"Once I had it bigger", o "il fanciullino che si scassa i maroni giocando a Super Robot Taisen" | Racconti dall'ospizio
Racconti dall’ospizio è una rubrica in cui raccontiamo i giochi del passato con lo sguardo del presente. Lo sguardo di noi vecchietti.
Come nelle storie d'amore più belle, iniziò tutto per caso.
Non dovevamo incontrarci, facevamo parte di due realtà completamente diverse, io e Super Robot Taisen. Lui da sempre ospite fisso delle rubriche a sfondo nippofilo presenti ogni mese su Game Power e Consolemania, puntualmente messo alla berlina in modo sciatto e sbrigativo con la sola colpa di essere uno strategico a turni in giapponese stretto; io uomo romantico e poeta di periferia, incapace allora di distinguere il sushi da un totano ripieno.
Eppure il caso ci mise lo zampino, mascherato da un CD pieno zeppo di ROM per Super Famicom fornito da un mio amico all'alba della febbre degli emulatori. Un bottino pregiato, che mi avrebbe permesso di giocare tutte quelle squisitezze recensite su Super Console che purtroppo avevano dribblato con malcelato sdegno il mio poco capiente portafogli, il tutto senza le attese bibliche che caratterizzavano il vecchio modem a scoregge e ben prima dell'avvento di Libero Sogno, il piano tariffario che ogni scaricatore seriale della prima ora porta con affetto nel cuore.
Tra i tanti giochi, mi guardava speranzoso Dai-3-Ji Super Robot Taisen, augurandosi che io lo lanciassi prima o poi, scegliendolo al posto di un Kunio Tachi no Banka o di un ActRaiser 2. In realtà, non si trattava di un desiderio effimero: amavo e amo ancora oggi gli strategici a turni e i robot giapponesi, mentre una robusta curiosità me l'aveva fatta salire uno speciale pubblicato su Game Over, rivista contenitore (brutta) che presentava manga (brutti) sui videogiochi redatta dai Kappa Boys, una roba talmente low budget che 1) a un certo punto arrivò a serializzare il fumetto di G Gundam, praticamente l’equivalente editoriale di attaccarsi alla canna del gas, e 2) raccoglieva opere talmente mediocri che a confronto le storie ospitate come riempitivo tra le pagine di Gamest parevano il Maus di Spiegelman.
E quindi sì, lo lanciai, questo benedetto gioco carico di robottoni che si menano, aspettandomi un paio di minuti da trascorrere nell'incomprensione più totale. Tuttavia, il mio stupore raggiunse picchi inaspettati notando una basilare traduzione, che permetteva di comprendere menu e abilità, già convenientemente applicata alla mia ROM. Una cosa lontana anni luce dal prestigioso adattamento amatoriale in seguito firmato dai santi di Aeon Genesis, tuttavia capace di farmi muovere i primi passi senza sperimentare alla cieca, e il fanservice estremo fece il resto. Da allora, Super Robot Taisen restò per anni la mia serie preferita: conservo ancora oggi una collezione invidiabile e ho giocato e finito ogni episodio, seguendo le sinossi pubblicate sul forum di Gamefaqs dal buon vecchio JaeLee prima che l'ambiente diventasse tossico come le paludi di Motavia.
Cos'è, però, Super Robot Taisen, per i non addetti? Uno strategico a turni, ecco cosa, solo che al posto di cavalieri e draghi ci sono Daitarn 3, Gundam e compagni. Sostanzialmente, si muovono le unità sulla mappa, si decide con che arma attaccare e se usare i senshin (le abilità dei piloti, in grado di garantire particolari vantaggi; potete considerarle senza timore le magie del gioco), dopodiché parte un'animazione che mostra il risultato dello scontro e si passa all'unità successiva. Una descrizione strigliata e sintetica che nasconde una profondità non trascurabile, visto che tutti i robot sono personalizzabili nei minimi dettagli tra un livello e l'altro, mentre le variabili in gioco sono innumerevoli, arrivando ad adattare al rodato schema di gioco le capacità dei mecha più singolari, come l’AT-Field degli EVA. È possibile potenziare i giganti d’acciaio, far salire di livello i piloti, investire nelle loro abilità speciali (usare uno scudo, risparmiare energia, supportare le unità adiacenti... ), equipaggiare armi e parti extra o addirittura decidere da chi far pilotare una determinata unità: se avete sempre creduto nello sfigato Boss e pensate sia arrivato il suo turno, potete strizzarlo per bene dentro l'Hover Pilder e fargli guidare Mazinga Z al posto di Koji.
La cura delle sequenze di combattimento è uno dei punti forti e, con il passare del tempo e l’arrivo di supporti più capienti, si è arrivati a coinvolgere i doppiatori originali delle serie animate, con risultati mozzafiato: vantando senza esagerare alcune tra le migliori animazioni bidimensionali sul mercato, la serie ha abbandonato da diversi anni l'estetica un po' rozza degli esordi per dar vita a uno spettacolo spaccamascella da vedere e ascoltare. Nel capostipite della serie, i robot che univano le loro forze al comando del giocatore erano solo Mazinga Z, Getter e Gundam RX78, ma negli anni la rosa si è espansa a dismisura: Super Robot Taisen è una fra le serie più importanti e influenti in Giappone, in grado di dominare le classifiche di vendita per mesi, generando robuste code fuori dai negozi all’uscita di ogni episodio, trainando le vendite dell'hardware destinato ad ospitare il nuovo capitolo.
Tanto influente da avere un rapporto simbiotico con la cultura mecha alla quale si appoggia: Go Nagai creò Mazinkaiser come potenziamento di Mazinga Z in esclusiva per Super Robot Taisen F: Final, nel 1998, e soltanto in seguito questo ricevette la sua serie animata; allo stesso modo, Kotetsushin Jeeg fu creato in seguito alla calorosa accoglienza che scatenò la presenza del robot originale in Super Robot Taisen Alpha 2. Dulcis in fundo, nel 1991 Banpresto pubblicò Super Robot Taisen 2 per Famicom, introducendo per la prima volta Cybuster, un robot creato appositamente per il gioco, fornendo in questo modo un avatar con cui immedesimarsi lottando assieme a Tetsuya e soci: fu la nascita dei cosiddetti Banpresto Originals, ovvero robot e personaggi creati ex novo per ogni episodio, che hanno goduto di fama pari se non maggiore a buona parte delle serie robotiche “ufficiali”. Gli Originals furono anche il cavallo di Troia per introdurre la serie in occidente, essendo logicamente slegati dai problemi derivanti da mille e più licenze. Quindi, la serie iniziò a parlare in inglese per la prima volta grazie ai due Super Robot Taisen Original Generation su Game Boy Advance nel 2006, un'abitudine sana che arrivò al suo coronamento con le edizioni per il mercato asiatico degli ultimi episodi, tradotti finalmente nell’idioma di Albione per gli amici di Singapore (e per quelli tra di noi che non temono la buona vecchia importazione parallela).
Che ci crediate o no, questa fu la fine di un amore durato lustri.
Per capire il motivo, dovete sapere un paio di cose sulla saga, che ho volutamente omesso nella presentazione che avete letto qualche riga più in su. In primis, Super Robot Taisen è una serie facile; avrà pure decine di variabili in gioco, certo, ma resta uno strategico all'acqua di rose, tanto più che l'unico episodio oggettivamente impegnativo resta Super Robot Taisen Impact per PlayStation 2. Va da sé che amare la saga, un tempo, voleva dire fare affidamento alla pura passione per i robottoni, senza contare che i vecchi episodi non permettevano di saltare le sequenze animate. Ogni attacco di ogni singola unità andava obbligatoriamente visto, costringendo il fan della prima ora a imprimersi a fuoco sulla retina centinaia di ROCKETTO PANCHI tutti identici. Ci voleva dunque un certo phisique du role, per apprezzare la saga, un cieco amore verso i colossi d'acciaio, che raggiungeva picchi di libidine considerevoli alla vista di Getter e Goldrake pronti a combattere all'unisono.
Sembra un paradosso ma, con le traduzioni, un altro elemento fastidioso si è unito alla festa, ovvero la verbosità estrema. Una volta saltavo allegramente la sagra degli ideogrammi, per andare dritto al sodo e menare le mani, ma ora non ci riesco più: il gioco è bello tradotto in inglese e sarebbe davvero un peccato non legg... zzzzzzzzzz.
Davvero, l'ambita (e fino a pochi anni fa assolutamente utopistica) comprensibilità ha reso Super Robot Taisen una palla atroce, con centinaia e centinaia di linee di testo da leggere; una volta ti sparavi i riassunti di JaeLee ed eri a posto, adesso che due maroni!
Potrei tirare in ballo il lavoro, i tempi risicati e la famiglia, ma la verità è che magari, in fondo in fondo, Super Robot Taisen non è mai stato il gioco della vita che i miei occhi a cuoricino idolatravano oltre vent’anni fa.
Oppure sono solo diventato un vecchio bavoso e insofferente, vai a sapere.
Questo articolo fa parte della Cover Story dedicata all’arrivo di Neon Genesis Evangelion su Netflix e ai robottoni in generale, che potete trovare riassunta a questo indirizzo.