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Yars Rising e The Crimson Diamond: due facce della stessa nostalgia?

Yars Rising e The Crimson Diamond: due facce della stessa nostalgia?

Verso la fine del mese di agosto, mi sono ritrovato fra le mani due giochi che mi incuriosivano per motivi lievemente diversi ma che indubbiamente si propongono facendo entrambi leva sul concetto di nostalgia per i tempi che furono, tra l’altro entrambi in riferimento a quegli anni Ottanta durante i quali ho scoperto la mia passione per i videogiochi. Per questo ho deciso di chiacchierarne qua assieme, anche se poi, a conti fatti, sono giochi estremamente diversi fra loro non solo per il genere di appartenenza ma anche per la loro natura produttiva e per l’approccio tramite cui esprimono il proprio afflato nostalgico.

The Crimson Diamond nasce dallo sforzo di una singola persona, Julia Minamata, che voleva omaggiare un certo tipo di avventura grafica con cui è cresciuta e provare a riproporne il modello aggiornandolo ai tempi (e alle comodità) dell'era contemporanea. Pur essendoci anche suggestioni pescate altrove, il riferimento più chiaro e dichiarato consiste in The Colonel's Bequest, il gioco di Roberta Williams del 1989 che segnò l'esordio di Laura Bow, poi protagonista anche del seguito The Dagger of Amon Ra. Il gioco di Minamata sceglie l'approccio passatista dell'immergerci in uno stile grafico aderente ai canoni delle avventure Sierra a sedici colori, pur filtrando la cosa attraverso un gusto moderno, e applica questo concetto a un po' tutti i suoi elementi, dalla colonna sonora all'interfaccia, passando per quello stile narrativo così leggero e un po' ingenuo e recuperando anche buona parte della struttura di gioco.

La protagonista è Nancy Maple, una studentessa di geologia che lotta contro il pregiudizio dell'ambiente universitario e, quando le si presenta l'opportunità di andare in spedizione sul campo per indagare sull'apparizione di un diamante in una cittadina rurale, coglie al volo l'occasione. Giunta sul posto, finisce subito invischiata in una fitta rete di litigi, cospirazioni e invidie da parte di gente disposta a tutto per sfruttare l'occasione della vita. Seguiranno cadaveri, investigazioni e momenti d'alta tensione. Laura Bow era figlia di un detective e aspirante giornalista, quindi naturalmente portata a infilarsi in situazioni del genere, ma anche Nancy non si fa pregare e infatti The Crimson Diamond è un'avventura di stampo investigativo, nella quale bisogna analizzare indizi, origliare conversazioni, interrogare sospetti e scovare prove nel tentativo di svelare ogni singolo mistero nascosto fra le pieghe del suo racconto.

La cosa interessante è che Minamata è riuscita davvero a cogliere lo spirito, i ricordi di com'era giocare a The Colonel's Bequest, filtrando però il tutto attraverso una sensibilità contemporanea e tirando fuori un gioco che ha un suo senso anche al di fuori dell'operazione nostalgia. O almeno credo, faccio un po' fatica a dirlo con certezza, considerando che io il gioco di Roberta Williams me lo ricordo benissimo ed è una fra le robe a cui sono più affezionato di quegli anni. Comunque. A livello visivo, The Crimson Diamond ha fascino e carattere, sfrutta i limiti auto imposti della grafica vintage attraverso un gusto impeccabile e tira fuori immagini ricche di dettagli e carattere, capaci di far esclamare "Va che bello" anche a chi non ha la minima idea di cosa fosse videogiocare nel 1989 (cfr. mia moglie). Grafica a parte, le vibe da storia ambientata oltre un secolo fa ci sono tutte e il mix di umorismo, leggerezza e improvvisi lampi di violenza è bilanciato alla perfezione. Con queste vicende di gente comune che cerca di piazzare il colpaccio e finisce invischiata nella palta, sembra di ritrovarsi in una stagione di Fargo, se Fargo avesso uno spirito un po' meno tragico e un po più naif.

E inoltre The Crimson Diamond riesce davvero a snellire e modernizzare il modello di gioco dell'epoca, pur aderendovi in maniera molto precisa. L'interfaccia è testuale, con elementi punta e clicca e opzioni scalabili, ma comunque con le interazioni da eseguire scrivendo con la tastiera. E funziona, regala quella sensazione di maggior flessibilità e adattabilità che è il miraggio di un'interfaccia oggi considerata obsoleta, appoggiandosi su una maggiore complessità e ricchezza rispetto a quel che era possibile fare quarant'anni fa. E c'è la struttura basata su una fitta rete di eventi, conversazioni, indizi, elementi che è possibile scoprire o perdersi e che contribuiscono all'accumulo di dettagli tramite cui si deve alla fine provare a sbrogliare la matassa del mistero. Ma è tutto molto moderno nella misura in cui la possibilità di morire, di lasciarsi sfuggire alcuni passaggi, di non riuscire a risolvere il caso, non diventa mai punitiva e fa semplicemente parte di un'esperienza di gioco gradevole e appassionante.

Insomma, The Crimson Diamond si inserisce nel filone della nostalgia "fatta bene", perché propone un gioco assolutamente moderno, riesce a rievocare in maniera perfetta le esperienze dell'epoca cristallizzate nei ricordi e grazie a questo trova una sua identità tutta particolare, capace probabilmente di renderlo gustoso e affascinante anche per chi non ha alcuna familiarità coi classici a cui fa riferimento.

Yars Rising è un gioco completamente diverso, a partire dalla concezione. Nasce perché Atari è sempre più concentrata sullo sfruttamento del suo catalogo sconfinato di classici dimenticati dal tempo, in ogni forma possibile. E al fianco di operazioni filologiche come Atari 50: the Anniversary Celebration e di remaster e remake assortiti come i vari Recharged, hanno deciso di fare un passo in più e sfruttare IP gloriose per farci altro. Yars' Revenge viene ricordato come uno fra i giochi migliori per Atari 2600 ma nonostante questo non ha affrontato il calvario di remake e reboot a cui negli anni sono stati sottoposti altri classici di quegli anni. Dopo lo Yars: Recharged di qualche anno fa, Atari ha deciso di provare a fare qualcosa di completamente diverso e ha affidato il brand a WayForward Technologies, perché facessero quella che è la loro specialità: infilarci dentro un metroidvania.

È quindi nata questa strana creatura intitolata Yars Rising, ambientata nello stesso universo narrativo del gioco originale (non che il gioco originale avesse chissà quale universo narrativo) ma che si fa quasi esclusivamente i fatti suoi. È un metroidvania all'acqua di rose, con una struttura basata su una mappa che si apre progressivamente ma ricca di facilitazioni, elementi che accompagnano per mano con grande attenzione a creare un gioco che non sia troppo per appassionati ma allo stesso tempo non risulti neanche troppo semplicistico, all'insegna di quel cerchiobottismo che spesso finisce per non accontentare nessuno.

La giovane hacker Emi viene infilata in un'estetica da anime che raggiunge le sue vette durante le sequenze narrative, fra tavole in stile manga e scene di vestizione à la Sailor Moon, e forse questo aspetto, unito alla solita trascinante colonna sonora "disco" di scuola WayForward, costituisce l'aspetto più convincente del gioco. Tra l'altro, ci ho giocato per i fatti miei, ma proprio questi aspetti (la protagonista femminile, il suo costante sparar battute sarcastiche, il taglio anime, la colonna sonora, i colori tutti rosa e pastellosi) mi hanno fatto pensare che mia figlia si sarebbe divertita un sacco a guardarmi mentre lo facevo. Del resto le piaceva molto pure Shantae (che, intendiamoci, sta su un altro pianeta a livello visivo). Ma non penso si sarebbe divertita provando a giocarci, perché il cerchiobottismo di Yars Rising si piazza in quella zona di mezzo che lo rende un po' troppo semplice per il giocatore esperto e un po' troppo complicato per chi non ha dimestichezza con l'azione e le piattaforme. Ma sto divagando.

Di fatto, Yars Rising è un gioco inedito, che non richiede alcuna conoscenza pregressa e mi dà l'impressione di mirare più che altro all'accattivarsi un pubblico nuovo e auspicabilmente giovane, accontentando i più attempati con la raffica di omaggi e citazioni, dalle stazioni di salvataggio che sono cabinati di Computer Space ai minigiochi di hacking che riproducono le meccaniche di Yar's Revenge e altri classici dell'epoca come Centipede. Quest'ultima trovata, in particolare, mi ha divertito molto, perché nella sua semplicità riesce in un'impresa che ha visto fallire tonnellate di produzioni ben più blasonate: evitare che, arrivati a metà gioco, gli hack diventino una palla senza fine. Qui si è deciso di fregarsene completamente del provare a "simulare" un concetto di hacking, proponendo piccoli giochi arcade sempre diversi, progressivamente più complessi in come rimescolano le meccaniche, col risultato di mantenere fresco l'hacking fino alla fine. È una piccola cosa, ma è una piccola cosa che ritroverei volentieri anche in produzioni più ambiziose.

Dopodiché, Yars Rising è anche un gioco tremendamente medio, che non eccelle in nessuna direzione e non fa nulla di sorprendente. Si lascia giocare placidamente fino alla fine ma ha pochi momenti che davvero possano sorprendere e offre un vago senso di sfida solo in occasione dei boss. Poi, certo, il target di Yars Rising non sono evidentemente io, piuttosto una versione di mia figlia che abbia maggior dimestichezza con i giochi d'azione, e probabilmente non è nemmeno sbagliato mirare in quella direzione. Del resto, checché ne dicano i quarantenni malmostosi, Stranger Things piace un sacco ai giovani d'oggi che non colgono manco mezza citazione ma proprio (anche) per questo non patiscono la sindrome del "l'ho già visto mille volte e fatto meglio". D'altro canto, però, in un momento storico in cui il mercato è così saturo di metroidvania eccellenti e diversificati, forse si poteva puntare su un altro genere. Per cui, insomma, credo di capire lo spirito dietro all'operazione e non penso che sia necessariamente il modo sbagliato con cui provare a rilanciare una IP morta e sepolta quarant'anni fa, però magari si poteva fare un po' di più.

The Crimson Diamond, invece, è una ficata.

Ho giocato a The Crimson Diamond grazie a un codice Steam ricevuto da Julia Minamata e ho completato l'avventura in circa sette ore, ma senza svelarne neanche lontanamente tutti i segreti. Yars Rising mi è arrivato da Atari in versione Switch e m'è durato più o meno la stessa quantità di tempo, lasciandomi comunque alle spalle svariate zone della mappa inesplorate. Forse questo è il paragrafo in cui è il caso di aggiungere che, come tanti, troppi giochi recenti, Yars Rising su Switch ha tempi di caricamento un po' molesti e qualche rallentamento. Nulla di insopportabile ma, insomma, non è un bel vedere, nel 2024, su una produzione di questo tipo.

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