Ludophìlia #31 – L'amore ai tempi di GT Legends (Gran Turismo è il colera)
Ludophìlia (con l’accento così) non è una malattia venerea, ma una rubrica di approfondimento che corrobora mente e joypad, curata da uno che l’avrebbe addirittura voluta intitolare “I Love Naomi Kyle”.
Al diavolo le oziose pomposità di Forza Motorsport! Altro che quell'approssimativa sciocchezza nipponica di Gran Turismo! Fanculo il tuning, i festival, il voyeurismo automobilistico, il NOS e tutto il resto. GT Legends, in vendita su Steam per meno di cinque miseri euro, è per me da principio un nuovo Nautilus del guidare virtuale. Risponde a un gusto del romantico in senso magico.
Ciò che offre il prezzo fisso della compagnia del vapore è piuttosto una filosofia che un racing game. È visibilmente esaltazione della lamiera, del metallo, dei vetri e della radica di noce. È per questo che in esso, più che la sostanza, interessano le giunture, i cruscotti, i piccoli display posticci e gli abitacoli rudimentali. Con il simulatore di SimBin, in pratica, si passa da un ordine della propulsione artificiale a un ordine del movimento, da un ordine del motore a uno dell'organismo.
Se fino a ieri la guida elettronica superlativa dipendeva prevalentemente dal bestiario dell'apparenza, con GT Legends diventa più spirituale e più oggettiva, un cimento serio, profondo, esistenziale, una questione d'orgoglio e orologio. Una disciplina, insomma, più casalinga e più vera, meglio intonata a quella sublimazione dell'utensilità che oggi si ritrova nella nostra economia domestica.
Il cruscotto della vettura somiglia più alla cucina della nonna che a una centrale di lancio a Cape Canaveral: le lamelle sottili di lamiera opaca (Alfa Romeo GTA), ondulata (AC Cobra), le levette coi pomelli lignei (Mini Cooper S), i quadranti molto semplici (Ford Escort RS), la stessa discrezione delle parti nichelate (De Tomaso Pantera). Tutto questo significa una sorta di controllo esercitato sul movimento, concepito come epopea più che come prestazione.
Anche se la comunità videoludica - che ha in sospetto qualsiasi racing game poco scintillante e al di sotto dei proverbiali sessanta fotogrammi al secondo - è ancora chiusa in tutta una mitologia anti-intellettualistica, come se Yamauchi o Greenawalt fossero gli unici depositari della (vana) bellezza a quattro ruote, è proprio la guida intellettuale per eccellenza, il distinguo, a caratterizzare tutta la nuova adrenalina di cui c'è bisogno oggigiorno.
Con GT Legends, la guida virtuale, scesa dal suo cielo ludico e applicata al reale, ridiviene progressiva.
E quando GT Legends finisce, comincia il vero problema (e tutti i mille mod disponbili): la sua bontà è legata ai modi in cui si realizza e i suoi modi sono solidali con il mondo intero, di conseguenza nessun altro racing game (Assetto Corsa e GP Legends esclusi) può mai essere altrettanto (o anche solo vagamente) buono. Peccato che i "giovini" non guidino più GT Legends. Vi troverebbero una disciplina che sa far partire un problema dal punto in cui loro credono di averlo risolto con le loro moderne stronzate.
A loro auguro di poter ritornare, un giorno, al 2005.