Rokka no Yuusha: pensavo fosse fantasy e invece era un'agathachristie
Se non la conoscete, interrompetemi, che la spiego meglio.
Dunque, taaaaanto tempo fa, in un mondo simile al nostro ma abitato solo da Aztechi, conquistadores e stilisti regali perennemente sotto peyote (almeno, l’impressione è quella), gli uomini vivevano felici e in armonia. Ma un brutto giorno, il Signore dei Demoni, alla guida del suo esercito, invase le terre pacifiche e gli eserciti (eh?) degli uomini si coalizzarono per fermarlo. I sei più grandi eroi, scelti personalmente dalla buona Dea del Destino e indicati come “Gli Eroi dei Sei Fiori” per il tatuaggio che li consacrava, affrontarono e sigillarono il Signore dei Demoni, fermando l’offensiva e relegando i demoni in un territorio che la loro presenza rese letale per qualsiasi essere umano.
Da allora, ogni volta che il Signore dei Demoni sta per risvegliarsi, sei eroi vengono scelti, consacrati con il tatuaggio floreale della Dea e inviati a rimetterlo a dormire. Se fallissero, sarebbe lo sterminio.
Adlet Mayer, autodefinitosi l’Uomo più Forte del Mondo, abilissimo nel vincere ogni combattimento usando ogni trucco, trappola e vantaggio possa ottenere, ha deciso di far parte della incombente “nuova generazione” di Eroi e per questo irrompe nel più famoso torneo di selezione, sconfigge i due finalisti e viene subito arrestato e sbattuto all’ergastolo, perché nessuno può credere che un tale maestro del gioco sporco possa essere un eroe. Nessuno tranne, a quanto sembra, Nashetania, principessa del paese promotore del torneo, Santa delle Lame, già consacrata eroina; e la Dea stessa, che la notte stessa imprime su Adlet il marchio.
Anche perché, al netto del non avere né nomea né istruttore “eroico”, e dello stile di combattimento “pragmatico” (come se in una guerra di sopravvivenza si potesse andare per il sottile), Adlet è davvero un bravo ragazzo: attento alle relazioni umane, pieno di buon senso e capacità di osservazione, volonteroso e desideroso di dimostrare il proprio valore ai suoi nuovi amici.
Così appaiono gli altri Eroi a lui, che ha vissuto l’infanzia e la giovinezza con l’unica compagnia di un fanatico intenzionato a trasformarlo in un’arma anti demone.
Che non hanno necessariamente il carattere adatto per ricambiare: la meno scostante è indubbiamente Nashetania, che lo ha preso subito in simpatia e lo segue in ogni momento con la sua aria da ragazzina in gita. Goldof, cavalier servente di Nashetania, non sa come comportarsi con questo plebeo che si prende tutte ‘ste confidenze. Freemy è una mezzo-demone che si presenta come Santa della Polvere da Sparo e ha il marchio della Dea ma, per le sue origini e il fatto, non taciuto, di essere un’ex “assassina di santi”, non ha nessuna intenzione di avere amici umani. Chamot, la Santa delle Paludi, è una inquietante e capricciosa ragazzina, per cui la vita umana è più o meno equivalente a quella di una formica. Hans trova Adlet un povero illuso e, indubbiamente, così appare un guerriero ottimista ad un assassino professionista di lungo corso. Infine, Mora, la veterana (eh, quasi trentenne) Santa delle Montagne a cui è stato affidato il ruolo di guida del gruppo, non sa cosa farsene di questo sconosciuto fanfarone privo di poteri e pieno di strani strumenti.
…
Adlet, Nashetania, Goldof, Freemy, Chamot, Hans, Mora.
…
Manco si ha il tempo di riflettere a sufficienza sul fatto che i conti non tornano, che i SETTE protagonisti si trovano imprigionati e isolati in una “zona trappola”, il cui compito sarebbe stato impedire ai demoni di raggiungerli e ostacolarli.
Chiusi in un posto da cui non sanno come uscire, con un impostore e traditore tra di loro…
Eh, niente, Rokka no Yuusha (Gli Eroi dei Sei Fiori)m anime del 2015 ad opera di uno studio d’animazione con una storia recentissimam è esattamente questo: un fantasy che si trasforma nel più classico “delitto della stanza chiusa” e lo fa BENE. Abbiamo un personaggio anomalo e di cui nessuno si fida veramente (anzi), che per motivazioni strettamente personali, spreme ogni singola risorsa che il suo corpo e la sua mente mettono a disposizione per risolvere un’enigma, mentre qualsiasi cosa, dalle persone coinvolte allo stesso scorrere del tempo, gli gioca contro.
L’ispirazione sembra essere J.R.R.Tolkien ma in realtà è Agatha Christie: ogni personaggio è sospettabile, le impressioni che abbiamo di loro mutano ad una frase di troppo, ad un’azione apparentemente inspiegabile, e lo stesso investigatore potrebbe stare mentendo, magari senza saperlo. Certo, esattamente come accade in queste narrazioni, non tutti i personaggi hanno la stessa rilevanza, alcuni sono perennemente sulla scena, altri finiscono rapidamente a far da tappezzeria, ma la forza indubbia del genere è il proscenio su cui si gioca una partita a scacchi fisica e mentale a più giocatori, mentre la scenografia di sfondo diventa rapidamente priva d’interesse.
Ogni personaggio viene caratterizzato abilmente, in modo che da una parte sia difficile non empatizzare per lui e dall’altra sia altrettanto arduo negare che potrebbe essere il colpevole, mettendo così lo spettatore in ansia: Adlet è, come detto, un gran bel personaggio, che mescola empatia, abilità e buon senso, ma è anche oggettivamente quello che non si capisce che ci faccia lì; Nashetania è perfetta nel ruolo della sexy principessa svampita ma a volte sembra “troppo” fuori dal mondo; Fremy è quasi l’archetipo della kuudere (“l’aliena” che non conosce i suoi sentimenti), anche grazie al fatto che a prestarle la voce giapponese è la “ragazza prodigio” Aoi Yuuki, ma la sua stessa esistenza è una colpa. Sul versante opposto, Hans è un assassino prezzolato privo di scrupoli, ma è anche dannatamente simpatico; Chamot è una mocciosa psicopatica, ma non sembra avere nessun motivo per schierarsi con i demoni; Maura è fredda e scostante, ma è anche quella la cui autorità sembra validata da più parti; Goldof… no… no… lui è proprio solo uno zerbino.
L’animazione in generale, nonostante lo studio Passione abbia una storia relativamente breve, è di primo livello e per dodici puntate non si notano quasi cadute di tono o puntate “subappaltate”, con un valido character design e attenzione certosina a far risaltare le scene madri e dare chiarezza agli scontri (i protagonisti sono pur sempre eroi guerrieri, con la tendenza a “risolvere” le cose con la forza).
Per onestà ed evitare rimproveri finali, devo spoilerare almeno una cosa: delle dodici puntate di Rokka no Yuusha, l’ultima è deludente. L’esito non è completamente sensato e, cosa peggiore, si apre la possibilità di un seguito che può avere un senso per un fantasy, ma non per un giallo dalla stanza chiusa.
Ma si tratta di una puntata su dodici, il piccolo indiano traditore che resta ultimo ma non cambia il carico di emozioni accumulato.
Ho visto Rokka no Yuusha in lingua originale (e consiglio di fare così per godersi la bravura di Aoi Yuuki), sottotitolato in inglese. Sembra sia ancora disponibile nel catalogo di Crunchyroll e probabilmente si farà qualche giro su altre piattaforme, visto che sono dodici agili puntate.