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X-Men: Dark Phoenix ha le ali di balsa

X-Men: Dark Phoenix ha le ali di balsa

Quando uscì, più o meno otto anni fa, X-Men – L'inizio portò una ventata d’aria fresca tra i film di supereroi. O, perlomeno, tra i film di supereroi con gli X-Men. O, perlomeno, una ventata d’aria fresca per me.

Sarà che la serie regolare, dopo Conflitto finale, aveva iniziato a puzzarmi; sarà che vado pazzo per i film con le sequenze di training e reclutamento (soprattutto se è Matthew Vaughn a gestirle). Eppoi il cast, che tra McAvoy e Fassbender non solo teneva botta con quello messo assieme da Singer, ma infilava un tono sarcastico e al limite del camp che metteva a proprio agio lo spettatore in presenza di tizi con con le ali da insetto o i piedi pelosi.

Con X-Men: Giorni di un futuro passato e il successivo X-Men - Apocalisse, la saga è tornata nelle mani di Singer, e con lui quel clima vagamente cazzone è venuto un po’ a mancare. Ma OK, i personaggi nel frattempo erano cresciuti, gli anni Sessanta di Adam West belli che finiti, le situazioni diventate più pese eccetera eccetera.

Purtroppo, con X-Men - Dark Phoenix, diretto da Simon Kinberg e in uscita oggi al cinema, la rediviva serie dei mutanti torna a immusonirsi e finisce per toccare il suo punto più basso dal 2006 (ho escluso dalla conta il film dedicato a Wolverine). Tra l’altro, anche stavolta, proprio come in Conflitto finale, abbiamo davanti una rielaborazione de La Saga di Fenice Nera, ed è un peccato che il materiale fornito da Chris Claremont vada nuovamente sprecato.

Spoiler!

Poi, oh, per quanto tirata secca dalle circostanze, alla fonte va comunque riconosciuto l’assist ai momenti migliori del film. L’idea di una giovane Jean Grey che, dopo il contatto con l’entità cosmica Fenice, modifica la propria personalità resta interessante. Soprattutto nella misura in cui va a scombinare gli equilibri tra chi le sta attorno, a cominciare da quello di per sé precario tra Raven/Mystica e Charles Xavier.

Stavolta siamo nel 1992 di Accorsi, a dieci anni di distanza dalla battaglia contro En Sabah Nur. I giovani dotati stanno attraversando un periodo relativamente positivo: collaborano con il governo, la gente li acclama come eroi sventolando bandierine e pupazzetti e, in generale, il tempo delle discriminazioni parrebbe finito. A beneficiare di questo nuovo status è soprattutto Xavier che, in un eccesso di sicumera, spinge un po’ troppo la squadra nel corso di una missione, finendo per far precipitare gli eventi.

Va detto che la prima mezz’ora di film non è così male, sia per come porta in scena tutta la sequenza nello spazio, ma soprattutto per l’equilibrio con cui gestisce il confronto e le gerarchie tra due generazioni di X-Men (tre, se ci vogliamo infilare pure i mocciosi).

«La Rochelle ti copre due serie da ventiquattro puntate l'una, con queste faccette.»

Lasciatosi alle spalle prologo e innesco, però, Dark Phoenix inizia a perdere definizione e soprattutto ritmo, trascinandosi verso una parte centrale estremamente fiacca appena sollevata, per quanto possibile, dall’entrata in scena di un Magneto in modalità Emmaus. Come se non bastassero i problemi di battito, la sceneggiatura di Kinberg insegue spasmodicamente il dramma ma mostra il fianco a semplificazioni davvero eccessive. Ricicla situazioni trite e ritrite che, alla lunga, spompano le molle del film e stracciano le balle dello spettatore.

Tra parentesi, la mancanza di sarcasmo di questa svolta dark finisce per pregiudicare quell’alchimia guadagnata dal cast durante i film precedenti. Con tutto che Sophie Turner non è sempre a suo agio nei panni di Fenice, a subire questo trattamento sono soprattutto i personaggi più brillanti. A parte il solito Magneto, che dove lo metti sta, tanto per rimanere in famiglia, penso a quanto sia stato sprecato il Quicksilver di Evan Peters, confinato a fare la spalla/macchietta e privato persino di quei due o tre momenti che ne facevano un figo nei film precedenti.

«Vabbè, finché me pagano.»

E per cosa? Per dare spazio a gente come lo Scott Summers di Tye Sheridan (ma lì il problema è proprio il personaggio) o a un manipolo di villain, guidati da Jessica Chastain, davvero poco convincenti, al di là di un paio di botti.

Il ritmo si riprende un po’ verso la fine, grazie a un paio di sequenze action azzeccate (per quanto straviste pure quelle), ma non è abbastanza per portare a casa la giornata. Nella sua fotta di inseguire il pathos, Dark Phoenix è un film che abbassa troppo il volume senza offrire un bilanciamento a livello di complessità o messa in scena; e finisce col risultare davvero noioso.

Copiaincolla: “Ho visto X-Men: Dark Phoenix in anteprima qualche giorno fa grazie una proiezione stampa alla quale siamo stati gentilmente invitati.”

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