The Last Supper e l’inutilità del dibattito politico (e non)
Se c’è una categoria di programmi televisivi che trovo totalmente inutili sono i talk show politici, e questo sostanzialmente per due motivi. Il primo è che, nella maggior parte dei casi, sono “orientati” verso una certa corrente di pensiero, e le argomentazioni vanno di conseguenza a senso unico. Il secondo è che, nel caso in cui ci sia un confronto fra due parti politiche differenti, il dibattito è praticamente inesistente: ogni parte non fa che ripetere concetti preconfezionati senza mai mettere in discussione la propria linea di pensiero, arrivando spesso anche a un forte inasprimento dei toni della discussione. E qui mi torna spesso in mente un vecchio e brillante film di nicchia: The Last Supper.
Il film, giunto qui in Italia con il titolo Una cena quasi perfetta (adattamento sicuramente meno blasfemo – ma anche meno efficace – di un letterale L’ultima cena) vede cinque intellettuali della sinistra liberale intenti ad ospitare ogni sabato sera un commensale alla loro tavola per discutere di politica e attualità. Una sera, uno di loro rimane in panne con l’auto e viene aiutato da un camionista che lo riporta a casa. Per sdebitarsi, i cinque invitano il prode soccorritore a cena. Ad un certo punto la discussione si anima: Zack, il camionista, esprime apertamente idee forti su un tema delicato come quello dell’Olocausto e finisce con il minacciare uno dei cinque ragazzi con un coltello. La situazione precipita e Zack viene involontariamente ucciso. Spaventati dalla prospettiva di finire in carcere e convinti di aver fatto solo del bene eliminando un soggetto pericoloso, i cinque insabbiano l’omicidio e decidono di iniziare una sorta di “missione”: invitare alle loro tradizionali cene del sabato sera un ospite con idee diametralmente opposte alle loro: se i cinque non riusciranno a fargli cambiare idea, lo uccideranno offrendogli un bicchiere di vino avvelenato.
Inizialmente, il gruppo offre agli ospiti l’opportunità di vedere le cose in modo diverso, ma presto la situazione precipita: inebriati da una sorta di potere che li rende contemporaneamente giudici, giuria e carnefici, arrivano ad eliminare in maniera quasi istantanea i loro commensali, anche quando sembrano averli portati a riflettere sulla loro linea di pensiero. Iniziano le tensioni all’interno del gruppo, raggiungendo il climax durante l’incontro con Norman Arbuthnot (interpretato da un Ron Perlman sempre con il sorriso a trentadue denti), un politico conservatore odiatissimo da tutti e cinque.
The Last Supper rappresenta una perfetta metafora del dibattito politico, e, a pensarci bene, anche delle discussioni che proliferano ogni giorno sui social, dove le argomentazioni lasciano sempre più tristemente spazio a polemiche sterili e offese gratuite. E allora la soluzione più facile è lasciar perdere, senza farsi trascinare in gineprai dai quali è poi difficile uscire. Nel caso dei talk show politici, si cambia semplicemente canale.
Questo articolo fa parte della Cover Story dedicata alla dimensione politica nei videogiochi (e non solo), che potete trovare riassunta a questo indirizzo.