L'Epopea del cavaliere ripetente è shonen harem tirato dritto!
Vai di checklist:
“prima fidanzata” di alti e sani principi (è principessa) paurosamente tsundere (NON vi starò a spiegare, nel 2020, cosa significhi, fate i compiti) e con canonico doppio codino d’ordinanza;
“sorellina”, in questo caso pure consanguinea, assolutamente e caparbiamente determinata a far finire il protagonista in galera, essendo pure loli;
“aqua cheta” estremamente timida, educata e “morbidosa” che improvvisamente scopri essere una lama di rasoio;
presidentessa del consiglio studentesco con statistiche ridicolmente sovradimensionate (sì, comprese “quelle”) e obbligatori occhiali da miope;
saggio transgender che sa molte più cose di quelle che dice;
protagonista che tutti schifano ma che si scopre essere fortissimo.
E invece la serie Rakudai Kishi no Cavalry, sottotitolata e pubblicata da Yamato Video come L’epopea del cavaliere ripetente è DIVERTENTE ed è uno fra gli esempi che porto quando dico che “compiacere i fan” non dovrebbe essere confuso con “ingozzarli di spazzatura”.
Ma divertente come? Vi chiederete, ora che ho catturato la vostra attenzione.
Divertente del tipo che i dialoghi, quando vogliono essere comici, sono comici e quando vogliono essere epici, sono epici. Se i personaggi sembrano aver perso improvvisamente ogni loro capacità cognitiva ed infilano, parola dopo parola, esclamazione dopo esclamazione, la strada per l’autodistruzione, normalmente, la situazione lo spiega e, altrettanto ovviamente, c’è qualche (bastardo) comprimario che si diverte a travisare, sovrascrivere o sottolineare, le loro gaffe per il proprio fine (molto spesso: divertirsi alle loro spalle).
Se, invece, i personaggi stanno duellando con le parole, spesso prima, dopo, o DURANTE, un duello con le loro spade mistiche, allora anche il loro dialogo è misurato al millimetro, asciugato fino all’essenziale e poi affondato nel cuore dell’antagonista.
Questo risultato, straordinario per chi come il sottoscritto si è subito come una sorta di maledizione centinaia di shonen-harem capaci di spingere al suicidio legioni di neuroni (Infinite Stratos e Hundreds sono titoli per cui ci vorrebbe una nuova Norimberga), viene ottenuto con una ricetta semplicissima: “Tirare dritto!”.
Il protagonista, Ikki Kurogane, non “si rivela” fortissimo: È fortissimo. Si è fatto un culo quadro fin dall’infanzia per sopravvivere alla discriminazione, prima famigliare e poi scolastica, impostagli perché “non dotato” in un mondo parallelo dominato sia dalla tecnologia che dal potere magico e in una famiglia che si è guadagnata privilegi politici e sociali sfornando “cavalieri maghi” di primo livello, arrivando quindi a confondere “potere” con “potenza”.
Siamo alla miscela dei due topoi classici dello shonen contemporaneo, il “fuoricasta che si conquista il rispetto a suon di duro lavoro”, che da Naruto arriva a My Hero Academia, e l’altrettanto gran lavoratore “spaccamontagne” alla Monkey D. Rufy di One Piece, di cui saltiamo (grazie) l’allenamento e arriviamo direttamente a vederlo parcheggiare mani in faccia.
Sintesi apprezzata, visto che ci sono poi solo dodici puntate per sviluppare la trama (ah, non ve lo avevo detto? Oltre ad essere divertente è anche estremamente “compatto”).
La “prima fidanzata” si innamora di lui dopo il, classico, “primo incontro” (lui la vede nuda per sbaglio. Tutto regolare, circolare, gente, circolare) per un colpo di fulmine (forse un pelino didascalico), ma non sta a menarla per TUTTE E DODICI LE PUNTATE. Non è una stupida bambola, è un personaggio e gli vengono date delle convinzioni, delle incertezze, delle inibizioni e (grazie) delle pulsioni.
La “sorellina” a sua volta ha dei motivi più che solidi per andare contro la morale (viste, appunto, le convinzioni da bulletti di coloro che la “morale” rappresentano) e non solo “da piccoli me lo ha fatto vedere e da allora sono rimasta traumatizzata” (cit. EELST).
Anche i personaggi che appaiono in veste di futuri antagonisti, tranne il primo che è proprio solo “uno stro… ” ed è funzionale a metterci un po’ di sano “drama” prima di apparecchiargli una cena di schiaffi, ti fanno lo scherzone di presentarsi come stereotipi e poi, guarda un po’, rivelano di avere una loro personalità e delle loro convinzioni. Magari sono UN PELINO psicopatici, eh, ma stiamo pur sempre parlando di Normali Studenti Giapponesi che materializzano la loro anima in forma di arma magica e si affrontano in un torneo scolastico in cui è possibile rimanere uccisi. Oh, non esattamente i Giochi della Gioventù.
Smarcata la sezione “cosa”, vediamo il “come”: lo studio Silver Link, a cui già devo eterna gratitudine per Dusk Maiden of Amnesia, qui sperimenta di meno ma non fa un lavoro approssimativo: il character design fa risaltare quello che deve risaltare (er… ), pur dandoci personaggi affilati e dinamici, che riescono a gestire più che bene le (brevi) coreografie d’azione. Un po’ tutti i trucchi del manuale vengono poi usati per “gestire il minutaggio” e le scene d’azione senza che si noti troppo il budget da “una delle tante serie d’azione di questa stagione” (non è Kill La Kill, insomma); in un paio di punti viene usata una computer graphic che fa venire voglia di piantarsi una matita negli occhi, ma è una tassa quasi ineludibile, in queste produzioni, e passa in fretta.
Siamo insomma al “prodotto tipo” di questo segmento che, infatti, sconta anche un paio di momenti “meh” (a voler essere onesti: probabilmente tanto più pesanti quanto la vostra età si discosta da quella del target tipo… che bella cosa, l’ingenuità giovanile), riuscendo però ad elevarsi sopra la media in virtù del fatto che fissa i personaggi e non “quello che il pubblico vuole vedere” come punto di partenza e da lì “tira dritto” fino alla fine.
Avercene.
Come detto, Rakudai Kishi no Cavalry - L’epopea del cavaliere ripetente è integralmente pubblicata sottotitolata da Yamato Video in streaming gratuito sul loro canale YouTube. Ben più di un bel regalo.