Una doverosa premessa: per leggere questa recensione ci metterete venti minuti, io ci ho messo 5 ore a scriverla, ho giocato 20 ore a Rainbow Moon e probabilmente me ne sarebbero servite almeno 80 per recensirlo in una maniera ritenuta consona dalla K dei bei tempi. Ora potete continuare a leggere, anche se non avete idea di cosa sia (stata) K. Eastasiasoft, già artefice della piacevole serie sparacchina Soldner-X, decide di gettarsi nell'arena dei giochi di ruolo strategici e lo fa strizzando l'occhio ai maestri del genere, Disgaea e Final Fantasy Tactics in primis, giocandosi l'asso nella manica del prezzo budget. La premessa del gioco non è fra le più originali. Durante un concitato scontro col suo arcinemico, il prode Baldren si ritrova scagliato da quest'ultimo attraverso un portale magico nel mondo di Rainbow Moon. Giunto in questa terra sconosciuta e inospitale, Baldren dovrà cercare di tornare a casa per vendicarsi dell'onta subita. THE END, potete far partire i Credits con le scenette divertenti tagliate nel montaggio e mezzo cinema che ride mentre i soliti insensibili si alzano senza aver letto il nome del terzo aiutante al trucco-parrucco. Scherzi a parte, TUTTO quello che in Rainbow Moon gravita attorno a storia e personaggi è solo un pretesto per esplorare zone e dungeon sempre più pericolosi, affrontare mostri sempre più forti e boss sempre più coriacei. Persino il presunto eroe del gioco non ha alcun tipo di personalità ed è muto come un pesce. L'assenza della trama va a braccetto con un character design assolutamente anonimo che a volte rasenta la piena amatorialità (ad esempio nei ritratti dei personaggi presenti nei menu). A risollevare le sorti del comparto estetico viene fortunatamente in aiuto una realizzazione tecnica ineccepibile e sfondi definiti e colorati, anche se mai pienamente convincenti a livello di direzione artistica. Il quadro audiovisivo è completato da una colonna sonora abbastanza piacevole, a parte alcuni brani un po' troppo invadenti, da effetti sonori nella media e da brevi frasi parlate piuttosto insipide. L'epicità di un Final Fantasy Tactics o di un Jeanne d'Arc, per capirci, è lontana anni luce, ma se Disgaea compensava a questa mancanza con battute e umorismo (spesso anche spicciolo), Rainbow Moon, a livello emotivo, è quasi da encefalogramma piatto. Se siete fra coloro che hanno bisogno di personaggi profondi e trame intricate per amare un videogioco, insomma, lasciate pure Rainbow Moon sullo scaffale virtuale del PSN. Fortunatamente gli aspetti negativi elencati finora vengono compensati da una struttura di gioco solida come la roccia e piuttosto coinvolgente, seppur non originalissima e intrinsecamente ripetitiva.
Nel mondo di gioco, visualizzato con prospettiva isometrica, sono ben visibili i gruppi di nemici (con relativa indicazione di forza approssimativa rispetto al party) che Baldren e i suoi si troveranno a dover affrontare, scelta apprezzabile, che ricorda abbastanza da vicino la serie King's Bounty per PC. Di tanto in tanto, durante l'esplorazione, si verrà invitati a partecipare a un combattimento casuale, che sarà tuttavia possibile ignorare completamente: una scelta sicuramente apprezzabile, che permette di non essere disturbati troppo mentre, ad esempio, si sta cercando di venire a capo di un dungeon particolarmente labirintico.
Una volta toccato il gruppo di mostri da attaccare, si verrà catapultati in arene suddivise in caselle quadrate dove l'agone verrà risolto mediante una struttura rigorosamente a turni, cardine principale dell'ormai popolare genere tattico fantasy. Oltre a tentare di non morire per mano dei nemici, bisognerà tenere sotto controllo anche la barra della "fame" di ogni personaggio, caratteristica mutuata direttamente dal genere dei roguelike stile Nethack/Dredmor/Crawl/Shiren the Wanderer. Laddove in un roguelike, però, l'avvicinarsi della fame crea reale tensione, costringendo il giocatore a sfruttare al meglio ogni singolo turno, in Rainbow Moon, a causa dell'assenza di morte permanente e dell'intrinseca lunghezza del gioco, rischia di essere percepito più come un'inutile fastidio che come un aspetto del gameplay realmente interessante. Convincente, invece, il sistema di avanzamento dei personaggi: oltre agli immancabili punti esperienza, suddivisi a fine scontro fra tutti i personaggi restati in vita, per ogni nemico materialmente sconfitto, ogni componente del party riceverà un certo numero di perle che gli serviranno per potenziare le proprie abilità. Il numero di perle necessarie per far aumentare una caratteristica varia da personaggio a personaggio, in base alle proprie predisposizioni, cosa che ostacola in maniera efficace lo sviluppo di membri del party tutti uguali.
La caratteristica principale del design di Rainbow Moon è la gradualità. Qualsiasi nuovo elemento di gameplay, infatti, viene dispensato a ritmi brachicardici. Se da un lato è apprezzabile la volontà di introdurre concetti in modo progressivo, dall'altro è piuttosto sconfortante dover affrontare svariate ore di battaglie, inizialmente ben poco stimolanti a livello strategico, per poter sbloccare una manciata scarsa di abilità e i primi due personaggi aggiuntivi necessari per raggiungere un party completo di 3 elementi. Nei primi momenti di gioco, infatti, non è ben chiaro se "il gioco è veramente tutto qui" o se "magari è un po' lento a ingranare". Fortunatamente Rainbow Moon ricade nel secondo caso, ma resta il fatto che soltanto i giocatori più pazienti riusciranno a vedere (e ad apprezzare) tutte le sfaccettature del sistema di combattimento e avanzamento dei personaggi. Probabilmente i giocatori meno avvezzi al genere apprezzeranno la morbida curva d'apprendimento, ma chi è abituato a Disgaea e alla pantagruelica offerta iniziale di opzioni a disposizione del giocatore storcerà il naso per almeno una buona decina di ore. Per intenderci, all'inizio del gioco, e per un buon paio d'ore, al proprio turno Baldren potrà muoversi di una sola casella, senza poter nemmeno attaccare nello stesso turno. Solo raggiunto un determinato livello i personaggi otterranno nuovi "sottoturni" che consentiranno di muoversi su più caselle e sferrare più attacchi, è proprio quando aumentano le possibilità a disposizione dei personaggi che il sistema di Rainbow Moon inizia a brillare: fra abilità attivabili mediante l'impiego di Mana, abilità passive, bonus dati dalle affinità di attacco e possibilità di potenziare armi e armature sfruttando i materiali lasciati dai nemici, di arrosto da mangiare ce n'è in abbondanza ed è un po' un peccato che per assaporarlo sia necessario sorbirsi così tante ore di fumo.
http://www.youtube.com/watch?v=0LdTf00tv-M
Gli scontri con i boss sono di norma estremamente impegnativi (soprattutto a livello Hard), ma sono penalizzati da una scelta di design che non mi sento di condividere. Esattamente come qualsiasi altro combattimento, infatti, la disposizione dei nemici sarà completamente casuale anche durante queste battaglie. Considerata l'enfasi posta da tutorial e menu sui diversi schieramenti tattici che è possibile far assumere al proprio party, avere la possibilità di rendere lo scontro con un boss più "facile" semplicemente ricaricando il save finché non ci si trova contro una conformazione di nemici facilmente affrontabile risulta alquanto bizzarro. Una formazione di nemici "prestabilita" avrebbe, a mio modo di vedere, reso leggermente più memorabili le battaglie fondamentali della trama, che in questo modo, invece, rischiano di essere percepite dal giocatore quasi esclusivamente come "scontri random un po' più difficili del solito". A questo si aggiunge anche la possibilità fortuita di riuscire a bloccare i nemici grazie ai sacchi di bottino lasciati da alcuni nemici in caso di morte: in questo caso tali caselle risulteranno non attraversabili dai nemici e la cosa spesso riuscirà a trasformare uno scontro impegnativo in una vera e propria passeggiata.
Fortunatamente, alla fine della fiera, la solidità del sistema di combattimento di Rainbow Moon e l'efficace, seppur non fulmineo, senso di progressione e di potenziamento delle proprie abilità, rendono quest'ultima fatica di Sidequest Studios un prodotto riuscito, a patto di rientrare nel target del gioco e di avere tantissime ore a disposizione. A chi trema al solo pensiero di affrontare migliaia di scontri per risucire a completare il gioco, consigliamo di giocare a livello Normal, in cui il livellamento selvaggio non è strettamente necessario, mentre chi vuole sviscerare in ogni parte il sistema di gioco di Rainbow Moon apprezzerà sicuramente di più la sfida offerta dal livello Hard. Il bilanciato approccio funzionalistico di Rainbow Moon al genere, insomma, convince, ma la scarsa enfasi posta su trama, personaggi ed epicità, rende l'esperienza di gioco un po' troppo fredda per affascinare chi non mangia pane e caselle isometriche a colazione. Il voto che segue, insomma, è un voto quantitativo, più che qualitativo, che premia la sterminata quantità di contenuti e una politica di prezzo coraggiosa e rispettosa degli utenti. Se amate il genere, insomma, e pensate di poter sopportare trama e personaggi dallo spessore paragonabile a un Parappa the Rapper a dieta severissima, non vi pentirete dei 12,99 Euro spesi per acquistare Rainbow Moon.
Ho ricevuto un codice review dagli sviluppatori e provato Rainbow Moon per circa 20 ore al livello Hard/Adventuresome non attenendomi unicamente alla trama principale ma anche portando a termine alcune missioni secondarie.