Fuori in 60 secondi è il vero Fast & Furious
Il successo della saga di Fast & Furious non l’ho mai capito. Sarà che il connubio fra macchine veloci e scene d’azione a base di mazzate non ha mai suscitato in me particolare interesse, sarà che nel tempo i film hanno dato maggior importanza all’aggiunta di nomi di richiamo nel cast che a cercare di dire qualcosa di nuovo, ma la saga di Dominic Toretto e della sua famiglia allargata mi ha sempre detto molto poco.
In particolare non ho mai capito il successo del primo film. Non perché fosse un brutto film – anzi, rimane probabilmente il migliore di tutta la serie – quanto perché era un’evidentissima scopiazzatura di due film mescolati insieme. Il primo è Point Break: del film con Keanu Reeves riprendeva pesantemente la base e la trama: un agente dell’FBI si infiltra in una banda di criminali sospettata di rapinare dei camion pieni di merce elettronica, fra l’agente e il capo della banda si instaura una forte amicizia, ci si mette di mezzo anche l’interesse amoroso per una donna, fila tutto liscio fino a quando il poliziotto deve rivelare la sua identità e scontrarsi giocoforza con il criminale ormai diventato amico. Sostituite il surf con le auto veloci e le rapine in banca con gli assalti ai camion e per il resto era tutto uguale, finale compreso. Il secondo film, da cui la pellicola di Rob Cohen prende invece il contesto delle auto veloci, è Fuori in 60 secondi, uscito nei cinema solo un anno prima.
La pellicola vedeva come protagonista il buon Nic Cage, impegnato questa volta a vestire i panni di Randall “Memphis” Raines, noto ex ladro d’auto con le meches bionde, ritiratosi dal giro, ma costretto a rimettersi all’opera dopo che il fratello minore Kip, tentando di seguire le sue orme, si è messo nei guai con il criminale Raimond Calitri. Per salvare la vita dello sciagurato fratello, Memphis dovrà rubare in settantadue ore ben cinquanta macchine di lusso e consegnarle a Calitri. Ovviamente per poter assolvere al compito dovrà rimettere insieme la vecchia banda, fra cui il meccanico Otto, lo spaventoso e silenzioso Sphynx e la sua ex fiamma Sway (una giovane Angelina Jolie dalla capigliatura semi-rasta biondo platino), cercando nel frattempo di stare il più lontano possibile dal radar del rognoso detective Castlebeck, messosi sulle sue tracce non appena appreso del suo ritorno in città.
Laddove nel primo Fast & Furious le auto erano vetture sportive abbondantemente truccate e piene di NOS per competere nelle gare clandestine, in Fuori in 60 secondi le auto sono oggetti di lusso che devono essere semplicemente rubati: Ferrari, Lamborghini, Porsche e l’auto impossibile da rubare, che porta sempre qualche guaio: una Ford Shelby Mustang GT500 del 1967, chiamata romanticamente “Eleanor”, come una bella donna impossibile da avere. Buona parte del film è incentrata sui preparativi del colpo, con i veterani della banda che tentano di insegnare il “mestiere” ai più giovani e inesperti. Ci sono un paio di scene divertenti, come quella del cane che mangia le chiavi di una delle auto e il tentativo di “recuperarle” e una in cui Cage fa il finto riccone che vuole un’auto che lo differisca dalla massa di plebei tutti con la Ferrari; un buon inseguimento finale che vede Castlebeck e il compagno inseguire Cage che ha appena rubato la famigerata GT500 e un finale prevedibilmente “tarallucci e vino” ma nel complesso il film funziona. Manca forse un po' d’azione in più e qualche approfondimento poteva essere fatto decisamente meglio (come il rapporto fra i due fratelli, in cui il maggiore ha comunque sempre cercato di tenere il minore lontano dalle sue orme), ma il fatto che la pellicola di Cage non abbia mai prodotto una saga e quella di Vin Diesel sì non l’ho mai capita, compresa la differente ricezione da parte del pubblico (la critica, in casi come questo, ha poco da dire).
Fatto sta che Fuori in 60 secondi rimane, a mio parere, una pellicola inspiegabilmente incompresa proprio in virtù del fenomeno della Fast Saga di pochi anni dopo (qualcuno potrà obiettare che dal quarto episodio i film hanno preso una direzione diversa, ma quello che sarebbe diventata la serie lo si poteva intuire già dal secondo episodio), un film di inizio Duemila (anche se è in realtà un remake di una pellicola molto più vecchia) che ha spianato la strada a un nuovo filone che ha visto anche tentativi di imitazione poco riusciti come Overdrive e Autobahn, oltre alla serie The Transporter. Sicuramente uno dei film della “filmografia sana” di Cage che più ho apprezzato, pur nella sua semplicità.
Il film non ha mai avuto un seguito e le possibilità che ne venga realizzato uno sono al momento quasi a zero, la cosa curiosa è che il film originale del 1974, Gone in 60 seconds (molto più incentrato sugli inseguimenti e sulle acrobazie rispetto al remake, tra l’altro la scena principale è proprio un inseguimento di ben quaranta minuti lungo cinque città) ebbe sufficiente successo per la produzione di un sequel, Gone in 60 seconds 2, film rimasto incompiuto a causa della morte del regista nonché attore protagonista H. B. Halicki, scomparso a causa di un tragico incidente proprio durante le riprese della pellicola.
Però io in un seguito ci spero sempre, o magari un sorprendente quanto improbabile crossover con la Fast Saga: non si può mai sapere cosa potrebbero partorire le menti di Hollywood.
Questo articolo fa parte della Cover Story dedicata a Nicolas Cage, che potete trovare riassunta a questo indirizzo.