La spaccata di Jean-Claude Van Johnson: fa male solo a guardarla?
Al di sotto di una certa età, una spaccata è sempre un gesto atletico utile.
Magari è l’unica via di salvezza quando ti puntano una pistola alla tempia, forse è una qualche forma di escapismo utopico, oppure l’unico modo possibile per sedersi contemporaneamente su due sedie troppo lontane.
Vai a sapere, e in fondo anche STOCAZZO.
Se però hai 57 anni e le iniziali JCVD incise su pantofole e vestaglia di raso, beh, è tutta un’altra faccenda: una spaccata non è più solamente un gesto ambiguo, doloroso alla vista e inappropriato, ma diventa un concetto mitico, che si divarica platealmente e permette all’improbabile rocambolesco di proliferare smisuratamente.
Jean-Claude Van Damme, in realtà, è sempre stato un agente segreto sotto copertura dei suoi stessi film. È questa la mirabolante premessa di Jean-Claude Van Johnson, serie Amazon da sei brevi puntate (circa 35 minuti l’una) che combina - o cerca di farlo - black ops, mazzate, ricerca interiore, citazionismo autoreferenziale, ironia a palate e ancora mazzate. Prevalentemente calci rotanti.
L'agente segreto belga affronta trafficanti sanguinari che attaccano uno alla volta, ordinatamente, recita in un pazzo (nonché cheappissimo) adattamento in salsa marziale di Huckleberry Finn e partecipa finanche a una gara di drifting... bendato. Il trucco risale ai tempi di Senza esclusione di colpi: quando perdi uno dei sensi, gli altri si amplificano. E andrai sicuramente a sbattere contro un muro.
Sarebbe ingiusto “accusare” Jean-Claude Van Johnson di grossolanità ai limiti del cazzone e del rocambolesco. Perché la serie creata da Dave Callaham oltrepassa visibilmente i limiti del cazzone e del rocambolesco. Talvolta lo fa in maniera lucida (e assolutamente squisita), talaltra (e perlopiù) senza neppure rendersene conto.
Dall’inizio alla fine, Jean-Claude Van Johnson è-e-resta puro potenziale, vivacchia di piccole intuizioni, di piccole gemme tragicomiche e di una trama approssimativa, traballante e gracilina, che si confonde e si smarrisce vieppiù. Ad eccezione del Van Varenberg, i personaggi che si alternano sulla scena sono grotteschi, sbilenche macchiette o gente che passava per caso sul set cinematografico...
... e va benissimo così!
Intriso di una brillante autoironia, Jean-Claude Van Johnson non va giudicato per ciò che sarebbe potuto essere, ma per ciò che candidamente è: una roba che di certo non ti metti a guardare per la trama. La sua funzione è di essere uno spettacolo del mistero e della fede nella spaccata. La sua notorietà simbolica è allo stesso tempo l’essenza e la forma che ne giustificano - senza esclusione di colpi - tutto l’intrigo e il disincanto.
La conclusione è lapalissiana: tutto il mondo già anela un nuovo Double Impact.
Ho guardato Jean-Claude Van Johnson due volte, ovviamente su Amazon Prime Video. La prima volta non ci credevo. La seconda, ho capito perché non ci credevo. Ora ci credo. Frechete.