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I miei momenti memorabili dei film anni Novanta e Duemila

I miei momenti memorabili dei film anni Novanta e Duemila

In vita mia di film ne ho visti tanti, anzi tantissimi. Ci sono film che ho visto una volta e me li sono dimenticati praticamente subito, altri che mi sono anche piaciuti ma sono rimasti un po' nel limbo del “bene ma non benissimo” e altri che ho amato alla follia, rivisti decine e decine di volte. Basandomi su questi ultimi, ho voluto selezionare, per la Cover Story di questo mese, i miei personalissimi momenti memorabili dei film che più ho amato. Così com’è stato per il pezzo sulle migliori sparatorie al cinema, si tratta di una scelta assolutamente personale, senza nessuna classifica ma raccontandoli in base all’anno di uscita. Anche in questo caso, si salta un po' di palo in frasca passando dai film d’azione a quelli di fantascienza senza dimenticare i cinecomics.

In Quei bravi ragazzi di Martin Scorsese, il trio composto da Henry Hill, Tommy DeVito e James Conway ne ha combinate di ogni, facendola sempre franca, sentendosi praticamente intoccabili. Proprio sull’onda di questa loro esaltazione collettiva, arrivano a commettere un errore che costerà carissimo a Tommy, il matto del gruppo. Billy Batts, un pezzo da novanta della loro famiglia criminale, dopo essere tornato in libertà riabbraccia i vecchi amici e prende in giro Tommy per il suo passato da lustrascarpe. Tommy ovviamente non può tollerare un insulto del genere, e anche se non dovrebbe reagire in virtù del suo status inferiore nell’organizzazione, elimina Batts in maniera violenta grazie alla complicità dei due amici.

Point Break, oltre ad essere senza alcun dubbio uno fra i migliori action dei primi anni Novanta, è un concentrato di adrenalina pura. L’agente federale Johnny Utah ha capito che la banda di rapinatori nota come gli ex presidenti è in realtà composta da Bodhi e i suoi amici, e si apposta insieme al fidato collega Angelo Pappas nei pressi di una banca che si suppone possa essere il loro prossimo obiettivo. I sospetti di Johnny sono fondati e così si lancia all’inseguimento di Bodhi e i suoi, prima in auto e poi a piedi, dove, dopo una corsa a dir poco rocambolesca, alla fine dovrà arrendersi a causa del ginocchio malconcio e della sua esitazione nel premere il grilletto verso l’amico.

In Codice d’onore, il giovane avvocato Daniel Kaffee deve difendere i suoi assistiti da un’accusa di omicidio che potrebbe far loro passare in prigione la maggior parte della loro vita. Kaffee deve dimostrare che i suoi clienti, due soldati dell’esercito degli Stati Uniti, hanno ricevuto l’ordine dal colonnello Nathan Jessep, direttore della base militare di Cuba, nonché futuro pezzo grosso della sicurezza nazionale. Jessep è inattaccabile, non ci sono prove o testimoni a sostegno della sua colpevolezza, e Kaffee capisce che l’unica carta che può giocarsi è far confessare il colonnello, pungolando la sua arroganza e la sua boria. E ci riesce. In questa scena c’è un Jack Nicholson assolutamente magistrale, che sembra non crollare mai e avere la partita vinta, annientando Kaffee sul piano verbale, ma l’avvocato, un po' come quegli attaccanti che ci provano e alla fine segnano al novantacinquesimo, pungola l’avversario fino a farlo involontariamente confessare.

Heat vede due giganti della recitazione, Al Pacino e Robert De Niro, sfidarsi nel classico confronto fra poliziotto e criminale. Vincent Hanna è un duro tenente della polizia di Los Angeles, specializzato nel fermare bande dedite alle rapine. Il lavoro per lui è un chiodo fisso, ha tre matrimoni falliti alle spalle e non molla mai di un centimetro sui casi che segue. Neil McCauley è un criminale altrettanto coriaceo, senza radici e senza passato, che a una vita normale non ci ha mai pensato, ma che vuole fare un ultimo colpo per poi sparire insieme a una donna che ha portato un po' di calore in una vita fredda e solitaria. I due sanno che dovranno scontrarsi e che solo uno di loro sopravvivrà. Prima della loro sfida, prendono un caffè insieme in un diner, come due vecchi amici, parlando delle loro vite.

American Beauty ha come protagonista Lester Burnham, uomo di mezza età insoddisfatto della propria vita. Ha un lavoro che odia, una moglie per la quale non prova più nulla e che per giunta lo tradisce e una figlia problematica. L’infatuazione per una giovane ragazza, compagna di scuola della figlia, gli restituisce un vigore e una vitalità persi da tempo. Lester trova il coraggio di licenziarsi da un lavoro che avrebbe probabilmente perso, insultando e ricattando il suo odioso capo, tentando la strada per una sorta di seconda giovinezza. Un eroe.

La venticinquesima ora vede Monty Brogan, spacciatore condannato a sette anni di prigione, vivere il suo ultimo giorno di libertà prima di scontare la sua lunga pena. In quell’ultima giornata, Monty dovrà fare i conti con tutti i suoi fantasmi personali. Durante la visita al pub del padre, si trova in bagno, da solo, davanti allo specchio, e sfoga tutta la sua rabbia nei confronti delle persone che ha intorno. I suoi amici, suo padre, la sua ragazza, e l’intera città di New York, protagonista occulta della pellicola. Monty è un fiume in piena e la sua violenza verbale non risparmia nessuno, nemmeno i politici.

Matrix Reloaded è stato, a mio parere, fin troppo massacrato all’epoca dell’uscita. Sarà anche troppo filosofico, troppo ingarbugliato a livello di trama, troppo barocco nelle scenografie e nei costumi, ma per quanto riguarda le scene di combattimento, rimane secondo me inarrivabile e per certi aspetti forse anche meglio del primo. In questo caso i momenti memorabili sono due: Neo, in abito talare e con poteri quasi divini, si scontra con un numero infinito di cloni dell’agente Smith, sua nemesi, diventato una sorta di virus all’interno di Matrix. Uno scontro che sembra non finire mai.

Il secondo momento memorabile, vede invece Neo “regolare” gli uomini del Merovingio all’interno del suo castello. Tanto per tornare a quanto si diceva prima, un applauso a chi ha pensato e progettato la location.

I cinecomics non mi hanno mai fatto impazzire particolarmente, ma la trilogia di Spider-Man di Sam Raimi l’ho veramente amata molto, compreso il controverso terzo episodio. In Spider-Man 2, uno dei migliori esponenti del genere, un Peter Parker in piena crisi esistenziale, nonostante una vita che a livello personale gli regala solo amarezze, dove fra lavori precari, affitti non pagati, lezioni universitarie con le quali non si riesce a stare al passo e Mary Jane che pare essere perduta per sempre, non smette di combattere il male, questa volta salvando un treno pieno di passeggeri che sta per deragliare, mettendo a repentaglio la sua identità segreta, oltre alla sua vita, ma infine confortato da una ritrovata fiducia nelle persone e nella loro umanità.

Clerks, film di Kevin Smith del 1994, è diventato nel tempo un piccolo cult, grazie alla sua capacità di ritrarre in maniera ironica e surreale uno spaccato generazionale. Clerks 2, seguito del 2006, pur non avendo la freschezza del primo, riesce comunque efficacemente a raccontare come quella stessa generazione sia cresciuta in mezzo a un mare di disillusione, facendo i conti con una provincia dalla quale si vorrebbe scappare ma che ormai è parte di noi. Dante e Randall, protagonisti del primo film, sono ormai cresciuti e hanno superato la trentina. Se Randall rimane l’eterno bambino di sempre, Dante cerca di migliorare la propria vita. Sta per sposarsi e trasferirsi in Florida, abbandonando l’amico di sempre. Per una serie di vicissitudini, finiscono per passare una notte in prigione. Dante accusa Randall di aver rovinato tutto ancora una volta, e l’amico lo mette davanti a quella realtà che Dante non ha mai capito: deve vivere una vita che abbia senso e valore per sé stesso, senza fare ciò che si aspettano gli altri da lui.

Tornando in tema cinecomics, concludo questa breve carrellata con Il cavaliere oscuro di Cristopher Nolan. Premesso che tutte le scene in cui è presente Joker sono memorabili, nulla potrà mai essere superiore al momento in cui il clown del crimine si presenta a Salvatore Maroni e ai suoi sgherri, senza alcun tipo di timore reverenziale, ma anzi mettendo ben in chiaro sin da subito che sarà lui a condurre il gioco.

Questo articolo fa parte della Cover Story dedicata ai "Momenti memorabili", che potete trovare riassunta a questo indirizzo qui.

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