Outcazzari

Shin Megami Tensei V: osare, ma non troppo

Shin Megami Tensei V: osare, ma non troppo

Ho da qualche giorno terminato Shin Megami Tensei V su Switch, vedendo tutti i finali del gioco ma non completando tutte le missioni secondarie. Impiegandoci circa sessanta ore di tempo che, a ben vedere, sembrano tante ma neanche troppe per un gioco di questa serie. 

Ho sentito il bisogno di prendermi qualche giorno prima di buttare giù queste parole. Un po’ per i postumi della terza dose, mortacci sua, ma anche perché avevo davvero necessità di mettere in fila molti pensieri. Perché se da un lato arrivare - quattro volte! - ai titoli di coda ha confermato molte delle opinioni che avevo costruito sulla mia esperienza preliminare con il titolo, dall’altro nel corso delle decine di ore che sono trascorse dal mio articolo precedente sono giunte delle diverse sensazioni che avevo bisogno di “digerire” per bene. Tipo cenone della Vigilia di Natale.

Il Nahnobino. Tanto potente quanto spesso spettatore poco attivo degli eventi.

Shin Megami Tensei V è certamente uno dei giochi che più mi è piaciuto nel 2021 da poco trascorso. Forse non il mio preferito in assoluto, ma certamente sta lì sul podio. Come già accennato, il combat system è tanto semplice quanto appagante e coinvolgente, mescolando con sapienza tattica, immediatezza e quel pizzico di casualità che va governata e, per certi versi, assorbita. Nonostante la nuova struttura open world di Shin Megami Tensei V infatti doni molto più spazio all’esplorazione - piuttosto godereccia, devo dire - è certamente un JRPG dove si combatte molto. Moltissimo. Ma lo si fa sempre bene e piacevolmente.

Vedetelo un po’ come un “Pokemon” per persone che, sfortunati loro, si vergognano a usare pupazzi puccettosi e preferiscono demoni sangue&merda o angeli antropomorfi. Sia l’eroe del gioco che questi hanno resistenze e debolezze elementali, da sfruttare non solo per guadagnare danni e attacchi “superefficaci”, ma soprattutto turni aggiuntivi da sfruttare per sfondare di botte il nemico. Insomma, tipico della serie. Ma funziona sempre bene. La struttura più aperta, se da un lato forse sacrifica un po’ quel fascino “old school” che alcuni episodi come il quarto avevano, regala molta più libertà, con un flow di gioco incredibilmente godibile. Non è Breath of the Wild, ma zompettare in giro con il Nahnobino e scoprire nuovi territori, boss opzionali e oggetti sorprendenti è decisamente stimolante: una boccata d’aria fresca sia per la serie che per il giocatore che può “defaticarsi” tra un combattimento e l’altro. 

E che dire poi dell’incredibile colonna sonora che accompagna tutto? Brani orecchiabilissimi si alternano a momenti di totale “gasamento”, mentre di tanto in tanto fanno capolino cori epici e sessioni di pura cacofonia che, però, si abbinano benissimo al mood di apocalisse imminente che accompagna il mondo senza speranza di Shin Megami Tensei V.

Devo imparare a prendere screenshot mentre gioco docked.

Così come è giusto togliere ogni “speranza” a chi magari non è tra i fan del genere JRPG: in questo Shin Megami Tensei V il grinding, a volte, è decisamente necessario. Specialmente in un paio di sezioni di gioco dove, persino facendo un po’ di subquest, è importante passare un paio di orette a combattere, salire di livello, fondere demoni per averne di migliori. I boss sono decisamente coriacei, hanno hit point da vendere e anche un paio di livelli possono fare davvero comodo, facendo la differenza tra un wipe out del proprio team e ancora un altro turno dove portare a zero i punti vita del bestione avversario. Ma non solo. A volte livellare un po’ o esplorare più a fondo la mappa è necessario affinché dei demoni rilascino le loro essenze, particolari oggetti attraverso i quali assorbirne le loro abilità o resistenze elementali. E indovinate? In un gioco dove sia giocatore che CPU non fanno altro che sfruttare le debolezze e resistenze elementali, sono probabilmente gli oggetti più preziosi che si possano trovare e sfruttare con sapienza. Chiedetelo al mio Nanhobino che, sul finire del gioco, poteva essere bersagliato solo dal danno divino (che, per definizione del gioco, supera ogni resistenza). 

Il punto è che però Shin Megami Tensei V è anche una gran - bella - occasione sprecata. Perché se per molti versi è un modo per essere sia fedele che innovativo nei confronti della sua serie di appartenenza, dall’altro, è palese come Atlus poteva magari osare un pizzico in più.

Anche i comprimari maggiormente rilevanti ai fini della storia sembrano sempre sviluppati al di sotto del loro pieno potenziale.

Mi riferisco, in particolare, alla componente narrativa che spesso passa in un piano fin troppo secondario, quasi sparendo del tutto tra i numerosi combattimenti e il loop di demoni da corrompere e fondere. Un’ambientazione così affascinante e trasudante di disperazione, grazie anche al buon world building e alla sempre piacevole vena deicida della serie, trova in fine dei conti troppo poco spazio nel gioco. Avrei decisamente voluto conoscere di più del combattimento tra Angeli e Demoni, di Bethel e anche di diversi boss che ho incontrato in giro. Il muto protagonista del gioco non è solo spettatore ma, per grandissima parte del gioco, persona quasi incredibilmente passiva e soltanto “trasportato” dallo scorrere degli eventi.

So bene che è un difetto comune a molti JRPG, specialmente quelli vecchia scuola, ma in un titolo che prova a spostare più in avanti l’asticella della formula di Shin Megami Tensei mi aspettavo forse qualcosa di più. Il quarto episodio, per esempio, provava a darlo dando molto più peso ai comprimari e compagni di sortita, dove invece qui il Nahnobino è per decine e decine di ore da solo. C’è da dire che nelle ultime due sezioni di gioco la storia torna molto più presente e così come i “coprotagonisti” del racconto - specialmente uno - ma ecco, ormai il sapore un po’ amaro resta in bocca.

Oh, Tokyo; perché sei tu, Tokyo?

Non ci si sente mai davvero padroni e protagonisti attivi dello scorrere degli eventi e persino tre dei quattro finali sono più un allinearsi alle vedute e alle convinzioni di altri personaggi - che si sviluppano, come detto, solo nelle parti finali - che una decisione cosciente e autonoma.

Così come forse era lecito aspettarsi un maggior e miglior sfruttamento della Tokyo “reale”, quella di inizio gioco che, nonostante dei primi capitoli dove ci si trova anche a scorazzare tra case e palazzi, presto resta relegata in un angolo e richiamata di tanto in tanto nel corso del gioco. Chiarisco: non mi aspettavo certamente un equilibrio alla “Persona” con tanto di vita mondana che ha lo stesso peso di dungeon e combattimenti a turni ma, nondimeno, il gioco sembra un po’ perdere il flavour iniziale e sa quasi di promessa non mantenuta al 100%.

Ma non voglio neanche sembrare troppo “cattivo” nei confronti di quello che è, comunque, un gioco che è valso la pena aspettare e giocare fino in fondo. La parte più "tradizionale" di combattimenti e il sistema di crescita e personalizzazione tanto del Nahonbino quanto del party di demoni regalano soddisfazioni enormi, specialmente dopo combattimenti con boss principali e opzionali. C’è stile da vendere e da insegnare a una marea di altri giochi - non solo JRPG - lì fuori e, come accennato, la colonna sonora ha dei momenti davvero impressionanti e persino coraggiosi per un gioco che, a conti fatti, è un tripla A del genere.

Mi sono goduto ognuna delle quasi sessanta ore di Shin Megami Tensei V, insomma. Forse però una parte di me sperava di godersele ancora di più.

Sonority, una promettente avventura musicale

Sonority, una promettente avventura musicale

Il tempo sprecato

Il tempo sprecato