Project Zero: Maiden of Black Water - Ciri-piri-pì, muori!
Quindici anni sul groppone non sono certo pochi per una serie videoludica, e quella di Project Zero – Fatal Frame in USA – ritorna in Europa dopo un quarto episodio mestamente confinato in terra nipponica. Con il supporto di Nintendo, che ne ha acquisito la proprietà intellettuale nel 2012, Koei Tecmo propone un quinto capitolo crudo, inquietante, che per l’efferatezza di molte scene e una certa enfasi posta sull'erotismo generale, è forse l’episodio più adulto dell’intera saga. Ovviamente non bastano qualche vestito bagnato che delinea le forme delle protagoniste o diverse uccisioni violente a rendere maturo un gioco. Project Zero: Maiden of Black Water è un titolo duro, glaciale, spaventoso, adagiato forse su qualche cliché di troppo, ma comunque in grado di delineare un racconto oscuro e terrificante. La mancata localizzazione in italiano potrebbe essere un problema per chi volesse cogliere appieno tutte le sfaccettature della narrazione, tuttavia il corpo ludico rimane poderoso e ben saldo al centro della produzione, scongiurando eventuali dipartite per i meno anglofoni.
La storia prende forma lentamente attraverso gli occhi dei tre protagonisti: lo scrittore Ren, la giovane Miu e la sensitiva Yuri. C'è anche un quarto personaggio nascosto, ben noto ai fan della software house nipponica, ma anche se è un segreto di Pulcinella, mi atterrò al sacro codice dell'anti-spoiler, non facendone alcuna menzione in questa sede. Oltre alle tragedie del monte Hikami, la ricerca di amici, parenti, verità sepolte e segreti inenarrabili, Project Zero Maiden of Black Water affonda compiacente in quel folklore tipicamente nipponico di cui l'opera è completamente intrisa, inanellando una serie di eventi e scenari tipici del genere. Tuttavia, la vera novità, strombazzata più volte in sede di anteprima, è nell'utilizzo del GamePad.
Reale estensione delle nostre braccia, il controller Nintendo funge da tecnologico simulacro della Camera Obscura. Quando i fantasmi palesano la loro presenza, è necessario puntare il pad verso la TV e premere l'immaginario otturatore (il tasto X) per inquadrare il nemico. I tempi di esposizione prolungata, e relativi danni, sono incentivati da una carica che aumenta col tempo. Con il dorsale sinistro è anche possibile fissare alcuni punti chiave, per poi colpire un gran numero di bersagli con un unico scatto. La formula è la stessa dei precedenti capitoli, con una camera obscura da potenziare tramite i punti esperienza e la ricerca di indizi spesso legati all'aldilà e svelabili solo tramite le immagini impresse sulle foto.
Per quanto ingegnosa ed immersiva, la modalità di combattimento è piuttosto caotica, a patto di non scendere a qualche compromesso. Se non è vostra intenzione fare ginnastica passiva per potenziare i bicipiti (provate voi a sollevare di continuo il pad Nintendo per tre ore di fila), è possibile "ingannare" il giroscopio, pigiando il tasto X senza muovere il controller e abbassando semplicemente lo sguardo. In tal modo lo scenario mostrato è quello che vedremmo con le braccia sospese: si può aggiustare l'inquadratura con l'analogico destro o spostando leggermente il GamePad sull'asse orizzontale (ma senza alzarlo). Una soluzione non proprio grandiosa in termini di immedesimazione, ma sicuramente più comoda ed efficiente.
Nonostante la presenza della solita chincaglieria tanto cara a chi conosce la saga, questo Project Zero si distingue per il rapporto che i protagonisti e le vicende hanno con l'acqua. Richiamando alla mente quel Dark Water di Hideo Nakata tanto caro al pubblico giapponese e non, il gioco Koei Tecmo abbraccia il tema delle maledizioni legate all'acqua. Quando i protagonisti sono bagnati, eventualità frequente e controllabile tramite un apposito misuratore, si entra in modalità "pericolo": si subiscono molti più danni ma se ne infliggono altrettanti. Tali dinamiche, unite all'incedere della narrazione, il cambio di personaggi e relative capacità e la possibilità di potenziare a oltranza la macchina fotografica, rappresentano la base robusta su cui è adagiato l'intero gameplay. L'estetica, poi, tra alti e bassi, è un altro elemento cardine.
Per quanto Wii U, col suo retaggio "semi old gen", accusi pesantemente il colpo rispetto alle produzioni più recenti, il comparto tecnico mostra nell'insieme un lavoro più che dignitoso. I protagonisti, soprattutto nelle vesti delle due gentili donzelle, presentano modelli poligonali assai rifiniti, con ottime trasparenze, un buon effetto bagnato (so a cosa state pensando, pervertiti) e una cura generale degna di plauso. Stesso discorso può estendersi ai nemici: i fantasmi, con tutto il loro repertorio di scie, traslucenze e blur, riescono a indurre la giusta dose d'ansia. La teatralità nelle movenze e gli urli strazianti sopperiscono appieno alla loro scarna diversificazione, difetto comunque trascurabile, vista la qualità globale. Pollice verso, invece, per le texture, che sotto lo sguardo sfrontato di torcia e macchina fotografica, si spogliano del loro aspetto passabile, mostrandosi in tutta la loro mediocrità. Anche il frame rate inciampa continuamente sotto i 30 FPS, lasciando per gran parte dell'esperienza un bel po' di amaro in bocca.
Dove il gioco riesce a salvare capre e cavoli e nella direzione artistica. Benché ancorata ai soliti stilemi nipponici, la grana a schermo, i giochi di luce, il pulviscolo, la pioggia, riescono a smussare gli angoli di una grafica nel complesso gradevole. I difetti permangono, ma l'atmosfera sinistra, i filtri blu cobalto che ammantano spesso la scena e l'estetica degli ambienti assai ricercata mettono una pezza artistica alle falle meramente tecniche del gioco. Promosso a pieni voti il comparto audio, sia riguardo il doppiaggio giapponese (consigliato) che quello inglese. Davvero ben realizzate le musiche, tetre ed evocative, incorniciate da eccellenti effetti sonori, capaci di restituire un vivido senso di angoscia.
Project Zero: Maiden of Black Water non inventa nulla di nuovo: si nasconde all'ombra di rinomati pilastri della cinematografia horror come Ringu e Ju-on, aggiunge un pizzico di ritmo grazie a una corsa finalmente degna di tal nome e affonda il tutto in opprimenti acque salmastre. Nonostante le ambizioni sui controlli innovativi cozzino col concetto più basico della comodità, il gioco di Koei Tecmo risulta un survival horror robusto e ricco di atmosfera.
Ho giocato Project Zero: Maiden of Black Water grazie a un codice fornito da Nintendo Italia. Ho concluso il gioco in poco meno di venti ore, procedendo MOLTO lentamente, leggendo con scrupolo ogni file e cercando di fotografare tutti gli spiriti nascosti. Chiunque volesse "correre" potrebbe anche concluderlo in una quindicina di ore abbondanti, uccidendo, però, gran parte dell'atmosfera. Esistono più finali e diversi segreti che incentivano molto la rigiocabilità.