L'Assassinio di Gianni Versace: storie parallele fra vittima e carnefice
Nel 2016, anno del suo debutto, American Crime Story ha rappresentato un punto di svolta per più di un motivo. Innanzi tutto ha riportato alla luce della ribalta mediatica il caso di O.J. Simpson (vista anche la concomitanza di un prodotto speculare ma diverso per resa quale O.J.: Made in America), risollevando anche nell’ambito dell’entertainment questioni di discriminazione razziale mai del tutto sopite, in quegli Stati Uniti che appena due anni prima assistettero alle rivolte di Ferguson. Di più: The People v. O.J. Simpson rappresentò la consacrazione di Ryan Murphy, showrunner di primissimo ordine ma che, fino ad allora, si era confrontato soprattutto con prodotti di genere come Nip/Tuck, American Horror Story e Glee; il timore era che ne potesse uscire con le ossa rotte, e invece ne venne fuori una straordinaria interpretazione di uno fra i drammi che più hanno appassionato l’America di fine secolo; interpretazione, si noti bene, di tipo corale, con un cast splendido e una regia sempre puntuale nel rappresentare e rendere ogni sfaccettatura del caso di O.J.. Due anni più tardi, Ryan Murphy ci riprova, cambiando però ovviamente tema: questa volta con L'Assassinio di Gianni Versace, serie antologica incentrata sull’omicidio dello stilista italiano, snocciolata in nove puntate che andranno in onda, quasi in contemporanea con gli Stati Uniti, ogni venerdì sera su Fox Crime (canale 116 di Sky).
Si tratta di una vicenda molto nota: siamo nel luglio del ’97 e Versace viene assassinato di fronte al portone della sua villa a Miami, con alcuni colpi di pistola sparati da Andrew Cunanan, un giovane ossessionato dalla figura dello stilista. Il crimine si consuma in pochissimi istanti, resi alla perfezione nella coincitata sequenza d’apertura, in cui si condensano, in appena otto minuti, momenti di altissimo intrattenimento: Murphy è bravissimo a seguire ogni movimento che caratterizza l’inizio della routine mattiniera di Versace, sfruttando alla perfezione le simmetrie offerte della sua villa in art déco e raffigurando poi, in maniera plastica e tragica, la morte dello stilista, accasciato sul marmo bianco, che precede il gigantesco portone della sua abitazione, macchiato da ampie chiazze di sangue.
Da qui in avanti si notano le principali differenze rispetto alla stagione su O.J. Simpson: per prima la regia di Murphy, più che mai padrona della scena, e in secondo luogo per la struttura narrativa. Al contrario del caso di O.J., in cui la cassa di risonanza risiedeva prevalentemente nella vicenda giudiziaria che ne scaturì, l’omicidio di Versace ebbe risvolti soprattutto a livello umano, per una figura amata, e soprattutto chiaccherata, tanto in Italia quanto negli Stati Uniti. Proprio per questo, Murphy ha cercato di decostruire il caso, anziché rimetterlo in scena, con lunghi flashback che vedono protagonista sia Gianni che il suo omicida; due facce della stessa medaglia di un mondo, quello omosessuale, che nell’America di fine anni Novanta veniva visto con particolare sospetto, figlio anche di un virus, quello dell’AIDS, spesso associato unicamente al mondo gay. In questo modo, il peso della narrazione viene diviso fra vittima e carnefice: una scelta che sicuramente la famiglia Versace non apprezzerà (tanto da aver ribadito, qualche giorno fa, di “non aver autorizzato o preso in alcun modo parte alla serie TV”), ma che alla fine paga, data la performance di Darren Criss, ovvero un perfetto Andrew Cunanan, forse il più in palla dell’intero cast.
L'Assassinio di Gianni Versace, insomma, riprende solo parzialmente gli stilemi stabiliti in precedenza dallo stesso Murphy in The People v. O.J. Simpson, tanto da poter essere considerata quasi una serie TV totalmente a parte, seppur condivida il brand di American Crime Story. È tuttavia difficile sapere se questa stagione riuscirà a bissare, quantomeno in minima parte, il successo riscosso due anni fa. Non è infatti tutto oro quel che luccica in questa prima puntata. I protagonisti, innanzitutto: d’accordo che era difficile raggiungere le vette toccate da John Travolta, Cuba Gooding Jr. e Sarah Paulson, però Edgar Martinez, Ricky Martin e Penelope Cruz (nell'ordine: Gianni Versace, il suo compagno Antonio D'Amico e la sorella Donatella Versace), non sembrerebbero, almeno da questo esordio, essere totalmente in parte. La bravura della Cruz non è in discussione, certo, però la sua interpretazione, o per meglio dire lo sfondo registico che la accompagna, sembra quasi fare a pugni con l’approccio che L'Assassinio di Gianni Versace pareva aver preso fino a prima della sua entrata in scena, dove anche i momenti più drammatici erano caratterizzati da una forte estetica queer; estetica che però si dissolve quando, appunto, si palesa Donatella Versace, che almeno in questo primo episodio ottenebra le intere scene di cui è protagonista con un’atmosfera decisamente più cupa e algida rispetto alle graduazioni glamour e colorate presenti fino a poco prima. Banalmente: staremo a vedere.
American Crime Story: L'Assassinio di Gianni Versace ci accompagnerà, per i prossimi due mesi, ogni venerdì sera su Fox Crime (canale 116 di Sky) alle ore 21.05. La serie TV sarà visualizzabile anche su NowTV, con gli abbonati che si ritroveranno in catalogo, ogni sabato, l'episodio andato in onda su Fox Crime la sera prima.