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In Windjammers hai la sabbia nelle mutande e gli hadouken nelle mani

In Windjammers hai la sabbia nelle mutande e gli hadouken nelle mani

Windjammers è uscito nel 1994, ma io non credo di averci giocato “subito” in sala giochi.

L’ho certamente incrociato tra i cabinati di Bacoli ma, come forse vi ho già raccontato, da me i videogiochi da sala non passavano in orario. Un po’ come la celeberrima - per chi abita in provincia di Napoli - Ferrovia Cumana, va messo in conto sempre un po’ di ritardo, insomma. 

Colori sgargianti che spiccano nel buio tipico delle sale giochi di provincia, suoni accattivanti, mood estivo e persino delle “voci digitalizzate” che attiravano l’attenzione di chi magari passava distrattamente davanti al cabinato.

“Energia!” “Tiro a Vortice” e chissà che altre parole in tedesco o inglese che all’epoca mica capivi tanto bene.

Tuffati, per dio, tuffati!

Windjammers è insomma quello che tutti descriverebbero come classica “hit arcade”: costruisce su un sistema di gioco piuttosto semplice, quello del Pong - o meglio, dell’air hockey - con una spruzzata di tennis e un serrato uno contro uno: frisbee da lanciare velocissimi, angolatissimi o con il più infido dei pallonetti per spiazzare l’avversario, porte in cui fare gol, ostacoli a rete in determinati stage. Un ping-pong al fulmicotone, dove se eri bravo riuscivi a intercettare la palla e - non si sa bene come - e a rispedirla con effetti speciali e traiettorie assurde, accompagnate da una delle frasi di cui su. Perché come ogni “hit arcade”, sotto controlli semplici in Windjammers si rivela un sistema stratificato e complesso, in cui la difesa perfetta lancia l’attacco più potente, si accelera e rallenta per imprimere il proprio ritmo sull’avversario e il mindgame, ovvero cercare di anticipare le reazioni altrui, diventa fondamentale per vincere.

O per lo meno, questo è Windjammers per chi magari ci ha giocato a casa su Neo Geo CD o aveva davvero tante, forse infinite monetine per sé e propri amici.

Perché sì, Windjammers è un gioco di culto oggi e probabilmente ieri in Giappone, ma dubito che dalle vostre parti sia stato così sviscerato anche nel 1994. Da me manco c’era, nel 1994, quindi figuratevi. Eppure, davvero, mentre ne scrivo mi sale la voglia di richiamare Max Gallo, reinstallare il Fightcade - versione migliore e più veloce per rigiocarci online oggi, in barba a tutti i vari port - e tornare a lanciarsi Tiri Supersonici a manetta. 

Il personaggio giapponese è forse troppo scattante per i miei gusti: preferivo “jammers” più lenti e potenti.

Se recentemente alcuni compagni di Outcast hanno descritto Doom e Prince of Persia come - giustamente - dei titoli immortali, a mio modesto parere anche Windjammers (altresì noto come Furaingu Pawā Disuku, cioè Flying Power Disc) rientra nel Valhalla dei videogame. OK, lo sapete, sono fissato con i picchiaduro a incontri 1v1 e, senza esagerare, penso sinceramente che Windjammers se la possa giocare come titolo competitivo insieme ai blasonati - e fantastici - Third Strike e Mark Of The Wolves. Trovare il proprio lottatore preferito tra il roster, imparare a muoversi, ad attaccare e difendere, persino fare delle “motion” come quarto di giro e company: sotto la scorza di Pong e salsedine, Windjammers può vantare una profondità di tutto rispetto e tante mille sfaccettature e decisioni da prendere in una frazione di secondo che sono l’aria che respira - oltre alla puzza di ascella, ovviamente - chiunque abbia provato anche solo una volta ad andare a un raduno o torneo di Street Fighter, Guilty Gear o King of FIghters.

Non è un caso che infatti Windjammers abbia fatto, anche in casi recenti, diverse apparizioni all’EVO, il più celebre torneo di picchiaduro a incontri. Recuperate qualche video, fidatevi: potranno spaventarvi incredibilmente o invece accendere in voi la curiosità di chi magari ha apprezzato in maniera un po’ superficiale Windjammers e che è pronto ad amarlo di nuovo in modo diverso.

Come fa a non venirvi voglia di prendere l'arcade stick subito?

Ve lo consiglio caldamente. Allo stesso modo in cui consiglierei lo sfigatissimo sequel, Windjammers 2, secondo me un gioco decisamente molto valido che, purtroppo, senza amici con cui viverlo “in locale”, diventa un po’ triste: i server piuttosto spopolati fanno apparire le soleggiate spiagge delle piccole zone desertiche con ben poca vita. Ancora una volta, insomma, l’emulazione e la passione di un piccolo gruppo di appassionati rende immortale titoli che il mercato - e anche noi giocatori - abbiamo forse un po’ dimenticato. Mi ci metto io in primis, che davvero non ci gioco da troppo.

Ed è un peccato, perché Windjammers è stato un gioco che ha accompagnato diversi passaggi della mia vita: un bel ricordo di adolescenza in sala giochi, uno dei titoli arcade che ho “insegnato” a mio fratello quando si è fatto abbastanza grande per approfondire i videogame competitivi ma anche uno di quei videogame che mi ha dato tanto in anni più recenti, quando da Bacoli a Torino mi dilettavo col succitato Max in una città per me tutta da scoprire e un lavoro all’epoca così precario che non me la sentivo di sperperare ogni euro in baldorie fuori casa. Magari ripropongo Windjammers al prossimo raduno di Street Fighter milanese, vai a sapere.

Mi spiace molto che Windjammers 2 abbia velocemente visto i server deserti: secondo me è un ottimo squel.

Insomma, evviva Windjammers: perché se volete un ottimo picchiaduro con controlli semplificati ci aveva pensato Data East già nel 1994. E scusate se è poco.

Questo articolo fa parte della Cover Story “Sport mostruosamente proibiti”, che potete trovare riassunta a questo indirizzo qui.

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