Outcazzari

Un eclettico Sam tuttofare, o uno Splinter Cell né carne né Fisher?

Sam Fisher ha pescato proprio una bella gatta da pelare, questa volta. Anzi, una pantera. In Tom Clancy's Splinter Cell: Blacklist, il nostro caro vecchio Sam può essere fero o può essere piuma, assaltatore o fantasma, convinto sostenitore dell'azione sparatutto a mo' di Conviction o fine teorico dello stealth puro in stile Chaos Theory. Nel giusto(?) mezzo, un opportun(istic)o approccio felino da pantera, che definiremo à la Blacklist. Il pericolo è il suo mestiere, ma il mestiere di uno sviluppatore che lascia totale libertà d'interpretazione al giocatore può essere troppo pericoloso anche per lui. Riuscirà Blacklist a fondere il meglio di Conviction e Chaos Theory? O ci troveremo di fronte a un tanto ambizioso quanto confuso Splinter Cell né carne né Fisher? http://youtu.be/iBIcB4Pvs10

Iniziamo da Fisher, appunto. Difficile essere “fero” se il tuo lato Ironside ti lascia orfano, come puntualmente sottoineato dalle platee anglosassoni. Fortunatamente, per noi italiani c'è speranza, e Luca Ward. Oltre a non essere esattamente nelle corde di tutti per questioni di corde vocali, il “nuovo” Fisher, a distanza da qualche anno dagli eventi vissuti in Conviction, non convince granché anche nella libera interpretazione del suo ruolo in Blacklist. Nonostante narrativamente e strutturalmente il gioco provi anche a delinearne meglio la personalità, facendolo interagire coi i vari membri del suo rinnovato team Echelon, il nuovo Sam rispecchia necessariamente le aperture interpretative concesse al giocatore, trattenendo nella penna degli sviluppatori una caratterizzazione più delineata e precisa. Un difetto di carisma connaturato all'impostazione aperta del gioco, auspicabilmente compensato dai vantaggi in termini di versatilità tattico-strategica e di coinvolgimento interpretativo offerti al giocatore. Ma sarà proprio così?

Lista nera e carta bianca: Blacklist fornisce progressivamente a Sam sia la lista degli obiettivi sensibili della nuova minaccia terroristica su scala globale, sia tutte le informazioni necessarie per affrontarla e debellarla nel modo che ritiene di volta in volta più opportuno. Assault, ghost, panther: queste le tre intrerpretazioni tattiche possibili, combinabili nel corso delle missioni nelle proporzioni più diverse, semplicemente scegliendo se affrontare le varie situazioni di gioco con un atteggiamento letale o non letale, aggressivo o difensivo, sparatutto o stealth, Conviction o Chaos Theory, con cangianti sfumature panterine nel mezzo. Se è vero che ex-ante il giocatore non si deve troppo preoccupare di quale approccio tattico tenere – basta giocare secondo il suo stile personale – è anche vero che in fase di debriefing ex-post tutto il sistema di classificazione, gratificazione e compensazione delle sue imprese si basa su quanto sia stato assaltatore, pantera o fantasma durante le missioni, ricompensandolo di conseguenza con soldini e/o gadget opportuni. In soldoni: il futuro, progressivo potenziamento del personaggio in chiave stealth o sparatutto dipende anche e soprattutto dal suo atteggiamento sul campo; quindi essere assaltatore, pantera o fantasma non è questione di mera nomenclatura, ma ha ripercussioni reali sullo svolgimento del gioco.

Tale libertà di autodeterminazione ha però un prezzo da pagare, almeno se vuole funzionare: che il contesto morfologico, tattico, bellico e narrativo entro cui viene esercitata la supporti a dovere. Parliamo di level design, intelligenza artificiale, sistema di gioco e organizzazione della campagna singola e co-op. I teatri di guerriglia e infiltrazione sparsi intorno al globo che Sam avrà la (s)fortuna di visitare si caratterizzano mediamente per una buona versatilità morfologica e tattica, sviluppandosi spesso tanto sul piano orizzontale quanto su quello verticale. La direzione da prendere è sempre chiara - niente sandbox, qui - ma mai univoca, e per raggiungere l'obiettivo di missione ci sono quasi sempre tante vie e maniere diverse, da quelle più sparacchine e spettacolari all'aria aperta e alla luce del sole alle infiltrazioni più furbe e silenziose in condotti e cunicoli alla luce degli infrarossi. La libertà di scelta, in questo caso, è quindi sulla carta cartograficamente garantita.

Eh, facile dire libertà... Ma cosa ne pensa l'intelligenza artificiale nemica? Detto che, generalmente, Blacklist si assesta su discreti livelli, con avversari sufficientemente reattivi - e al massimo più miopi e nictalopi che stupidi e sprovveduti - non è la sola qualità a fare la differenza. La quantità di nemici, compresi quelli pesantemente corazzati, che affolla alcune location è infatti tale da sconsigliare caldamente - a suon di piombo bollente - un approccio d'assalto, pur rimanendo questo teoricamente possibile. D'altro canto, in altre situazioni sembra impossibile proseguire l'infiltrazione silenziosa senza eliminare fisicamente guardie e sentinelle o far scattare improvvidamente l'allarme, anche se gli sviluppatori giurano che tutte le missioni sono completabili in pieno spirito fantasma. Insomma, alla fine non sarete costretti a far nulla in un determinato modo, ma com'è come non è, in un buon 70% dei casi lo farete, giustamente, seguendo i vostri istinti di sopravvivenza da pantera, mischiando metodi letali e non letali a seconda delle situazioni di gioco.

Anche perché chi volesse intraprendere pervicacemente la strada stealth nuda e cruda, buia e silenziosa, ancora memore dei brividi blu provati in Chaos Theory, deve rendersi conto che, da allora ad oggi, anche i ritmi dello stealth sono cambiati. Ormai poca gente è disposta ad aspettare cinque minuti buoni, immota al buio, che la routine di guardia della sentinella si completi prima di sgattaiolare ratta nelle ombre alle sue spalle. E anche fosse disposta a farlo, la tensione così pazientemente costruita andrebbe letteralmente in fumo al primo QTE sbattutole violentemente in faccia, alla prima fuga a tempo lanciatale improvvisamente tra le gambe, alla prima (e ultima, per fortuna) sequenza FPS tiratale obbligatoriamente tra le mani. E allora tu puoi darmi anche decine o centinaia di pezzi per assemblare il mio arsenale stealth o aggressivo perfetto (check!), puoi farmi personalizzare Sam in tutto e per tutto compreso il “suo” massiccio aereo Paladin ad effetto Mass Effect (check!), puoi integrarmi al meglio le missioni singole e cooperative in giro per il mondo, lasciando a me la decisione su quali affrontare e quando farlo (check!)... ma se poi scegli per me il ritmo di gioco attraverso frequenti, intempestivi e tempestosi script imposti dall'alto, beh, quella sensazione di libertà totale così faticosamente costruita me la rendi davvero una scheggia impazzita. Splinter Cell, malgrado il nome, non è certo nato come un gioco (dal ritmo) d'azione, e tutta 'sta smania di renderlo digeribile ai fanatici della rumorosa infiltrazione non è necessariamente condivisibile con totale convinzione. Conviction l'ha fatto con le cattive maniere, Blacklist ci prova con le buone, ma la sensazione di scontentare qualcuno per accontentare tutti la lascia, eccome.

Nonostante, oggettivamente e “mediamente”, resti un gran bel giocone. Se già in singolo la suddetta, sbandierata e incanalata libertà d'azione si avvale di tutti i mezzi d'azione di Conviction (dall'eclettico arsenale con cover system al fin troppo comodo mark & execute) mixati con quelli d'infiltrazione di Chaos Theory (un fracco di gadget stealth, arricchiti da chicche come il futuristico drone volante di Future Soldier), in co-op il grado di libertà aggiunto dalla collaborazione a due completa l'illusione. Questo perché assaltatori, fantasmi e pantere possono qui convivere nello stesso habitat naturale, e non devono per forza andare in giro in coppie della stessa specie. Anzi, un rumoroso assaltatore che funge da esca può vivere in perfetta simbiosi con una pantera in perenne agguato, o con un fantasma silenziosamente infiltrato. Almeno finché non arriva l'orda delle missioni co-op in stile Orda a travolgere tutto, illusione di libera collaborazione compresa.

Nella sua lodevole ma improbabile ambizione di rappresentare “di tutto e di più”, nella lista di modalità di Blacklist non mancano naturalmente neanche quelle competitive, declinate in diverse versioni del multiplayer asimmetrico tanto apprezzato ai tempi di Chaos Theory. Il risultato è che una delle modalità multigiocatore più geniali della storia ripropone lo storico scontro tra Spie e Mercenari sia in versione originale, due contro due senza equipaggiamenti o potenziamenti personalizzabili, sia quattro contro quattro con loadout customizzabili. L'obiettivo è sempre quello, ovvero la violazione di tre server ospitati nelle mappe di gioco, da attaccare o difendere a seconda che si sia spie o mercenari. E anche la tensione è sempre, magnificamente, la stessa, mentre il conto alla rovescia avanza inesorabile. Una tensione asimmetrica come i ruoli di spia e mercenario. La prima, tanto fragile quanto agile, fida portabandiera della furbizia stealth in terza persona celata nell'ombra. Il secondo, tanto armato quanto rallentato, possente porta-shotgun della violenza sparacchina in prima persona alla luce della torcia elettrica. Una tensione asimmetrica che, simmetricamente, si va tanto più perdendo quanto più vanno vincendo le spie con troppa facilità. Cosa che, soprattutto all'inizio, succede spesso e volentieri nelle arene allargate per ospitare un numero di giocatori maggiorato, con poveri mercenari in balia di spazi esageratamente grandi da controllare.

Anche in questo caso, complimenti all'impegno e alla volontà di rinnovare, ma non basta aggiungere e allargare per migliorare. Texture extra ad alta definizione da caricare sul substrato standard fornito dall'Unreal Engine 3. Controlli action in stile Assassin's Creed da integrare con cover system e stealth classico. Gioco in singolo, cooperativo e competitivo completi e complementari. Splinter Cell: Blacklist mette così tanta carne al fuoco da non poter certo essere definito né carne né pesce. Che la preferiate tatticamente ben cotta o spettacolarmente al sangue, è certamente più carne che Fisher. I vecchi gourmet si mettano la pancia in pace. I nuovi ne facciano capanna. E campagna.

Ho ricevuto una copia promozionale del gioco da Ubisoft e ho giocato la campagna in singolo di Blacklist su Xbox 360 a difficoltà normale, completandola in una decina di ore abbondanti, insinuandomi nei suoi meandri spedito come una pantera e inframmezzandola con qualche partita cooperativa/competitiva per rimpinguare l'arsenale personale in corso d'opera. Per i fantasmi puristi, consiglio il livello di difficoltà massimo, che limita le influenze action da Conviction. Per i guerrafondai, consiglio Gears of War.

Voto: 8
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