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Andate a Phoenix Springs

Andate a Phoenix Springs

Phoenix Springs è uno spazio liminale, un'oasi, un villaggio avvolto nel mistero. Dove sta la verità? Come sono connesse bioetica, proteste studentesche, ricordi, e legami affettivi? “Non andare a Phoenix Springs”, sentirete ripetere più e più volte.

Se mi aveste detto che nel 2024 avrei giocato a una delle mie avventure grafiche preferite di sempre non penso ci avrei creduto molto. E invece Phoenix Springs si lancia a gamba tesa nella lista dei miei possibili giochi dell’anno, con una direzione artistica magistrale, una narrazione che sembra stare costantemente con un piede nella realtà e l'altro nella fantasia e un gameplay che abbraccia con eleganza tradizione e modernità.

Abbiamo un cursore che ci permette di interagire con il mondo circostante usando tre verbi: Parla, Esamina, Usa.

I primi minuti di gioco mi fanno immediatamente venire in mente Another World: nei panni della giornalista Iris Dormer, ci troviamo alla ricerca di nostro fratello Leo, misteriosamente scomparso, in quello che pare essere un futuro non troppo distante e di cui conosciamo poco, se non la sua natura presumibilmente dittatoriale. La messinscena è pulitissima ed essenziale, e senza nemmeno accorgercene passiamo organicamente da un posto all’altro come se stessimo sfogliando le pagine di un romanzo. Il piccolo team anglo-francese Calligram Studio (un collettivo artistico composto da tre persone) riesce a camuffare un’implementazione 3D con una veste grafica "flat" che ricorda un po’ quando a scuola disegnavi sull'album Fabriano con i pennarelli Uni Posca. Contorni neri sono accompagnati da quattro o cinque colori abbinati tra di loro in maniera impeccabile su ognuna delle schermate, passando tra stanzini bui, quartieri desolati, e deserti infiniti. Il tutto sempre in compagnia di una colonna sonora che è lì ma non è lì, che scompare ma si ripresenta con forza nei momenti più importanti.

Bastano così le prime interazioni con l'ambiente circostante per ipnotizzarmi: credo sia il mix tra questa veste grafica unica e la direzione del voice-over, con una protagonista che parla con fare pacato, monocorde, e la cui voce si miscela con il resto dei suoni in modo magnetico. Iris fa effettivamente da narratrice, esprimendo quelli che sono i suoi pensieri, ma anche esponendo tutto ciò che gli altri personaggi le dicono. È una scelta intelligente sia dal punto di vista produttivo - aiutando a contenere i costi (al momento il gioco è disponibile solo in inglese, ma un inglese mai troppo complesso) - sia dal punto di vista narrativo, in quanto Phoenix Springs si pone come obiettivo quello di avvolgerci nel labirinto mentale composto dalle incertezze della protagonista. Questo labirinto prende vita anche sotto forma di inventario: abbiamo una sorta di bagagliaio mentale in cui raccogliamo indizi, nomi, sigle, e idee utilizzabili per portare avanti deduzioni ed avanzare nella nostra misteriosa avventura. Non è affatto un gioco cervellotico investigativo, tutto scorre in modo abbastanza liscio (forse qualche pecca in un paio di occasioni), e il gioco stesso si prende anche cura di far pulizia mentale quando necessario. Se però vi capiterà di sentirvi persi, dal menu è possibile letteralmente cliccare su un pulsante che porta alla soluzione del gioco, direttamente sul sito del team - altra mossa snella ed intelligente.

Ciò che però eleva Phoenix Springs è il connubio tra il suo stile di scrittura (spesso misterioso, malinconico, e a tratti molto evocativo) e il contesto narrativo che il team ha creato: a tratti sembra tutto normale, a tratti tutto impossibile. Credi di aver afferrato, e poi sfugge di nuovo tutto. In poco più di cinque ore si giunge ai titoli di coda, anche un po’ emozionati, con la sensazione di aver ascoltato uno di quegli album che non ti dimenticherai mai, o di aver letto una splendida poesia e averne trovato una propria interpretazione. Ma il desiderio di capire tutto della storia di Iris e Leo è troppo forte. E senza pausa, proprio con il cuore in mano, mi sono ripiombato sul gioco, rinato, portandolo nuovamente a termine in un'oretta e mezza, ovviamente facilitato dal sapere come andare avanti. Il quadro è più chiaro, ma ancora avvolto da un suo affascinante alone di mistero. E, come per magia, anche il secondo incontro con i titoli di coda è emozionante e lascia dentro di me uno straordinario senso di meraviglia. Phoenix Springs è un posto che non si scorda.

L'investigazione in Phoenix Springs è sempre intervallata da brevi ma potenti sequenze animate.

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