International Superstar Soccer Pro: welcome to another great game of football! | Racconti dall'ospizio
Racconti dall’ospizio è una rubrica in cui raccontiamo i giochi del passato con lo sguardo del presente. Lo sguardo di noi vecchietti.
Non mi sono mai interessato al calcio fino all’estate del 1998, quella del Mondiale francese. Prima di allora, lo sport preferito dalla quasi totalità degli italiani mi era sempre rimasto indifferente, e non riuscivo ad afferrane la dimensione quasi “religiosa” tanto evidente ai miei connazionali. Le cose divennero più chiare proprio durante quel Mondiale caratterizzato dalla staffetta Baggio-Del Piero citata anche da Aldo, Giovanni e Giacomo in Così è la Vita, e finito ai rigori contro i “galletti”; quella fu la mia iniziazione al mondo del pallone.
In preda alla mia nuova foga, non potevo certamente sottrarmi al rito delle simulazioni calcistiche via PlayStation, console che in quel lontano 1998 era presente in (quasi) ogni salotto italiano. La scelta del gioco, dopo accurate analisi sulle riviste dell’epoca, ricadde su International Superstar Soccer Pro, meglio noto come ISS Pro.
Il titolo sviluppato da Konami (in quegli anni garanzia di qualità tanto quanto Square e Capcom) funzionava così bene soprattutto in via dell’estrema immediatezza, che accoglieva il giocatore a partire dalla fase preparatoria del match fino al cuore del gioco. Bisognava semplicemente scegliere la nazionale, lo schema e il livello di difficoltà, oltre a qualche opzione accessoria come le condizioni meteo e lo stadio; dopodiché si scendeva in campo e via. “Welcome to another great game of football!”, urlava con grinta il telecronista inglese (altro punto di forza che ho sempre trovato mille volte più coinvolgente dell’alternativa in italiano presente in FIFA). A quel punto, c’era solo da giocare, perlopiù gestendo la catena di passaggi che avrebbe permesso all’attaccante di turno di infilare il pallone in saccoccia. I modi in cui poter andare a gol in ISS Pro non erano tantissimi, ma in compenso davano moltissima soddisfazione. Quello più semplice era senz’altro il passaggio filtrante nei pressi dell’area di rigore; a seguire c’erano il rasoterra dell’attaccante, il classico colpo di testa su calcio d’angolo e il tiro dalla distanza, che, se eseguito con particolare forza finiva per lasciare di sasso il portiere.
Detto questo, al netto dell’elevata qualità, all’epoca i vari Winning Eleven (come era nota la serie in Giappone) venivano tradizionalmente superati nelle vendite dal rivale storico, FIFA, che poteva vantare la licenza per le squadre di club e i nomi originali dei giocatori (quando dall’altra parte ci si doveva accontentare di succedanei come “Coliuto”, “Galfano” e “Riggio”), oltre a una serie di elementi di contorno che facevano gola all’utente medio come la colonna sonora supercool con dentro pezzi dei Chumbawamba o dei Blur. Eppure, tolti tutti gli orpelli, di sostanza nei calcistici targati Electronic Arts ce n’era era poca, perlomeno in quegli anni.
A livello di qualità, in molti hanno cercato di usurpare il trono di ISS Pro , ma nessuno fra i vari This is Football, Libero Grande e Bomba ’98 è riuscito a spodestare dal trono la simulazione calcistica targata Konami; simulazione che di lì a qualche anno si sarebbe evoluta nel Pro Evolution Soccer che tutti conosciamo.
Questo articolo fa parte della Cover Story pallonara, che potete trovare riassunta a questo indirizzo.