Alan Wake, un viaggio a Bright Falls tra luce e oscurità | Racconti dall'ospizio
Racconti dall’ospizio è una rubrica in cui raccontiamo i giochi del passato con lo sguardo del presente. Lo sguardo di noi vecchietti.
Ci sono giochi che, ovviamente, rimangono più di altri nella nostra memoria, e ci sono giochi che per qualche motivo associamo ad uno specifico sistema anche se magari quel determinato titolo non è “il migliore” per quella piattaforma. Per esempio PlayStation 2 nel mio cuore sarà sempre associata a Shadow of The Colossus e PlayStation 3, nonostante i tantissimi titoli che ho fruito, un tutt’uno con Journey, vero amore. Xbox (quello originale) non può che andare di pari passo con Halo: Combat Elvoled, e su Xbox 360 non ho dubbi a scegliere come mio titolo preferito Alan Wake.
Alan Wake nasce principalmente dalla fantasia di Sam Lake (al secolo Sami Antero Järvi), già responsabile della genesi di Max Payne, e viene addirittura annunciato all’E3 del 2005. Da questo momento il nuovo gioco di Remedy però scompare dai radar. Chi pensa che sia una moda di questi ultimi anni rinviare titoli a data da destinarsi sicuramente non sa o non ricorda che dopo quel 2005, e dopo l’accordo del 2006 tra Microsoft e Remedy per avere il titolo in esclusiva su Xbox 360 e PC, di Alan Wake non si seppe praticamente più nulla per ben quattro anni.
Nel 2009 il gioco viene mostrato finalmente in forma di demo giocabile all’E3 di quell’anno per poi essere pubblicato l’anno successivo in esclusiva per Xbox 360. La gestazione così lunga e misteriosa in realtà si porta dietro una serie di difficoltà di sviluppo non indifferenti. Alan Wake nasce come titolo free roaming, un open world molto ambizioso che comportava anche delle meccaniche tipiche dei survival con il protagonista che durante il giorno avrebbe avuto la possibilità di collezionare risorse da utilizzare la notte per difendersi dai nemici.
Questo impianto, però, si portava dietro numerose problematiche sia da un punto di vista narrativo che prettamente tecnico. Dal punto di vista narrativo il concetto di open world non aiutava certo la creazione della corretta tensione che il giocatore avrebbe dovuto provare, mentre dal punto di vista tecnico le grosse limitazioni di Xbox 360 si erano dimostrate un ostacolo insormontabile per portare avanti il progetto originario. Per fortuna (almeno dal mio punto di vista) queste problematiche hanno indirizzato il team di sviluppo a modificare pesantemente il gioco trasformandolo in un action game lineare con un fortissimo stampo narrativo grazie anche ad un amore sviscerato per tre leggende dell’intrattenimento fantastico: Twin Peaks, Ai confini della realtà e ovviamente Stephen King.
Da super fan dell’autore di IT e Carrie mi sono innamorato di Alan Wake e delle sue atmosfere già durante i primi minuti di gioco. La sequenza iniziale (che per altro racconta un punto fondamentale di come si concluderà la nostra avventura), l’incubo di Alan e il risveglio con l'arrivo a Bright Falls sono veramente pagine di King fatte videogioco.
La piccola cittadina che si rivela un bizzarro concentrato di strani personaggi, la normalità che cela oscuri segreti e il personaggio famoso, guarda caso scrittore, che si ritrova suo malgrado in una sorta di realtà deviata (chi ha detto La metà oscura?) sono argomenti molto cari all’autore di Portland ed è semplice per chi è avvezzo ai suoi romanzi sentirsi “a casa”.
Alan Wake è fondamentalmente uno sparatutto Remedy fatto e finito. Siamo onesti: per quanto mi riguarda lo studio finlandese sforna più o meno praticamente sempre lo stesso gioco dove il protagonista deve farsi largo attraverso numerosi nemici usando poteri “particolari” e tanto piombo. E a me sta bene così, considerando per altro che ho sempre apprezzato come vengono gestite le sparatorie ma soprattutto perché ogni titolo ha una struttura narrativa particolare che cattura il giocatore come pochi altri studi sanno fare.
Alan Wake è costruito come una serie TV (cosa che Remedy riproporrà in maniera ancora più diretta con Quantum Break) ed è diviso in sei “episodi” che comprendono anche titoli di coda e riepilogo dell’episodio precedente. Sembra un aspetto di poco conto, ma considerando la voce fuori campo di Alan stesso che accompagna alcuni momenti del racconto è facile rimanere coinvolto dallo stile narrativo. Per non farsi mancare nulla per altro, all’interno del gioco si trovano diversi televisori che passano una serie fittizia, Night Springs, chiaramente ispirata a Ai confini della realtà.
Il mondo di Alan Wake vive nel costante attrito tra la luce e l’oscurità. I nemici per poter essere affrontati in maniera efficace devono essere investiti dal fascio di luce della torcia del protagonista, vera e propria arma per indebolire anche i più coriacei avversari (e chi ha giocato la versione “Ultimate” di Control sa che è una meccanica assolutamente sempre valida). L’incubo in cui si ritrova Wake è un alternarsi di illusioni, specchi, mondi uguali ma diversi che si alternano aiutando il giocatore a immedesimarsi nel contesto della storia. Questi aspetti rendono Alan Wake il piccolo gioiello che è, e il grande numero di appassionati che desiderano a tutti i costi un secondo capitolo è lì a dimostrare l’amore che c’è ancora oggi per il gioco di Remedy.
Alan Wake però non solo ha un impianto narrativo quasi unico e delle meccaniche di gioco, anche se non rivoluzionarie, molto ben bilanciate, ma può fregiarsi anche di una colonna sonora decisamente particolare composta per quanto riguarda la parte strumentale da Petri Alanko, mentre diverse sequenze della nostra battaglia contro l’oscurità vengono accompagnate dai pezzi della band Poets of the Fall,.
Avendo amato il titolo originale e i suoi DLC, la mia speranza è che se mai un giorno ci sarà un seguito, questo non intacchi l’aura mistica che Alan Wake ha e continua ad avere; aura che è rimasta intatta anche nel remaster uscito poco più di un mese fa, per fortuna impacchettato come si deve da Remedy, attenta a non rovinare un gioiello ancora oggi luminosissimo (a discapito dell’oscurità che tenta di avvolgerlo).
Questo articolo fa parte della Cover Story dedicata alle città di paura, che potete trovare riassunta a questo indirizzo.