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Evercade, ma quanto mi costi?

Evercade, ma quanto mi costi?

La tranquillità dell'infanzia fu per me turbata da una tempesta perfetta che nel mondo materiale assunse la forma della decisione, assunta da mio papà, di iscrivermi, per le scuole medie, a una scuola privatissima nel centro di Como.

Nel giro di tre mesi la mia giornata – rectius: vita - cambiò drasticamente.

Fino al giugno dell'85 la vita scorse quieta, nella placida routine delle colline lecchesi: sveglia alle 8, a scuola fino alle 12.30 pranzo, compiti e dalle 15 – al più tardi - via a giocare. Se fuori, a calcio o in bici, se in casa con il Commodore 64 o a ping-pong. Un giorno dopo l'altro, coi miei amici, gli stessi dell'asilo. In prima media: sveglia alle 6 e rientro in casa, a volte coi compiti da fare, alle 18.40. Tre ore di viaggio al giorno tra andata e ritorno. AH LOL martedì e giovedì "CIAVEVO CALCIO" al paese per cui tornavo in casa dopo le 20. Scuola nel delirio urbano di Como, i compagni di classe erano o fighetti allucinanti o ragazzini veramente hardcore di tutte le valli attorno al lago, che in qualche caso giravano già con le lame in tasca, e tra loro, dal basso del mio metro e quaranta, dovetti ritagliarmi uno spazio utile alla sopravvivenza.

Fu un’esperienza formativa interessante, nella quale, per gestire i rapporti con i professori e compagni, imparai a coltivare l’arte dell’uso attento e ponderato delle parole, che presto mi rivelarono il loro potere misterioso. C’è però un tema che è rimasto aperto: benché in collegio si potesse giocare a calcio o a ping pong, il desiderio vulcanico di videogiocare rimaneva oscenamente insoddisfatto, ed è stato solo scalfito dalle estati e dai pomeriggi delle superiori spesi nelle due sale giochi cittadine.

Di colpo, per tutti i tre anni delle medie, non ebbi più tempo per giocare ai videogiochi. Compravo le riviste (Zzap! e quelle allegate alle compilation da edicola) e le leggevo sul pulmann del ritorno, bramando la domenica mattina per riuscire a giocare a qualcosa. Posso esse ancora ‘n po’ incazzato pe’ sto fatto?

Ora mi direte: “ma questo che vuole”? Domandare è lecito e rispondere è cortesia: voglio spiegarvi come è stato - e sarà - facile per i ragazzi di Evercade spillarmi centinaia e centinaia di Euro. Dovrei controllare ma ho comprato, negli anni, tre console e almeno una trentina di cartucce. Nel caso in cui fosse sfuggito, Evercade è stata lanciata nel 2020 nella forma di console portatile con uno slot cartucce. Le cartucce sono in formato proprietario e contengono ROM di classici e meno classici, oltre che, in rari casi, giochi contemporanei.

L'idea è sballata (ti vendo una cartuccia con le rom per giocare in emulazione) e la prima console era sballatissima (schermo e materiali pessimi). L'hardware pian piano l'hanno sistemato. L'idea resta fallata.

Eppure.

Vista la continua offerta di nuove console (abbiamo una nuova portatile, una console fissa in molteplici versioni e in questi giorni esce un piccolo cabinato griffato CAPCOM, una versione a tema Street Fighter e un’altra a tema Mega Man) e la valanga di cartucce che si rendono disponibili senza soluzione di continuità non sono necessariamente l'unico a pensare che il tutto, incredibilmente, funzioni. Incredibilmente perché, di fatto, si paga per avere un'esperienza più limitata di quella offerta gratuitamente da un Retroarch qualsiasi (certo, l’esperienza è anche legale nel caso di Evercade, il che potrebbe non essere indifferente).

Però.

Mi danno in mano qualcosa. Una confezione, una cartuccia, un manualetto! Forse funziona perchè sono fallato io come è fallata l'idea però a me basta guardare quest'immagine e galleggio sulle endorfine a la Toobin'.

Uno dei sintomi della mia condizione menomata è che penso seriamente che l'unico neo vero sia l'assenza di paddle per i giochi Atari e dei controller replica di quelli ufficiali per l'emulazione Intellivision. Giocare a un miracolo come Tower of Doom senza il suo controller è un delitto. All'inizio pubblicavano solo raccolte di giochi per console casalinghe, poi sono arrivate anche raccolte per home computer (ah! La triade delle cartucce per C64) e anche originali arcade, spaziando da inizio anni Ottanta a fine anni Novanta (bellissima la retrospettiva dedicata a Toaplan, in quattro cartucce).

L'emulazione per i miei standard è impeccabile e l'esperienza rapida e totalmente hassle free. Di questi quattro anni - oltre al patetico accumulo feticistico - ho ricordi legati all'aver giocato sia a un bel po' di roba che mi ero perso negli anni - gemme tipo River City Ransom o The Combatribes - sia aver finito giochi affrontati in modalità casual da ragazzino (parlo con te, Bruce Lee), perchè quella roba di finire i giochi è arrivata tardi.

Cosa si potrebbe fare di meglio: delle belle cartuccione dedicate a un solo gioco (Doom o Lemmings o Wipeout o Kick Off 2 o Pac-Land o Ghost’n Goblins o Turrican) contenente però tutte o almeno tante delle versioni pubblicate di quel gioco per i sistemi più disparati.

Pensa una bella cartuccia dedicata a Ghost‘n Goblins versione arcade, versione C64, versione SNES, e via… Magari con la possibilità di passare dall’una alle altre mentre si gioca. Sarebbe sicuramente difficile e costoso per via della moltitudine di licenze necessarie, ma sognare non costa niente. Pure questo è un fetish che arriva dritto dalle riviste di quegli anni, con tutti gli screenshot comparativi tra le varie versioni.

Anche una bella cartuccia dedicata a Lemmings con un mouse ufficiale non mi dispiacerebbe, in effetti. Scrivendo, mi rendo conto di come questo contributo sia sostanzialmente inutile, se non come modulo gratuito di autoanalisi. Chi doveva cadere nella trappola ci è già quasi sicuramente caduto e la mia esperienza è così personale che è difficile condividerla in modo costruttivo.

Posso solo dire che se mi guardo dentro e vedo un angolino dell'anima un po' più sereno di come potrebbe essere, è anche grazie al chill di una sessione all'Evercade - domenica mattina, mentre tutti dormono – magari al biathlon di Winter Games, con le scatolette e i manuali.

È abbastanza.

Questo articolo fa parte della Cover Story dedicata alle spese pazze che affrontiamo (o non affrontiamo) per le nostre passioni, che potete trovare riassunta a questo indirizzo qui.

Apologia del videogiocatore pigro

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