Mythwrecked: Ambrosia Island - Fatemi andare in vacanza senza dover fare nulla
È ai Greci che ci rivolgiamo quando siamo stanchi della vaghezza, della confusione, del cristianesimo e delle sue consolazioni, della nostra epoca.
Virginia Woolf, On Not Knowing Greek
Scorrendo il mio anno videoludico che sta per volgere al termine, ho notato che almeno tre giochi hanno come tema principale la vacanza, la gita, il turismo, le ferie, la villeggiatura. In Été ho messo i panni di un pittore che si trasferiva per l’estate, appunto, in un quartiere bohémien di Montreal, Canada. In Dungeons of Hinterberg invece sono stato Luisa, che si prendeva una pausa dalla sua professione di avvocatessa a Zurigo per scacciare mostri nella idilliaca cittadina di Hinterberg sulle alpi austriache. Dopo la città e la montagna avevo bisogno di un po' di mare. Ecco che è venuto in aiuto Mythwrecked: Ambrosia Island uscito da pochi giorni grazie al lavoro del piccolo studio scozzese Polygon Treehouse. Gli sviluppatori mi hanno portato in Grecia e più precisamente sull’isola di Ambrosia. In realtà non doveva andare proprio così, ma ora vi racconto tutto.
Alex (nome completo Alexandra) è una ragazza che ha da poco concluso il dottorato, per cui ha passato gli ultimi anni della sua vita in uno “studio matto e disperatissimo” per citare Leopardi. Decide così di prendersi una pausa e di fare una vacanza in Grecia. La ritroviamo a bordo di una barchetta chiamata Argo II, guidata da un capitano barbuto. Si scusa per il poco preavviso con cui aveva prenotato l’escursione e anche per il telefono che continua a ricevere notifiche. Purtroppo non arriverà mai a destinazione, perché una tempesta distrugge la barca e si ritrova naufraga sulla spiaggia di un’isoletta alquanto bizzarra, non tanto per le strane costruzioni diroccate che si intravedono, quanto per gli abitanti che di lì a poco conoscerà.
Il mondo di Mythwrecked è rappresentato con una colorata grafica low poly, le animazioni sono molto dettagliate, specialmente quelle delle espressioni facciali, l’isola pur se piccola è densissima di cose da scoprire e da fare, i personaggi-non-giocanti sono a dir poco “affascinanti”. Ci si muove in questo mondo tridimensionale in terza persona, ma la telecamera è fissa, o meglio si sposta automaticamente con il personaggio e questo a volte rende la leggibilità ambientale un po’ confusa. Anche il passaggio da una zona all’altra risulta fastidioso perché c’è sempre un frame di caricamento nero che spezza l’azione. Nulla di drammatico ma, sommando le due cose, l'esperienza finale un po’ ne risente. Alex, dopo essere naufragata, incontra la statua parlante Ora, che le consegna un marchingegno chiamato Ambrosidex, che somiglia tanto ad un cellulare/tablet/tavoletta Sheikah fate voi, e che diventerà il nostro insostituibile compagno. Ci permette infatti di comunicare con i personaggi, di vedere la mappa, di scoprire segreti nascosti grazie ad un radar sonoro, di conservare e leggere i vari testi trovati nell’isola.
Il primo incontro umano invece avviene con un ragazzo paffutello che indossa solo un costume bianco, delle ciabatte da spiaggia e… ha un paio di piccole ali sulle spalle. Purtroppo sembra aver perso la memoria (tropo a quanto pare ormai imprescindibile nel mondo videoludico!) e non ricorda bene chi sia. La prima quest che ci assegna è quella di dar da mangiare ai gabbiani. Una volta soddisfatto il numero di uccelli da saziare, possiamo tornare da lui. A questo punto, avendo guadagnato un po’ della sua fiducia, ci chiederà di metterci alla ricerca di alcuni oggetti (memento) che appartenevano al suo passato e che sono stati nascosti in tutta l’isola. Qui entrano in gioco la mappa e il radar. Guardando la mappa ci accorgiamo che alcune aree lampeggiano. È lì che si nasconde l’oggetto. Quando arriviamo in quella zona, il nostro radar comincia ad emettere un suono che si fa più frequente a mano a mano che ci avviciniamo. Una volta scovato, lo riportiamo al proprietario che grazie a questi oggetti comincia a ricordare il proprio passato. Il ragazzo non era altro che Hermes, il messaggero degli dei. Se prima viaggiava a gran velocità, ora vive la vita in modo tranquillo e non lascia mai la sua spiaggia e il suo idrovolante. Proprio grazie ai favori che gli abbiamo fatto, ci racconta di più sulla sua storia e del perché si è ritirato, ci permette di entrare nella sua dimora e ci dà un sigillo che apre determinate zone prima inaccessibili. Inoltre possiamo scambiare con lui (e con gli altri NPC) i frutti di ambrosia sparsi per tutta l’isola in cambio di oggetti utili al prosieguo della nostra avventura o semplicemente dei collezionabili. Questo, in linea di massima, è il loop di gameplay di Mythwrecked.
Ora, direte voi, e che ci vuole? Non è proprio così semplice, perché se all’inizio abbiamo da soddisfare le esigenze di una sola ex-divinità, poi ne avremo otto e anche in contemporanea. Infatti, oltre alle decine di fetch quest da compiere, uno dei passaggi più impegnativi del gioco è forse proprio quello di restituire il giusto memento alla giusta divinità (qui bisogna conoscere un po’ di storia dei miti greci, oppure si può andare per tentativi, oppure chiedere un aiutino alla statua Oracolo che abbiamo incontrato all'inizio). Considerando anche che gli déi hanno delle routine ed essendo il giorno diviso in alba, mezzogiorno, tramonto e mezzanotte non sempre sono disponibili. C’è chi è più mattiniero e chi invece si palesa solo di notte. Per fortuna delle panchine sparse un po' ovunque permettono, oltre a salvare il gioco, di far avanzare il tempo. Altro aiuto che viene in soccorso del giocatore sono dei portali (che vanno sbloccati con l'acquisto di speciali chiavi) che permettono di teletrasportarsi da una zona all’altra dell’isola risparmiando così un po' le suole dei nostri scarponi.
Ora, quella che per Alex doveva essere una pausa da un periodo stressante si trasforma invece in un lavoro vero e proprio. Invece di starsene sdraiata su una spiaggia a bere un ouzo sour, va in giro a soddisfare le richieste di un manipolo di dèi “in pensione” che hanno perso la memoria e si sono isolati nelle loro dimore. Lo scopo di una vacanza dovrebbe essere proprio quello di staccare dalla routine. Alex (e con lei il giocatore) sembra invece cascata in pieno in un nuovo tran tran fatto di “riempi le fontane per Poseidone”, “recupera il memento per Zeus”, “porta le armi alle statue guerriere per Ares” e così via fino ai titoli di coda che per me sono arrivati dopo circa dodici ore. Nonostante questa contraddizione in termini (vado in vacanza per lavorare), c’è un che di magnetico in Mythwrecked: l’ho divorato in tre sole sessioni. È un gioco che oserei definire denso, compatto, fitto. In uno spazio virtuale così piccolo risulta incredibile il numero di attività, di oggetti e di segreti che sono stati inseriti. Non c’è un momento di pausa, c’è sempre qualcosa da fare, tanto che avevo quasi l’ansia di decidere chi accontentare per primo. La mappa e il level design mi sono sembrati molto ben congegnati. Tutta l’isola è interconnessa con un sacco di passaggi nascosti. La cosa però per cui vale la pena giocare a Mythwrecked sono sicuramente i dialoghi e come le divinità greche sono state reinterpretate in chiave moderna. Forte di una scrittura semplice e diretta ma mai banale, i personaggi mettono in scena tutte le fragilità dei tempi moderni fatti di isolamento sociale, paure e nevrosi. Proprio grazie ad Alex, queste divinità riusciranno a ritrovare il senso di comunità, amicizia e fratellanza che avevano perso tanto tempo fa. Mythwrecked è un gioco non violento, non si uccide nessuno e non si può morire, è inclusivo e nonostante abbia un gameplay piuttosto ripetitivo, ti invoglia ad aiutare gli dèi smemorati. Una vacanza che cambia profondamente Alex, così come ha cambiato il pittore di Été e Luisa di Dungeons of Hinterberg.
Nel loro saggio L’alba dei nuovi dèi, Andrea Colamedici e Maura Gancitano scrivevano “Scopo di questo libro, dunque, è raccontare cosa ci sta accadendo, cosa rischiamo di perdere e come possiamo inventare nuove collettività, aiutandoci a non franare nelle stesse insidie in cui caddero i nostri vicini antenati nella Grecia antica. A fare la differenza, in particolare, sarà il modo in cui sapremo ristabilire il nostro rapporto con il divino: se la filosofia è nata, come vedremo, proprio a partire dall’abbandono del politeismo e dall’interruzione di un rapporto diretto con una pluralità di potenze invisibili eppure onnipresenti, oggi la filosofia morendo può favorire l’alba dei nuovi dèi, già presenti e attivi tra noi eppure ancora senza nome, nonostante i grandi tributi che quotidianamente offriamo loro.” Non certo scevro da problemi tecnici e di gameplay, Mythwrecked ha la grande capacità attraverso un racconto in bilico tra contemporaneo, mitologia e fantastico di provare a ristabilire il contatto con il divino.