Che fatica, fare il manager delle Idol
Buongiorno.
Mi presento: sono Pacione, ho ventotto anni e in questo ultimo periodo sono stato manager di diversi gruppi di idol. Si parte dalle “Paciocchini”, per poi passare alle “ Paciocchini ; Again”, fino ad arrivare a “L’anima de li mortacci vostra”. Questi tre gruppi di idol hanno una sola cosa in comune: li ho creati e fatti fallire io: non è facile emergere in questo mondo.
Per comprendere al meglio il fenomeno, prima di imbarcarmi nell’avventura di Idol Manager, ho ricercato delle informazioni riguardo al mondo delle starlette giapponese, che dista anni luce dal sistema che regola quelle occidentali. Non che il fenomeno delle idol qua non sia mai arrivato: in un certo qual senso le Spice Girls e i Backstreet Boys potrebbero essere considerati dei gruppi di idol, ma la forza delle stelle giapponesi è quella di rimanere sulla cresta del successo per molti anni e di creare un culto di aficionados veramente enorme, che fa fare a noi manager bei soldoni.
A ben vedere, nella mia esperienza da manager ho coltivato il talento di alcune giovani ragazzine che sono state sulla cresta dell’onda per anni, rilasciando singoli sempre in top five nelle classifiche. Non sempre tutto è andato liscio come l’olio, visto che ho dovuto gestire casi di molestie e scandali, che avrebbero potuto minare l’immagine delle mie galline dalle uova d’oro. Dopotutto, le idol, non sono soltanto semplici starlette che prestano la loro immagine a magazine più o meno spinti, TV Drama e show televisivi; sono dei modelli per i giovani, sono qualcosa a cui aspirare.
Le idol della mia azienda, la Pacione Inc. dovevano tenere un comportamento impeccabile sia al lavoro che nella loro privata: guai se osavano frequentare un ragazzo, per di più nei love hotel!
Una cosa del genere non sarebbe stata assolutamente accettata dal pubblico maschile, specialmente dai signori di una certa età che vedono la purezza e la castità come dei valori aggiunti per le loro beniamine preferite.
A volte, con certe persone siamo dovuti intervenire: durante un evento di stretta di mano, qualche fan ha esagerato e c’è stato bisogno della security. Una delle nostre star ha subito un abuso che ha portato la sua salute psicologica a picco, rendendo necessaria una spesa aggiuntiva per uno psicologo che cercasse di farle superare quel brutto avvenimento. E ovviamente, chi pagava? Ma è ovvio, la Paciocchini Inc!
Teniamo molto alle nostre idol, soprattutto quando ci portano così tanti bei soldi… .
Il mondo delle idol è complicato e riassumerne la storia è decisamente un’impresa titanica: esistono dalla seconda metà del Ventesimo secolo, precisamente negli anni Settanta, e quarant’anni fa c’è stata una vera esplosione del fenomeno. Qua in Giappone i nostri padri sono cresciuti con le conturbanti Onyanko Curabbu, che determinarono un cambio repentino di come le Idol venivano gestite, consentendo di mantenerne e aumentarne la fama, piuttosto che tenerle soltanto come meteore che duravano soltanto una, al massimo due stagioni.
Ok, Pacione, ora datti due bei schiaffoni e rinsavisci: questa non è una dichiarazione sul fallimento delle “L’anima de li mortacci vostra” ma l’articolo dedicato a Idol Manager, titolo manageriale in cui dovremo gestire un’azienda che dovrebbe lucrare su delle ragazzine che cantano e ballano.
E il gioco mi ha preso molto, come potete vedere: non sono un grande fan degli strategici, ma nonostante abbia fallito il mio percorso per tre volte, mi sono divertito. Idol Manager è un titolo ben fatto, le parti manageriali funzionano bene e ha una propensione spiccata per la narrazione in stile Visual Novel; insomma, ve lo raccomando.
Tra le altre cose, ha portato a interrogarmi sull’origine dell’estetica kawaii che oggi si attribuisce alle idol, o sul perché i manager spingono molto sul lato “casto e puro” delle ragazze. Kawaii è un termine che in giapponese significa “grazioso, carino” e viene utilizzato come aggettivo verso oggetti o ragazze, mentre difficilmente è attribuito ai ragazzi. Analizzare l’estetica kawaii non è molto facile, per quanto riguarda il mondo delle idol, così come per il mondo dei fumetti e dell’animazione. L’origine la si può far risalire al periodo Edo, con la popolarità di alcuni tipi di Netsuke, delle sculture di avorio che accompagnavano il kimono dei guerrieri. Successivamente si sono evoluti come oggetto d’arte, ma già le forme molto tondeggianti e, per l’appunto “carine” erano presenti in questi oggetti d’epoca.
Le forme rotonde e armoniose, insomma, appartengono da tempo alla cultura giapponese. Trasferendoci nel 1950 incontriamo Rune Naito, un artista che ha fatto delle forme aggraziate il suo vanto, pubblicando illustrazioni per pubblicità e riviste con uno stile estetico che all’epoca era considerato morbido e carino, di sicuro appeal verso il pubblico femminile. Naturalmente anche altri autori iniziarono a inserire delle forme sinuose nei loro disegni: non solo per lo scopo di essere carini, ma anche perché erano espressivamente funzionali.
Non è un caso se Tezuka abbia adottato delle linee molto rotondeggianti e con teste molto grandi per dare risalto all’emotività dei suoi personaggi: basta guardare Astro Boy per comprendere le sue emozioni e la sue personalità. Le forme rotonde e sinuose davano carattere ai personaggi presenti nei manga, rendendoli più espressivi, caratteristica condivisa anche con brand sicuramente circoscrivibili con la parola Kawaii.
Nel 1974 nacque un monumento del kawaii, Hello Kitty, e da lì la situazione inizia a farsi sempre più interessante.La gattina prodotta da Sanrio iniziò a diventare un cult sia tra gli adulti che tra le ragazzine al punto da diventare un simbolo.
Se faticate a vedere il nesso con le Idol moderne, o comunque con l’evoluzione delle idol, tranquilli, è normale. Ma stiamo arrivando al punto, ovvero a Hideo Azuma, che in un certo senso, con il suo Nanako S.O.S conia il vero e proprio primo personaggio lolicon.
Nanako S.O.S è un’opera figlia dei suoi tempi, con battute sicuramente incomprensibili ai più, visto che si rifanno al mondo giapponese degli anni Ottanta, ma proprio per questo è pieno di citazioni e frecciatine al mondo delle idol dell’epoca, che raccontano come questo fenomeno fosse costruito a puntino per rispecchiare un’immagine di purezza e castità quantomai più vicina a quella dei prodotti kawaii, ma orientata verso un concetto di sensualità che, perdonatemi, io non riesco a comprendere.
La società giapponese è un collettivo di individui che reprimono molto i propri istinti sessuali: non so se le cose stanno cambiando, ma per loro anche una stretta di mano ha una qualche valenza sessuale.
Dopotutto si tratta di un contatto: ed ecco perché alcuni eventi, come le strette di mano con i propri idoli sono sempre pieni di persone pronti a fare l’impossibile per ottenere un contatto con la beniamina del cuore.
Alcuni amici giapponesi mi dicono che questa cosa abbia a che fare, più che con la sessualità, con la nostalgia verso la giovinezza. Le idol, nemmeno a dirlo sono molto giovani, spesso anche minorenni.
Tuttavia, questa cosa non mi è mai quadrata completamente: se è una nostalgia verso la gioventù, perché è uno scandalo frequentarsi e avere relazioni con ragazzi della loro età? Perché conservare una purezza innaturale per delle ragazzine che comunque stanno crescendo?
Secondo me c’entra il fatto che le idol non sono solamente role model, ma anche modelli, in un certo senso sessuali: sono dei modelli per tutto, delle macchine da soldi che vendono foto, video, eventi di stretta di mano, CD, video. Qualsiasi cosa. Probabilmente sono lo specchio più consumistico di un capitalismo malato, ma ehi, non entriamo troppo nel politico che poi non finisco più di parlare del fenomeno, e soprattutto del videogioco, che come già detto mi è piaciuto assai.
Non essendo un fan dei giochi manageriali forse certi difetti mi sfuggono, tuttavia nel gioco ho ritrovato esattamente tutto quello che ho scritto fin qui: mi ha fatto riflettere, e posso garantirvi che non è molto edulcorato, ma rappresenta bene anche i problemi verso cui le idol, così come le agenzie, possono andare incontro. Si potrebbe affrontare il fenomeno anche dal punto di vista coreano, ma non mi sento molto a mio agio a fare delle considerazioni così lunghe su una cultura che conosco decisamente meno di quella giapponese.