I giochi del passato sono tutti capolavori, giusto? Sbagliato, e in questa rubrica andiamo proprio a ripescare i bidoni d'annata, le peggiori vaccate, le operazioni commerciali che speravamo di aver rimosso dalla memoria. Invece eccole qua, analizzate una ad una con rinnovato sadismo e una punta di ironia. Episodio 6 – una bancarella semivuota
Ormai siamo abituati a parlar male dei seguiti riciclati ogni anno e delle serie che si ripetono regolarmente con pochissima o nessuna innovazione. Pur considerato che sono lamentele legittime, vedasi i giochi sportivi riproposti ogni anno a prezzo pieno, è indubbio che avere sempre molta scelta sia meglio che non averne alcuna.
Negli anni Ottanta e Novanta, infatti, non c'erano “uscite regolari” o “generi” che dir si voglia: al mese si vedevano si e no due o tre nuovi titoli e toccava arrangiarsi con quello che passava il convento. Non si poteva, come oggi, seguire unicamente una categoria quale ad esempio shooter o platform, ma acquistare l'unica cosa presente sul mercato sperando di non prendere l'ennesima cantonata. Oltretutto, aprendo una parentesi, l'incompetenza media della stampa di settore era molto più ampia di adesso, per semplice inesperienza. Sullo stesso Zzap! era più frequente leggere gli episodi scolastici di questo o quell'altro redattore, piuttosto che una vera e propria analisi del gioco. Se non ci si affidava alla pirateria già dilagante allora, il povero utente doveva solo pregare che quella pagella a fondo pagina fosse veritiera.
Ma anche fosse stato così, non è detto che il “capolavoro mensile” incontrasse i nostri gusti. Tanto per fare un esempio, il sottoscritto era corso ad acquistare Myth per Commodore 64 fidandosi delle recensioni, solo per spendere interi pomeriggi a sbattere la testa contro il muro (per superare il primo livello). E non dimenchiamoci che Internet non c'era, le demo praticamente non esistevano e l'argomento videogiochi restava un tabù in qualsiasi discussione pubblica.
Anche in campo sportivo, per un ottimo Microprose Soccer uscivano tonnellate di cloni davvero ignobili, sull'onda di un mondiale o altra manifestazione sportiva. In quesi casi, partiva l'opera di autoconvincimento: per la voglia di ricreare l'evento sulla nostra console o computer, si simulava la felicità giocando a titoli che in altre occasioni sarebbero finiti dritti nell'immondizia. Tutto questo prima dell'avvento del FIFA originale, naturalmente, anch'esso una vera rivoluzione al suo esordio su Mega Drive.
In senso positivo, l'assenza di una vera e propria industria e delle pressioni asfissianti dei publisher, oltre a costi di sviluppo largamente inferiori, spingeva molte più case a prendersi dei rischi e quindi erano anche più frequenti le sorprese. Turrican, ad esempio, fu letteralmente un fulmine a ciel sereno, sia con il primo che con il secondo episodio. Ovviamente ispirato a Metroid, riusciva a coniugare il meglio dei generi sparatutto e platform a una realizzazione, per l'epoca su C64, eccellente. E arrivò senza alcuno spot o pubblicità degna di nota, spinto solo dagli ottimi giudizi della stampa. In questo caso, non solo fui esaltato dall'acquisto, ma tenni le confezioni dei due episodi esposte per anni sulla mensola, nemmeno fossero reliquie degne di Indiana Jones.
Allargando il quadro generale, e per quanto sia odioso rivedere ogni anno lo stesso titolo con un numero o suffisso differente, oggi possiamo sempre evitarlo perché siamo sicuri che c'è comunque qualcos'altro in uscita – online o nei negozi, oppure anche usato. Una volta non era così, e per un capolavoro come Turrican c'erano decine di vaccate in arrivo direttamente dalle sale giochi che non valevano il cartone della scatola.
Averla, a quei tempi, la scelta che c'è oggi!