Se nei precedenti capitoli lo skill gap puntava semplicemente ad escludere i peggiori, consentendo a tutti gli altri, dai mediocri in su, di competere con tutti, migliori compresi, quest’anno l’indirizzo sembra essersi invertito. Questo è il primo 2K della nuova generazione in cui si può entrare in campo e capire nel giro di pochi minuti chi sa cosa sta facendo e chi farebbe meglio a darsi ad Ippica Simulator™.

Il primo impatto è stato complicato per tanti, ma gli appartenenti alla prima fascia non hanno avuto bisogno di troppo tempo per fare i primi passi di questa learning curve. Se venerdì erano tante le voci che chiedevano di diminuire la frequenza di palle rubate e intercettate, tanti hanno creduto che il gioco fosse stato segretamente patchato nel weekend, e invece stavano semplicemente iniziando a capire come funziona La Pallacanestro. E Da_Czar, che in passato non si è mai nascosto quando c’era da ammettere gli errori commessi, ha ritenuto importante streammare di prima mattina per farci sapere che secondo lui non c’è bisogno di patchare il gameplay. Persino gli aspetti più arcade, come lo shot meter e il Takeover, che in passato hanno portato al crollo l’equilibrio del gioco (lo so che il Takeover è considerato nuovo, ma a conti fatti è un’evoluzione riveduta e corretta del Grand Badge di 2K17), funzionano in modo corretto.

In conclusione, se nell’ultimo paio d’anni di NBA 2K era perfetta la metafora dello studente intelligente ma che non s’impegna, quest’anno lo studente si è impegnato, ha studiato un sacco e alla prima verifica dell’anno prende un votone.

Ora bisogna solo sperare che i compagni non gli facciano scoprire le Sigarette Che Fanno Ridere, mandando a rotoli un altro anno.

Ho giocato a NBA 2K19 su PlayStation 4 grazie a un codice per il download fornito dal distributore italiano. Ho giocato per circa XX ore* tra MyCareer, MyTeam e MyLeague, con un occhio di riguardo per MyCareer e le sue sotto-modalità. NBA 2K19 è disponibile su PC, PlayStation 4, Xbox One nella versione qui recensita. Esistono comunque anche versioni Switch e iOS. Come al solito, se acquistate il gioco (o qualsiasi altra cosa) su Amazon passando dai seguenti link, una piccola percentuale di quello che spendete andrà a noi, senza alcun sovrapprezzo per voi. Se volete procedere su Amazon Italia dirigetevi qui, se preferite Amazon UK puntate qui.

*L’effettivo numero di ore è stato oscurato per proteggere l’immagine pubblica dell’interessato.

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