Giuseppina e Goku, due facce dello stesso capitale
Fra le polemichette di inizio 2023, la più interessante – per quant’è paradigmantica di parecchie dinamiche, giornalistiche e sociali innanzitutto – è stata quella su Giuseppina, la bidella costretta al pendolarismo tra Napoli e Milano a causa del caro affitti che riguarda le città più sviluppate – e dunque soprattutto Milano, motore economico e capitale morale di questo Belpaese.
La faccenda di Giuseppina rientra in quella casistica dello ‘strano ma vero’, notizie troppo belle per essere vere, e infatti dopo non molto si è scoperto come la storia non fosse proprio come l’avevano raccontata – forse Giuseppina la pendolare l’ha fatta ma per un paio di giorni, forse è in congedo, o forse c’ha la 104, boh. Ma che sia fondata o meno mi importa poco.
A interessarmi sono state le reazioni al suo caso, divisibili grossomodo nelle seguenti categorie: c’erano gli avveduti, presenti perlopiù su Twitter e che sottolineavano come fosse meglio prendersi un monolocale a Piacenza con 500 euro e spenderne poi un centinaio, sui 1000 totali guadagnati ogni mese, in un abbonamento del treno per restare sì pendolari ma su tratte più compresse; c’erano poi i fatalisti, gente che ha letto Realismo capitalista di Mark Fisher – o, nel caso specifico, Città ribelli di David Harvey – ed è dunque così depressa e disoccupata da prodigarsi al massimo in prese per il culo e meme più o meno caustici nei confronti di Stefano Boeri, milanesissimo architetto autore di panchine per giganti e boschi verticali; ma i miei preferiti sono i razionalisti, quelli che “con tutto quel tempo che passa in viaggio, chissà quante serie tv può guardarsi”. O quanti libri può leggersi, con dieci ore di treno al giorno.
Purtroppo per i razionalisti la risposta è “molto poche”, nel senso che l’accumulo di stress e distrazioni durante viaggi del genere mandano a farsi benedire parecchie cose, tra cui la soglia dell’attenzione, come spiega bene questa vignetta di Mario Natangelo, che peraltro riassume la faccenda molto meglio di quanto abbia fatto io.
C’è però una persona che riuscirebbe a ottimizzare al meglio tutto quel tempo passato in viaggio, e il suo nome è Goku.
L’episodio dovrebbe essere noto anche a chi Dragon Ball l’ha seguito poco: Freezer e i suoi sgherri sono sul pianeta Namecc alla ricerca delle Sfere del drago, e come loro anche Vegeta e il gruppo di terrestri composto da Bulma, Crilin e Gohan. I rischi sono alti e così, dopo essersi ripreso dalle ferite dell’ultimo scontro, Goku parte in direzione di Namecc a bordo della navicella costruita dal padre di Bulma. Ci vorranno sei giorni per arrivare a destinazione, tempo che il nostro eroe impiegherà allenandosi con la macchina gravitazionale presente nell’astronave. In meno di una settimana, Goku arriverà a muoversi con agilità persino con una gravità fino a cento volte superiore rispetto a quella terrestre, la base di partenza che gli permetterà in seguito di trasformarsi in Super Saiyan.
In quei giorni Goku dorme, fa il coglione e probabilmente si masturba pure, ma pensa soprattutto ad allenarsi. E non c’è da stupirsi: il suo è il mindset vincente, indispensabile per battere Majin Bu o per far quotare la propria start-up in borsa.
Dunque non è un caso che alcune interpretazioni di Dragon Ball leggano Goku come una specie di riproduzione in versione manga del self-made man, figura mitologica in grado di arrapare anche il liberale più algido: il nostro protagonista è stato infatti abbandonato dal padre, Bardock, perché considerato troppo debole. Indegno della razza Saiyan, viene così spedito sulla Terra dove crescerà in solitudine fra le sperdute campagne giapponesi; col solo duro lavoro, e a dispetto di tutto, riuscirà a diventare il guerriero più forte dell’universo (7). Un mindset vincente, appunto, che Goku mette ben in mostra durante il sopracitato viaggio verso Namecc: non ci pensa nemmeno per un attimo al fatto che una volta arrivato a destinazione incontrerà un combattente così potente da terrorizzare persino Vegeta, l’avversario che l’ha appena mandato in terapia intensiva. A Goku non importa nulla, tant’è che per tutto il viaggio si allena e basta, senza troppe elucubrazioni.
Ma è proprio questa assenza di pippe mentali – pressocché totale dalla saga di Bu in poi – che mi fa pensare, al contrario, che Goku potrebbe essere quello che più disgusta i liberali, ovvero un sottoproletario.
Come la moglie Chichi sottolinea spesso, Goku è un disoccupato cronico, uno che non ha mai lavorato in vita sua, talmente debosciato da disinderessarsi persino alle pratiche per ottenere il reddito di cittadinanza. Non contribuisce alla società, non produce, l’unico modo in cui riesce a dar senso alle sue giornate è ingozzandosi fino a scoppiare o menando le mani. Dice che vuole difendere l’umanità, ma in fondo non gliene importa manco così tanto; in fondo, quanto bene avrebbe potuto fare col solo utilizzo delle Sfere del drago? Per fermare il cambiamento climatico, o trovando la cura al cancro; ma niente, a Goku non importa neanche della gloria che potrebbe acquisire di riflesso, come si percepisce dalla poca importanza che dà a Mr Satan, l’uomo che si è preso i meriti di una delle sue tante imprese.
La prova che a Goku non importa di nulla, se non trovare qualcuno più forte da corcare di mazzare, la vediamo proprio nella saga di Namecc, in occasione dell’invasione di Freezer.
Bianco, nobile, ricco, razzista e pure basso, Freezer è la rappresentazione fatta ad alieno dell’imperialismo, ovvero “la fase suprema del capitalismo”, per citare il noto libro di Lenin. Quando arriva su Namecc, il pianeta si sta riprendendo dopo qualche secolo da una crisi climatica che l’ha quasi distrutto. I suoi abitanti si occupano della terra, non fanno sesso, vivono in equilibrio organizzati all’interno di villaggi asettici, non mangiano nemmeno e bevono solo acqua, insomma, dei veri comunisti e per di più verdi – che credo sia anche peggio dell’essere neri, in quell’universo lì.
Tutti buoni motivi per essere sterminati senza pensarci troppo dal punto di vista di Freezer. A Goku però non importa un granché di tutto questo, neanche quando l’avversario lancia la sfera energetica che distruggerà il pianeta. E nemmeno il nazionalismo fa presa su di lui come dimostra Vegeta che, in punto di morte, prova a tirargli fuori la cazzimma giusta per eliminare Freezer, parlandogli di come quest’ultimo abbia sterminato la loro razza.
Giuseppina non potrà mai essere come Goku. Altrimenti, invece che arrendersi al pendolarismo, come minimo utilizzerebbe il teletrasporto.
Questo articolo fa parte della Cover Story dedicata allo spazio, che trovate riassunta a questo indirizzo.