Rick, Morty e l'elefante nella stanza
Quando il personaggio di Rick Sanchez ci viene introdotto, è ubriaco fradicio e fa irruzione nel pieno della notte nella stanza di suo nipote Morty.
Teoricamente non viene nemmeno introdotto, ci viene piuttosto tirata addosso una routine consolidata, non dissimile dall’avvio di una qualsiasi altra puntata: una situazione ai limiti dell’assurdo, potenzialmente letale per il genere umano.
In Rick and Morty va così.
Rick è il motore dell’azione di quella che altrimenti sarebbe una famiglia banale, incastrata in una mediocre vita suburbana, struggendosi per banali drammi e insignificanti vittorie quotidiane. Morty è il motivo principale del ritorno di Rick dopo una lunga assenza, per una storia di camuffamento di onde cerebrali, ritorno che per il ragazzo costituisce il principio di una narrazione di coming of age.
In realtà non sarebbe nemmeno così semplicistico, se non ci fosse qualcosa di profondamente radicato nel suo passato, di cui solo a tratti riusciamo a scorgere pochi e confusi elementi.
La sua origin story.
Sono gli elementi di continuity a tenere insieme le puntate della serie, che unisce con divertita intelligenza elementi fantascientifici, postmodernismo e commedia di bassa lega. Come nel gioco dello shangai, in cui tutti i bastoncini vengono proiettati in direzioni diverse in maniera imprevedibile, così le tematiche della serie si muovono a coprire uno spettro ampissimo di situazioni, per distrarre Rick dall’introspezione che, nonostante ciò, scalcia per manifestarsi allo spettatore.
Qualcosa esce fuori nella terza stagione, quando gli alieni che tengono prigioniero Rick lo costringono a rivivere alcuni momenti del suo passato.
La spaccatura che ha creato il Rick Sanchez che conosciamo, e che gli ha compromesso la vita, è legata alla scomparsa di sua moglie; quando ha inventato la Sparaporte, la tecnologia che gli permette di spostarsi tra gli universi, qualcosa è andato storto.
Da quel momento in poi, un’inarrestabile sequenza di avvenimenti lo ha portato ad essere uno fra gli uomini più ricercati del multiverso, braccato ad ogni piè sospinto dalle conseguenze delle sue azioni incarnate da una parata di personaggi ambigui e spesso respingenti, alleanze improbabili e un’incredibile serie di sostanze stupefacenti esotiche.
Rick Sanchez è gravato dal peso del genio che lo schiaccia e lo isola, per il quale si isola, per limitare i danni, per controllare le conseguenze.
Così, bloccato, incapace di dimenticare e costretto a convivere con i propri errori.
Una forma di perversa predestinazione.
Una solitudine che non riesce a colmare in nessun modo, con nessuna relazione, se non proprio con il rapporto quasi simbiotico che coltiva con Morty e, trasversalmente, con il resto della sua famiglia.
Una sorta di eco di ciò che ha perso e che non può tornare, un surrogato svincolato da responsabilità della paternità.
Rick porta avanti una ben precisa visione di sé. In ogni episodio, indossa la maschera del distaccato uomo di scienza con la situazione sotto controllo, come se una continua razionalizzazione dell’universo infinito e caotico lo calmasse, ricordandogli che non c’è nulla che non possa affrontare, adesso che è diventato “il più Rick dei Rick”.
Sotto questo punto di vista, Rick Sanchez ricorda Sherlock Holmes, che ricorreva alla sua “soluzione al 7%” nei momenti di inattività e noia. Similmente, Rick abusa della qualunque per stordirsi, nonostante questo motivo non venga mai chiaramente esplicitato, al contrario di altre tematiche, che danno origine a veri e propri filoni di storie e sottotrame.
Beth Sanchez ha subito le ripercussioni dell’assenza di una figura paterna, da un lato idealizzando il padre, dall’altro ritrovandosi spinta fra le braccia di un uomo che ne è l’esatto opposto: Jerry Smith.
Jerry è forse tra le figure più puramente comiche della serie, la sua esasperata normalità emotiva e lavorativa sfocia costantemente nel nonsense e le sue costanti insicurezze, accoppiate alle problematiche che si porta dietro Beth, danno origine al topic del matrimonio in crisi.
La verità che ad accomunare Beth e Jerry c’è la costante frustrazione di una vita senza sbocchi, messa in evidenza, per contrasto, dalla presenza dell’eccezionalità di Rick.
Il quadro familiare viene completato da Summer, la sorella maggiore di Morty e spesso suo contraddittorio, la cui presenza nelle storie rappresenta un point of view sulla condizione femminile e il luogo della donna nella società contemporanea.
Nel più ampio quadro delle serie animate contemporanee, dal punto di vista delle problematiche legate ad alcolismo e dipendenza, Rick and Morty ha un approccio opposto a quello di Bojack Horseman.
Mentre Bojack fa un lavoro veramente analitico ed introspettivo, fino a risalire alle radici dei problemi di dipendenza del protagonista, Rick and Morty non ha la benché minima intenzione di arrivare ad una catarsi. È una serie senza dubbio più indulgente con i sui protagonisti, giustifica anche senza assolvere, date anche le finalità maggiormente comiche e meno introspettive: Rick non compie un percorso di assoluzione che lo porterà a vivere meglio il suo ruolo all’interno della famiglia prima e del multiverso poi, è uno scienziato anarchico che pensa di dover rendere conto delle proprie azioni solo e soltanto a sé. Non c’è nessuna entità sopraelevata che gli presenti il conto, nessuna ruota karmica da girare, perché, per la sua intelligenza e per il ruolo che si ostina a recitare, nessuno è al suo livello, nemmeno le sue altre versioni del multiverso.
Quella di Rick è una solitudine che continua ad ardere sotto la cenere, senza estinguersi mai del tutto.
Questo articolo fa parte della Cover Story “Febbraio bizarro”, che potete trovare riassunta a questo indirizzo.