Outcazzari

La montagna di Journey

La montagna di Journey

Non so se sia corretto definirmi fan della prima ora di thatgamecompany, fosse anche solo perché i miei ricordi di Flow sono piuttosto vaghi. Posso però dire che quando quel loro primo, affascinantissimo, gioco arrivò su PlayStation 3 io c’ero, ricordo chiaramente di averci giocato e pasticciato nella redazione di PSM, relativamente poco prima di andarmene. Quanto ci giocai? Non lo so, non ricordo, però sicuramente il gioco mi colpì e infatti, al giro successivo, mi presentai prontissimo.

Nel 2009, mi lanciai fortissimo su Flower e lo recensii per Videogame.it. O si chiamava ancora Nextgame? Non ricordo. Mamma mia, quanti colpi sta perdendo la mia memoria. Comunque, ricordo chiaramente di averlo abbracciato e adorato alla follia. Vorrei poterne linkare la recensione, ma quel sito è scomparso come lacrime nella pioggia e la Wayback Machine non mi aiuta. Sigh.

Alla fine di febbraio del 2012, il lavoro su quel sito là era ormai già un distante ricordo. E Outcast si stava trasformando da “semplice” podcast alla versione primordiale di ciò che è ancora oggi. Journey lo attendevo con ansia da un pezzo, e conservo ancora con affetto il ricordo di quando, l’anno prima, avevo assistito a quella bella presentazione del gioco a Colonia, con [anonimo] che s’era fatto maltrattare da Jenova Chen a causa delle sue domande cretine. Il codice per scaricare e recensire Journey si manifestò quando mi stavo preparando a partire per la Game Developers Conference ma non potevo certamente esimermi. Lo arraffai, lo infilai e mi misi a giocare in modalità flebo e catetere. Dovevo recensirlo per Gamesvillage, se non mi perdo nulla, e in seconda battuta appunto per Outcast, che nel momento in cui stavo già giocando non aveva ancora subito la trasformazione. La accelerammo tra l’altro apposta per poterci essere con la GDC, Journey, PS Vita e altre cosette di quel momento. E infatti, me lo ricordo abbastanza chiaramente (ne sono assolutamente o forse), lanciammo il sito ai primissimi giorni di marzo, il 3 partivo per San Francisco e la recensione per Outcast la scrissi in aereo. Credo. Mamma mia, gente, se potete, evitate di invecchiare.

Comunque, me lo ricordo che esperienza incredibile fu giocare a Journey, tuffarmici, pattinare sulle onde di sabbia, esplorare quel mondo, scoprire le dinamiche e i suoi piccoli segreti. Mi ricordo quanto mi coinvolse e mi affascinò, quanto ci rimasi appiccicato senza staccarmene per un istante o giù di lì. Il ponte crollato su cui arrampicarsi, quella parte tutta sotterranea col serpentone inquietante, i dipinti che raccontavano di civiltà scomparse, gli incontri con altri giocatori che potevano spaziare fra il malinconicamente irresistibile e il rompicoglioni, quella luce distante da inseguire e quelle stelle cadenti che filavano sopra alla testa, il frullato di idee, spunti, suggestioni, omaggi, rielaborazioni, la quantità di cose che col senno di poi han fatto scuola e segnato un prima e un dopo.

E poi lei, la montagna.

Me lo ricorco chiaro e netto, arrivarci, iniziare a salire, l’aumento costante di intensità e difficoltà nel movimento, il vento contrario, la neve, la fatica, la musica che sale e spinge l’emozione… Se già tutto il gioco mi aveva lasciato a bocca spalancata e carico di emozioni, quella sequenza lì mi fece esplodere un bubbone emotivo che s’era accumulato e non ci stavo veramente capendo più nulla. Me lo ricordo anche perché mentre ero là che mi arrampicavo sconvolto, mia moglie arrivò a casa dal lavoro, appoggiai il pad e andai ad accoglierla. Vide l’espressione che avevo stampata in faccia, gli occhi gonfi, e quasi si preoccupò, mi chiese che cosa stesse succedendo.

E niente, stava succedendo che un videogioco mi aveva travolto e l’aveva fatto in una maniera all’epoca così rara, oggi magari un po’ meno rara. Ed era, col senno di poi, un momento importante, un piccolo punto di svolta, un qualcosa che urlava fortissimo che era possibile fare qualcosa di diverso e di significativo con i giochini, anche se, sempre col senno di poi, quell’eredità thatgamecompany l’avrebbe abbastanza consegnata altrove per non riuscire più a sfiorarne la magia.

Che momento pazzesco.

Questo articolo fa parte della Cover Story dedicata ai "Momenti memorabili", che potete trovare riassunta a questo indirizzo qui.

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