Hunger Games: tutto ha inizio dai libri
Questo articolo fa parte di una "cover story" che abbiamo voluto dedicare all'uscita mondiale di The Hunger Games, film dal notevole successo ispirato a una serie di libri dell'americana Suzanne Collins. Cinque articoli per cinque giorni, in cui vi racconteremo tutti gli aspetti di quello che è già un nuovo fenomeno mondiale. In attesa che il film arrivi in Italia il primo maggio.
Si fa un gran parlare, in questi giorni, del fenomeno Hunger Games, in occasione dell’uscita dell’omonimo film nelle sale americane che sta raccogliendo critiche entusiaste un po’ ovunque e del quale si parla come di un “anti Twilight”. E speriamo che sia così. Nell’attesa di una testimonianza di prima mano su queste pagine, parliamo invece del romanzo.
Hunger Games (cui fanno seguito Catching Fire e Mockinjay - in italiano La ragazza di fuoco e Il Canto della Rivolta) di Suzanne Collins fa parte di una trilogia di romanzi, sugli scaffali delle librerie da un po’ di tempo (almeno negli States). Il primo romanzo, uscito negli USA a settembre 2008, è stato pubblicato in Italia a ottobre del 2009 per Mondadori. Il secondo romanzo, invece, è uscito, sempre in italiano, a novembre 2010, mentre il terzo romanzo è atteso per maggio 2012, in concomitanza con l’uscita del primo film nelle sale italiane.
Di che tratta Hunger Games? Si innesta (forse un po’ a calci) nel filone delle ambientazioni postapocalittiche. La storia si svolge infatti nel vasto paese di Panem, corrispondente grosso modo all’America del Nord. Circa settantacinque anni prima della nostra storia, tredici distretti si sono ribellati contro lo strapotere di Capitol, il governo centrale, uscendone però sconfitti, al punto che il tredicesimo di essi è stato completamente raso al suolo durante i violenti bombardamenti. Da allora, ogni anno, i restanti dodici distretti offrono in tributo un ragazzo e una ragazza (estratti a sorte tra fanciulli di età compresa tra i dodici e i diciotto anni) per combattere in uno scontro mortale a Capitol City, nell’Arena, durante gli Hunger Games, un reality show estremo in cui la vittoria conduce a fama, gloria e ricchezza e la sconfitta a morte certa.
La sedicenne Katniss Everdeen si offre volontaria come tributo al posto della sorellina dodicenne e, assieme a Peeta, un ragazzo timido e schivo che conosce sin dall’infanzia, si ritrova in viaggio verso la temuta Capitol. Qui si ritroverà ad affrontare altri ventidue ragazzi determinati quanto lei a restare in vita, anche con il bisogno di capire i sentimenti che la legano a Peeta, e a districarsi tra trame politiche che, malgrado la sua volontà, la vorrebbero come simbolo di identità e rivalsa per i dodici distretti vessati da Capitol. In parte ispirato al mito di Teseo, in parte, anche se non dichiaratamente, al racconto di Stephen King The Running Man (L’Uomo in Fuga - 1982) il romanzo affianca temi "young adult" a una storia di azione ed avventura.
Perché leggere Hunger Games? Innanzitutto perché è piacevole da leggere, ben scritto e tutto sommato anche abbastanza crudo, benché dichiaratamente rivolto a un pubblico adolescenziale. Poi perché è uno di quei romanzi che non fanno deroghe, non fanno sconti e non risparmiano veramente nessuno. La guerra è guerra, la morte è morte e il dolore e la perdita fanno parte della vita di tutti, protagonisti compresi. E oggi come oggi, in un mondo edulcorato e fin troppo ossessionato dal politicamente, socialmente o moralmente corretto, direi che non è banale.
Soprattutto è un romanzo che, come detto, pur facendo parte del genere young adult, intreccia le tematiche tipiche (amore, tormento, mi piaci - no mi piace più quello - no te di più - preferisco il cane, ah come sono depressa / incazzata / complicata /dura /fragile bla bla bla) a quelli di un romanzo di avventura/azione (i protagonisti menano, ammazzano, vengono menati, schiattano etc). E arriverà un momento in cui le vicende di Katniss non riguarderanno più soltanto lei stessa e si renderà conto di giocare un gioco ben più pericoloso al di fuori dell’Arena.
Particolarmente interessante è il meccanismo dei giochi, vissuti dai distretti come un vero e proprio incubo a cui sono costretti ad assistere inermi e invece percepiti a Capitol City come il più pazzesco show della stagione, l’evento mediatico attorno a cui ruota tutto lo showbiz della capitale, un’industria della morte e del divertimento alla quale gli abitanti reagiscono con passione ed entusiasmo, trattando i partecipanti non come dei condannati a morte ma come dei divi della TV da promuovere e bocciare a suon di voti e aiuti nell’Arena stessa.
A questo punto vorrei un attimo fare un paragone, spontaneo per chi in questi giorni legge un po’ di recensioni e opinioni nella rete. Difatti molti affiancano Hunger Games a Twilight senza apparente motivo. Se non uno. Le protagoniste. Il modello che offre Hunger Games è molto ma molto diverso da quello di Twilight. Difatti, se Bella è fondamentalmente una cretina subnormale una figura poco attiva che subisce gli eventi invece di affrontarli, in attesa, sempre, del salvataggio da parte del belloccio di turno, Katniss no. Katniss prende in mano il suo destino, non è in balia degli eventi. Katniss, in poche parole, mena e mena abbestia. O, meglio, tira frecce. A qualunque cosa si muova, specie se si tratta di salvare il proprio culo e quello di coloro a cui tiene. Katniss è una sopravvissuta. Bella una miracolata. La differenza è tutta qui. Che poi entrambe siano sentimentalmente due rincojonite confuse è un altro discorso.
Gli articoli che compongono la cover story:
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